SI VUOLE FARE UNA RIFORMA
COME SI FANNO LE NOZZE COI FICHI SECCHI
da Scuola oggi del 9/10/2004
Era stato lo stesso governo a dire che i primi
due anni di riforma sarebbero costati più di 4000 milioni di euro. In
realtà in questi due anni ne sono stati stanziati 200: 90 nella scorsa
Finanziaria, 110 in quella del 2005. Allora viene spontanea una
domanda: ma davvero si vuole cambiare la scuola, per renderla di
migliore qualità? Un cambiamento che avrebbe un costo che non si vede
coperto se non per la minima parte. Ma forse siamo di fronte a un
colossale imbroglio. Perchè con la scusa di dare ai cittadini una
scuola diversa e più aggiornata, in realtà si persegue ben altro
obiettivo: tagliare, mandare a casa migliaia e migliaia di docenti,
per alleggerire il pesante fardello della spesa pubblica. E questa
potrebbe essere solo una parte della triste realtà che sta di fronte
al futuro della scuola italiana. Lo documenta bene il documento che l'Anci,
l'associazione dei comuni italiani, ha consegnanto al MIUR al termine
dell'ultima riunione della Conferenza unificata Stato Enti locali. Un
pesante macigno sulla strada della trattativa. Riproponiamo lo stesso
documento perchè da qui si può dedurre come in realtà stanno le cose.
Prioritaria la definizione del piano
finanziario.
La priorità di una intesa sul piano
programmatico finanziario, art.1, c.3, della legge 53/03, è insita nel
fatto che mentre la legge assegna ventiquattro mesi più eventuali
diciotto, per l’adozione dei decreti delegati, stabilisce invece la
predisposizione del piano entro novanta giorni dall’entrata in vigore
della legge stessa.
Evidentemente non è solo dell’Anci la sostanziale preoccupazione che i
decreti attuativi siano preceduti da una valutazione globale delle
risorse, necessaria per la realizzazione delle stesse finalità
generali enunciate in sede di delega al Governo.
Infatti senza una complessiva valutazione, senza la specificazione dei
finanziamenti che saranno assegnati per le diverse voci individuate
dalla norma e senza un’indicazione della distribuzione delle risorse
nelle diverse annualità e delle relative fonti di finanziamento, gli
obiettivi enunciati potrebbero rimanere mere enunciazioni di
principio, come sta accadendo per l’anticipo o per la generalizzazione
della scuola dell’infanzia o recente vicenda dell’utilizzazione delle
risorse dell’art.3, c. 92, legge 350/03 (finanziaria 2004).
Le risorse aggiuntive leggi finanziarie
annualità 2004 e 2005
Come è noto ammonta a 4.037 milioni di euro la
stima della somma necessaria effettuata dallo stesso Ministero
dell’Istruzione.
Con la finanziaria 2004 erano state previste risorse aggiuntive per
l’attuazione della legge 53, in 90 milioni di euro finalizzati a
tecnologie multimediali, dispersione scolastica e diritto-dovere,
formazione tecnica superiore e educazione degli adulti, servizio
nazionale di valutazione, quattro delle undici voci per le quali la
legge 53 dispone la formazione del piano finanziario.
Nonostante l’Anci avesse in sede valutazione della legge 350/03,
lamentato l’insufficienza di tale stanziamento, nell’agosto 2004 –in
sede di atto di indirizzo all’Aran–, il Governo ha sostanzialmente
sottratto, alle destinazioni di legge, gran parte delle risorse in
questione (circa 64 milioni di euro) per destinarle al tavolo della
contrattazione sindacale per la retribuzione delle “funzioni tutoriali”
dei docenti.
Per la finanziaria 2005, è stato annunciato che per la riforma del
sistema d’istruzione saranno disponibili risorse aggiuntive per
ulteriori 110 milioni di euro, ma saranno risorse fresche o di
applicazione di economie conseguenti i tagli d’organico?
Il totale delle somme aggiuntive assegnate nelle prime due annualità
del piano quinquennale (2004-2008) ammonterebbe quindi a 200 milioni
di euro. Come e quando si raggiungerà la cifra dei 4.037 milioni di
euro stimati come necessari dal MIUR?
Il piano approvato il 12 settembre 2003
Il documento che viene posto all’esame delle
Autonomie altro non è che il piano approvato in via preliminare dal
Consiglio dei Ministri in data 12/9/2003 e già prodotto in sede di
Conferenza Unificata il 10/12/2003, in occasione dell’espressione del
parere sullo schema del decreto legislativo 59/04, relativo alle norme
generali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo.
Si tratta di una riproposizione delle stesse voci indicate nella legge
con esplicazioni parziali e generiche, mancante di indicazione sui
tempi, sulle priorità, sulle scansioni nel quinquennio, sulle
eventuali criticità, con i soli totali delle voci corrispondenti alla
stimata necessità di un investimento quinquennale “per complessivi
4.037 milioni di euro, oltre alle somme già iscritte in bilancio ed
ammontanti per lo stesso periodo a 4.283 milioni di euro”.
Considerando che lo stesso Ministero aveva previsto di dover disporre
nelle due annualità 2004 e 2005, di oltre 1.100 milioni di euro di
nuove risorse (oltre gli oltre 1700 milioni di euro già iscritti in
bilancio), e prendendo atto che nelle stesse due annualità le risorse
stanziate ammontano a 200 milioni di euro, è necessario che si
chiarisca se è stata deciso un rallentamento nel processo attuativo
della riforma e su quali interventi tale decisione intenda incidere.
Come può essere poi considerato impegnativo un documento di
pianificazione finanziaria il cui testo rimanere invariato a fronte di
una riduzione di circa venti volte delle risorse assegnate per due
annualità?
La riforma degli ordinamenti
Il documento riserva al primo punto indicato
dall’art.2 della legge 53, la “Riforma degli ordinamenti e degli
interventi connessi con la loro attuazione”uno stringato “Con
riferimento agli interventi connessi con la riforma degli ordinamenti
i finanziamenti dovranno essere destinati alla generalizzazione della
scuola dell'infanzia”.
Evidentemente mancano:
-
l’individuazione delle maggiori risorse che si
renderanno necessarie per attuare l’anticipo nella scuola
dell’infanzia e primaria;
-
una stima delle maggiori spese che sarà
necessario sopportare per la generalizzazione della scuola
dell’infanzia;
-
la coerenza con l’art.16, comma 2, dello schema
di legge finanziaria 2005, approvato dal Consiglio dei Ministri il 29
settembre 2004, prevede il congelamento degli organici.
Già nell’anno scolastico corrente (2004/2005),
sono rimasti nelle liste d’attesa delle scuole statali ben 100.000
bambine e bambini, numero destinato ad aumentare in quanto i dati
demografici indicano in aumento la popolazione scolastica per tali
ordini di scuola, poiché la previsione della legge quadro secondo la
quale “è assicurata la generalizzazione dell’offerta formativa e la
possibilità della frequenza della scuola dell’infanzia” deve valere
come riconoscimento del “diritto” alla frequenza.
Il sistema integrato delle scuole comunali e delle altre paritarie
rappresenta una preziosa risorsa che concorre all’arricchimento
quantitativo e qualitativo dell’offerta, ma non può essere inteso come
una scelta obbligata per l’utente “respinto” dalla scuola statale, se
non altro perché nella quasi totalità delle scuole paritarie non
comunali è richiesto il pagamento di una retta di frequenza. Se si
tiene conto di questa esigenza, al fine dell’effettivo riconoscimento
del diritto affermato dalla legge, il numero dei 100.000 utenti per i
quali si deve provvedere all’istituzione di nuove sezioni statali è
destinato ad aumentare di molto.
Oltre alle risorse necessarie per la generalizzazione, devono essere
poi stimate le risorse necessarie per l’anticipo. E’ noto infatti che
una piena attuazione di tale istituto, una volta a regime, potrebbe
comportare l’ingresso nel sistema d’istruzione di altre oltre 170.000
unità che da utenti dell’asilo nido diverrebbero utenti della scuola
dell’infanzia.
Potrebbero essere quindi 270.000 i nuovi utenti prodotti dalla riforma
degli ordinamenti. Si tratta di circa 10.000 nuove sezioni, cioè
10.000 nuove aule (oltre 3.000 nuovi edifici), 20.000 nuove unità
d’organico, oltre a tutti i relativi e connessi servizi.
Il piano finanziario
Lo scarso approfondimento delle necessità, e
quindi delle relative stime finanziarie, emerge anche negli altri
punti del piano. Molti di questi punti hanno diretta o indiretta
attinenza alle competenze istituzionali dei comuni. Molti di questi,
una volta attuati e a regime, comporteranno una lievitazione della
spesa degli enti locali in relazione al settore scuola.
Non si riesce a capire, ad esempio, come l’intervento dello Stato per
l’edilizia scolastica possa essere definito, nel documento, “ad
adiuvandum”, quando i maggiori fabbisogni di aule non sono conseguenti
alla ordinaria gestione del sistema strutturale (competenza degli enti
territoriali) ma ad una modifica degli ordinamenti centralmente
definita.
Sia per il corretto esercizio delle competenze esclusive dello Stato
in materia di “norme generali sull’istruzione” sia per garantire
uniformi “livelli essenziali delle prestazioni”, appare evidente che
le spese conseguenti le modifiche ordinamentali debbano essere
propriamente accompagnate dai relativi necessari trasferimenti delle
risorse.
Ma molti punti del piano, dalla valutazione del sistema scolastico
allo sviluppo delle tecnologie multimediali; dallo sviluppo
dell'attività motoria agli interventi contro la dispersione scolastica
e per assicurare il diritto – dovere; dagli interventi per lo sviluppo
dell'istruzione e formazione tecnica superiore all'educazione degli
adulti, si intrecciano con le competenze degli enti territoriali.
Si pensi, ad esempio, al cablaggio informatico di tutte le scuole.
Qualsiasi intervento impiantistico nell’edificio scolastico dovrà
significare il coordinamento con gli uffici tecnici degli enti locali
affinché lo stesso non comprometta la validità delle certificazioni
relative alla prevenzione incendi e alla sicurezza delle quali la
dettagliata descrizione degli impianti deve far parte.
Come e quanto sono stati considerati tutti i costi che graveranno
sugli enti locali? Come e quando avverranno i relativi trasferimenti?
I maggiori oneri per gli enti locali
Nello specifico della stima dei maggiori oneri
che potranno gravare sui comuni per l’attuazione della riforma, le
principali voci di spesa di cui il piano dovrà tenere conto sono:
-
Edilizia scolastica: la fornitura di 10.000
nuove aule per la scuola dell’infanzia comporterà un incremento delle
spese per investimenti degli enti locali per diverse centinaia di
milioni di euro. Tali costi si aggiungono ai costi relativi alla
qualificazione e messa a norma del patrimonio scolastico esistente
(per la realizzazione del quale necessitano gli incrementi già
segnalati nelle opportune sedi dei finanziamenti di cui all’art. 4
della legge 23/96) e ai costi relativi alla messa in sicurezza
antisismica (in relazione alla quale si rinvia alle osservazioni
espresse nella recente conferenza del 23 settembre 2004 in sede di
intesa per il riparto dei fondi del piano straordinario di cui
all’art. 80 legge 289/2002);
-
Spese di funzionamento e servizi di supporto: le
nuove sezioni di scuola materna, ma anche l’attuazione dei nuovi
moduli organizzativi (27+3+10 e 27+6+7) nella scuola primaria e
secondaria di primo grado comporteranno una lievitazione della spesa
corrente per le spese di funzionamento (utenze, manutenzione, etc.) ed
i servizi di supporto (mensa e trasporto) che è stimabile in diverse
decine di milioni di euro annui;
-
Estensione dell’obbligo: in assenza di risposte
in merito al soggetto cui le relative competenze saranno attribuite
(si rinvia alle osservazioni espresse nella recente conferenza del 23
settembre 2004 in sede di esame del ddl relativo al diritto-dovere)
non appare facile stimare quali e quanti saranno i nuovi oneri che
graveranno sui comuni. Certo è che le risorse previste nello schema di
ddl sono riferite unicamente alle minori entrate delle scuole statali
per la gratuità dell’iscrizione e niente è stanziato per le maggiori
spese degli enti locali;
-
La questione degli alunni disabili, per i quali
l’attuazione del diritto-dovere fino a diciotto anni produrrà un
positivo incentivo a mantenere la frequenza nel sistema scolastico
dovrà anche essere valutata in relazione ai costi corrispondenti e ad
un chiarimento sulla questione mai definitivamente affrontata della
ripartizione della competenze tra comuni e province in relazione ai
diversi ordini di scuola frequentati dagli alunni;
-
Altre spese: le altre singole voci potranno
produrre lievitazioni delle spesa per le quali l’Anci è disponibile a
collaborare per l’elaborazione di una stima corretta e realistica
(prevenzione del disagio e dell’abbandono; educazione degli adulti;
libri di testo per gli alunni anticipatari della scuola elementare;
etc.).
Le richieste dell’Anci
Emerge con chiarezza la necessità che il
documento di piano sia oggetto di modifiche e integrazioni, tenendo
conto dell’esigenza che siano indicati i parametri e le modalità
utilizzate per la definizione delle stime relative alle singole voci,
ma emerge anche la necessità (per dare credibilità alle previste
assegnazioni) che siano indicate le fonti di finanziamento e la
distribuzione delle risorse negli anni.
Sulla base delle considerazioni sopra espresse, l’Anci avanza le
seguenti richieste:
-
che il piano programmatico finanziario sia
opportunamente rivisto e integrato, al fine di divenire concreto
strumento di programmazione e di attuazione delle finalità delle legge
quadro, e che lo stesso sia posto all’ordine del giorno della prossima
conferenza del 14 ottobre;
-
che si sospenda nel frattempo l’esame, e quindi
la decorrenza del termine per l’intesa e per il parere, dei due schemi
di decreto relativi al diritto-dovere e all’alternanza scuola-lavoro;
-
che sia esperito prioritariamente il tentativo
d’intesa sul piano programmatico finanziario e, solo successivamente,
riprenda la decorrenza dei termini sui due decreti appena citati;
-
che nella revisione del piano programmatico
finanziario si considerino le risorse necessarie per gli oneri che
graveranno sugli enti locali e che, in relazione agli stessi, siano
indicate le risorse, le disponibilità anno per anno e le relative
fonti di finanziamento, anche in relazione alla ridefinizione delle
competenze derivanti dalle norme del diritto allo studio e dei nuovi
ordinamenti scolastici, operando per lo sviluppo e la qualificazione
dell’autonomia scolastica".