Perdere tempo" a scuola?
di Grilloparlante da
Scuola oggi del
15/10/2004
“Perdere tempo” a scuola. Sembra essere questo
uno dei nuovi slogan del movimento di opposizione contro la riforma
Moratti. La parola d’ordine in sé è accattivante, ma si presta a varie
interpretazioni, ha diversi risvolti. In una scuola lunga otto ore
come l’attuale Tempo Pieno, di fatto in molte realtà scolastiche di
tempo con i bambini se ne perde sin troppo e in malo modo. Diciamolo.
Quante sono le situazioni in cui si è andato affermando un “tempo
normale” lungo, una scuola tradizionale con orario prolungato? Un
tempo scuola senza anima, riempito da docenti che si alternano nelle
classi come alla catena di montaggio, senza momenti effettivi di
condivisione e di confronto. Una programmazione didattica del gruppo
docente ridotta all’osso e vissuta sovente come un peso, un
adempimento formale. Un tempo “quantitativo” scandito dalla campanella
della scuola, come una volta le campane il tempo della Chiesa e
l’orologio il tempo del mercante. Un tempo pieno che ha la funzione
prevalente di “tenere a scuola” i bambini, poiché i genitori lavorano
e hanno problemi di accudimento e non possono tenerli a casa al
pomeriggio. Se così fosse, meglio forse il modello Moratti, un tempo
scuola ridotto, un solo insegnante prevalente, qualche ora aggiuntiva
per chi vuole e tanti saluti.
Ma “perdere tempo” può voler dire anche un’altra cosa. Può voler dire
avere tempi distesi di insegnamento-apprendimento, di socialità e di
esperienze di vita (mangiare insieme, giocare insieme, imparare ad
apprendere insieme). Può voler dire “riempire il tempo” di contenuti e
di proposte di lavoro significative, interessanti. Perché è questo il
punto: come motivare e coinvolgere gli alunni in percorsi didattici
significativi. Tutta la pedagogia dell’ultimo secolo sta ad indicare
che la motivazione è la molla dell’apprendimento. Non è questa la
funzione educativa della scuola? E non era questa la ragion d’essere
del Tempo Pieno, sin dalle sue origini, quando era una scuola
sperimentale, un laboratorio di innovazione didattica?
In una città come Milano, dove il 95% delle classi ora funziona a
tempo pieno, o tutti gli insegnanti hanno abbracciato le “magnifiche
sorti e progressive” della scuola italiana oppure c’è qualcosa che
occorre approfondire, scandagliare, analizzare in maniera critica e
rigorosa, facendo emergere con obiettività luci ed ombre, aspetti
positivi e limiti.
Diciamo allora che una riflessione sul tempo scuola, sul “senso” del
tempo, è salutare, decisiva. Ben venga. E diciamo anche che per fare
un buon tempo pieno occorrono organici certi e consolidati, ma con
insegnanti qualificati, competenti e attenti alla “relazione” con gli
alunni. Loro stessi motivati. "Motivés, il faut rester motivés..."
diceva un brano musicale dei francesi Zebda composto nel vivo di una
campagna elettorale di qualche anno fa a Tolosa. Per motivare i
docenti occorre valorizzarli, valutare e riconoscere il loro lavoro,
su tutti i piani. Il lavoro d’aula innanzi tutto ma anche l’attività
di progettazione e programmazione didattica. Valorizzare quindi le
esperienze migliori, perché non vadano disperse ma si diffondano. Se
non si innesca questo circolo virtuoso, allora sì che si rischia di
perdere tempo. Ma non nel senso voluto dai movimenti della scuola
contro la riforma Moratti.