LA RIFORMA A CARTE SCOPERTE:

SI CHIEDONO LE RISORSE, MA IL RE è NUDO

 

da Scuola oggi del 6/10/2004

 

Ormai il Miur non ha più scampo: deve giocare a carte scoperte. Lo hanno chesto durante l'ultima "conferenza unificata Stato Enti locali" le Regioni, le Province, i Comuni che da oltre un anno e mezzo chiedono un piano finanziario a sostegno dei programmi della riforma Moratti. Anche all'ultimo confronto, però, il "piano" richiesto" non c'è stato: o meglio sono stati presentati i conti predisposti ancora a livello informale alla fine del 2003. Da allora non un passo in avanti: agli enti locali che insistono per sapere come si vuole fronteggiare il fronte degli impegni "scolastici", nessuna risposta impegnativa. E questo forse perchè non c'è più un soldo da investire. Perché il re è nudo. Ma che garanzie si chiedono? Ci sembra interessante riportare il documento prodotto dall'Anci alla fine dell'ultimo incontro: Prioritaria la definizione del piano finanziario.

La priorità di una intesa sul piano programmatico finanziario, art.1, c.3, della legge 53/03, è insita nel fatto che mentre la legge assegna ventiquattro mesi più eventuali diciotto, per l’adozione dei decreti delegati, stabilisce invece la predisposizione del piano entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge stessa.

Evidentemente non è solo dell’Anci la sostanziale preoccupazione che i decreti attuativi siano preceduti da una valutazione globale delle risorse, necessaria per la realizzazione delle stesse finalità generali enunciate in sede di delega al Governo.

Infatti senza una complessiva valutazione, senza la specificazione dei finanziamenti che saran-no assegnati per le diverse voci individuate dalla norma e senza un’indicazione della distribuzione delle risorse nelle diverse annualità e delle relative fonti di finanziamento, gli obiettivi enunciati potrebbero rimanere mere enunciazioni di principio, come sta accadendo per l’anticipo o per la generalizzazione della scuola dell’infanzia o recente vicenda dell’utilizzazione delle risorse dell’art.3, c. 92, legge 350/03 (finanziaria 2004).

 

Le risorse aggiuntive leggi finanziarie annualità 2004 e 2005

Come è noto ammonta a 4.037 milioni di euro la stima della somma necessaria effettuata dallo stesso Ministero dell’Istruzione.

Con la finanziaria 2004 erano state previste risorse aggiuntive per l’attuazione della legge 53, in 90 milioni di euro finalizzati a tecnologie multimediali, dispersione scolastica e diritto-dovere, formazione tecnica superiore e educazione degli adulti, servizio nazionale di valutazione, quattro delle undici voci per le quali la legge 53 dispone la formazione del piano finanziario.

Nonostante l’Anci avesse in sede valutazione della legge 350/03, lamentato l’insufficienza di tale stanziamento, nell’agosto 2004 – in sede di atto di indirizzo all’Aran–, il Governo ha sostanzialmente sottratto, alle destinazioni di legge, gran parte delle risorse in questione (circa 64 milioni di euro) per destinarle al tavolo della contrattazione sindacale per la retribuzione delle “funzioni tutoriali” dei docenti.

Per la finanziaria 2005, è stato annunciato che per la riforma del sistema d’istruzione saranno disponibili risorse aggiuntive per ulteriori 110 milioni di euro, ma saranno risorse fresche o di applicazione di economie conseguenti i tagli d’organico?

Il totale delle somme aggiuntive assegnate nelle prime due annualità del piano quinquennale (2004-2008) ammonterebbe quindi a 200 milioni di euro. Come e quando si raggiungerà la ci-fra dei 4.037 milioni di euro stimati come necessari dal MIUR?

 

Il piano approvato il 12 settembre 2003

Il documento che viene posto all’esame delle Autonomie altro non è che il piano approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri in data 12/9/2003 e già prodotto in sede di Conferenza Unificata il 10/12/2003, in occasione dell’espressione del parere sullo schema del decreto legislativo 59/04, relativo alle norme generali per la scuola dell’infanzia e del primo ciclo.

Si tratta di una riproposizione delle stesse voci indicate nella legge con esplicazioni parziali e generiche, mancante di indicazione sui tempi, sulle priorità, sulle scansioni nel quinquennio, sulle eventuali criticità, con i soli totali delle voci corrispondenti alla stimata necessità di un investimento quinquennale “per complessivi 4.037 milioni di euro, oltre alle somme già iscritte in bilancio ed ammontanti per lo stesso periodo a 4.283 milioni di euro”.

Considerando che lo stesso Ministero aveva previsto di dover disporre nelle due annualità 2004 e 2005, di oltre 1.100 milioni di euro di nuove risorse (oltre gli oltre 1700 milioni di euro già iscritti in bilancio), e prendendo atto che nelle stesse due annualità le risorse stanziate ammontano a 200 milioni di euro, è necessario che si chiarisca se è stata deciso un rallentamento nel processo attuativo della riforma e su quali interventi tale decisione intenda incidere.

Come può essere poi considerato impegnativo un documento di pianificazione finanziaria il cui testo rimanere invariato a fronte di una riduzione di circa venti volte delle risorse assegnate per due annualità?

 

La riforma degli ordinamenti

Il documento riserva al primo punto indicato dall’art. 2 della legge 53, la “Riforma degli ordi-namenti e degli interventi connessi con la loro attuazione” uno stringato “Con riferimento agli interventi connessi con la riforma degli ordinamenti i finanziamenti dovranno essere destinati alla generalizzazione della scuola dell'infanzia”.

Evidentemente mancano:

  • l’individuazione delle maggiori risorse che si renderanno necessarie per attuare l’anticipo nella scuola dell’infanzia e primaria;

  • una stima delle maggiori spese che sarà necessario sopportare per la generalizzazione della scuola dell’infanzia;

  • la coerenza con l’art. 16, comma 2, dello schema di legge finanziaria 2005, approvato dal Consiglio dei Ministri il 29 settembre 2004, prevede il congelamento degli organici.

Già nell’anno scolastico corrente (2004/2005), sono rimasti nelle liste d’attesa delle scuole sta-tali ben 100.000 bambine e bambini, numero destinato ad aumentare in quanto i dati demo-grafici indicano in aumento la popolazione scolastica per tali ordini di scuola, poiché la previ-ione della legge quadro secondo la quale “è assicurata la generalizzazione dell’offerta formativa e la possibilità della frequenza della scuola dell’infanzia” deve valere come riconoscimento del “diritto” alla frequenza.

Il sistema integrato delle scuole comunali e delle altre paritarie rappresenta una preziosa risorsa che concorre all’arricchimento quantitativo e qualitativo dell’offerta, ma non può essere inteso come una scelta obbligata per l’utente “respinto” dalla scuola statale, se non altro perché nella quasi totalità delle scuole paritarie non comunali è richiesto il pagamento di una retta di frequenza. Se si tiene conto di questa esigenza, al fine dell’effettivo riconoscimento del diritto affermato dalla legge, il numero dei 100.000 utenti per i quali si deve provvedere all’istituzione di nuove sezioni statali è destinato ad aumentare di molto.

Oltre alle risorse necessarie per la generalizzazione, devono essere poi stimate le risorse ne-cessarie per l’anticipo. E’ noto infatti che una piena attuazione di tale istituto, una volta a re-gime, potrebbe comportare l’ingresso nel sistema d’istruzione di altre oltre 170.000 unità che da utenti dell’asilo nido diverrebbero utenti della scuola dell’infanzia.

Potrebbero essere quindi 270.000 i nuovi utenti prodotti dalla riforma degli ordinamenti. Si tratta di circa 10.000 nuove sezioni, cioè 10.000 nuove aule (oltre 3.000 nuovi edifici), 20.000 nuove unità d’organico, oltre a tutti i relativi e connessi servizi.

 

Il piano finanziario

Lo scarso approfondimento delle necessità, e quindi delle relative stime finanziarie, emerge anche negli altri punti del piano. Molti di questi punti hanno diretta o indiretta attinenza alle com-petenze istituzionali dei comuni. Molti di questi, una volta attuati e a regime, comporteranno una lievitazione della spesa degli enti locali in relazione al settore scuola.

Non si riesce a capire, ad esempio, come l’intervento dello Stato per l’edilizia scolastica possa essere definito, nel documento, “ad adiuvandum”, quando i maggiori fabbisogni di aule non sono conseguenti alla ordinaria gestione del sistema strutturale (competenza degli enti territoriali) ma ad una modifica degli ordinamenti centralmente definita.

Sia per il corretto esercizio delle competenze esclusive dello Stato in materia di “norme generali sull’istruzione” sia per garantire uniformi “livelli essenziali delle prestazioni”, appare evidente che le spese conseguenti le modifiche ordinamentali debbano essere propriamente accompagnate dai relativi necessari trasferimenti delle risorse.

Ma molti punti del piano, dalla valutazione del sistema scolastico allo sviluppo delle tecnologie multimediali; dallo sviluppo dell'attività motoria agli interventi contro la dispersione scolastica e per assicurare il diritto – dovere; dagli interventi per lo sviluppo dell'istruzione e formazione tecnica superiore all'educazione degli adulti, si intrecciano con le competenze degli enti territoriali.

Si pensi, ad esempio, al cablaggio informatico di tutte le scuole. Qualsiasi intervento impianti-stico nell’edificio scolastico dovrà significare il coordinamento con gli uffici tecnici degli enti locali affinché lo stesso non comprometta la validità delle certificazioni relative alla prevenzione incendi e alla sicurezza delle quali la dettagliata descrizione degli impianti deve far parte.

Come e quanto sono stati considerati tutti i costi che graveranno sugli enti locali? Come e quando avverranno i relativi trasferimenti?

 

I maggiori oneri per gli enti locali

Nello specifico della stima dei maggiori oneri che potranno gravare sui comuni per l’attuazione della riforma, le principali voci di spesa di cui il piano dovrà tenere conto sono:

  1. Edilizia scolastica: la fornitura di 10.000 nuove aule per la scuola dell’infanzia comporterà un incremento delle spese per investimenti degli enti locali per diverse centinaia di milioni di euro. Tali costi si aggiungono ai costi relativi alla qualificazione e messa a norma del patrimonio scolastico esistente (per la realizzazione del quale necessitano gli incrementi già segnalati nelle opportune sedi dei finanziamenti di cui all’art. 4 della legge 23/96) e ai costi relativi alla messa in sicurezza antisismica (in relazione alla quale si rinvia alle osservazioni espresse nella recente conferenza del 23 settembre 2004 in sede di intesa per il riparto dei fondi del piano straordinario di cui all’art. 80 legge 289/2002);

  2. Spese di funzionamento e servizi di supporto: le nuove sezioni di scuola materna, ma anche l’attuazione dei nuovi moduli organizzativi (27+3+10 e 27+6+7) nella scuola primaria e secondaria di primo grado comporteranno una lievitazione della spesa corrente per le spese di funzionamento (utenze, manutenzione, etc.) ed i servizi di supporto (mensa e trasporto) che è stimabile in diverse decine di milioni di euro annui;

  3. Estensione dell’obbligo: in assenza di risposte in merito al soggetto cui le relative compe-tenze saranno attribuite (si rinvia alle osservazioni espresse nella recente conferenza del 23 settembre 2004 in sede di esame del ddl relativo al diritto-dovere) non appare facile stimare quali e quanti saranno i nuovi oneri che graveranno sui comuni. Certo è che le risorse previste nello schema di ddl sono riferite unicamente alle minori entrate delle scuole statali per la gratuità dell’iscrizione e niente è stanziato per le maggiori spese degli enti locali;

  4. La questione degli alunni disabili, per i quali l’attuazione del diritto-dovere fino a diciotto anni produrrà un positivo incentivo a mantenere la frequenza nel sistema scolastico dovrà anche essere valutata in relazione ai costi corrispondenti e ad un chiarimento sulla questione mai definitivamente affrontata della ripartizione della competenze tra comuni e province in relazione ai diversi ordini di scuola frequentati dagli alunni;

  5. Altre spese: le altre singole voci potranno produrre lievitazioni delle spesa per le quali l’Anci è disponibile a collaborare per l’elaborazione di una stima corretta e realistica (prevenzione del disagio e dell’abbandono; educazione degli adulti; libri di testo per gli alunni anticipatari della scuola elementare; etc.).

 

Le richieste dell’Anci

Emerge con chiarezza la necessità che il documento di piano sia oggetto di modifiche e integrazioni, tenendo conto dell’esigenza che siano indicati i parametri e le modalità utilizzate per la definizione delle stime relative alle singole voci, ma emerge anche la necessità (per dare credibilità alle previste assegnazioni) che siano indicate le fonti di finanziamento e la distribuzione delle risorse negli anni.

Sulla base delle considerazioni sopra espresse, l’Anci avanza le seguenti richieste:

  1. che il piano programmatico finanziario sia opportunamente rivisto e integrato, al fine di di-venire concreto strumento di programmazione e di attuazione delle finalità delle legge quadro, e che lo stesso sia posto all’ordine del giorno della prossima conferenza del 14 ottobre;

  2. che si sospenda nel frattempo l’esame, e quindi la decorrenza del termine per l’intesa e per il parere, dei due schemi di decreto relativi al diritto-dovere e all’alternanza scuola-lavoro;

  3. che sia esperito prioritariamente il tentativo d’intesa sul piano programmatico finanziario e, solo successivamente, riprenda la decorrenza dei termini sui due decreti appena citati;

  4. che nella revisione del piano programmatico finanziario si considerino le risorse necessarie per gli oneri che graveranno sugli enti locali e che, in relazione agli stessi, siano indicate le risorse, le disponibilità anno per anno e le relative fonti di finanziamento, anche in relazione alla ridefinizione delle competenze derivanti dalle norme del diritto allo studio e dei nuovi ordinamenti scolastici, operando per lo sviluppo e la qualificazione dell’autonomia scolastica".