LA RICETTA

La carta della qualità:

valutare (e premiare) il lavoro dei docenti

L’esperienza di Crema: 90 professori si sono sottoposti a giudizi di autovalutazione

di Gabriela Jacomella da Il Corriere della Sera del 19/11/2004

 

Il ministro Moratti l’aveva ammesso, e neanche tanto tra le righe, nell’intervista rilasciata pochi giorni fa al Corriere : gli insegnanti italiani si sentono in caduta libera sotto il profilo del riconoscimento sociale. E sono, ahimé, in buona compagnia. «Nel più recente confronto europeo sulla qualità dell’insegnamento - così diceva il ministro - abbiamo notato come questa sensazione attraversi l’intera categoria nell’Unione». Ora si scopre che non è solo l’Europa, ma anche l’America, l’Australia, il Giappone, il Cile. Una società che cambia, e i professori che non riescono a comprendere come starle dietro. Perché la voglia ci sarebbe, ma spesso sono i mezzi a mancare. E, quando anche i risultati arrivano, gli stipendi rimangono sempre uguali. Bassi. La soluzione, sostiene ora l’Ocse, è semplice: «Riconoscere e premiare il lavoro dei docenti». In una parola, valutazione. Letizia Moratti ha ricordato il ruolo dell’Invalsi, organismo centrale deputato a studiare e documentare l’offerta formativa, l’apprendimento dei ragazzi. Ma non basta, raccomanda l’Ocse. Per ricostruire il (perduto) prestigio sociale dei docenti, è necessario riconoscerne fatiche, impegno, preparazione, capacità. Possibilmente tramite enti di valutazione esterni. Per arrivare, ribadiscono gli esperti, a una redistribuzione di incentivi e remunerazioni (o, perché no, di «punizioni»), proporzionali alla qualità del prof.

«L’importante - commenta Franz Foti, coautore con Giuseppe Strada, Gian Maria Zapelli e Lorenza Leonardi di Valutare gli insegnanti? (La Nuova Italia) - è che non si tratti di una sentenza. La valutazione deve arrivare al termine di un percorso di autoformazione e formazione esterna, tesa a raggiungere il massimo di professionalità. Ed è giusto che, se arrivo al massimo, io sia premiato con una remunerazione adeguata. Non dobbiamo dimenticarci che quello che abbiamo in mano è un oggetto delicatissimo, il "prodotto" apprendimento. Non una merce qualsiasi, ma il frutto combinato di competenze del docente e capacità dell’allievo. Chi lo sa produrre bene, va premiato». Se gli si chiede come la prenderebbero, gli insegnanti italiani, cresciuti in una cultura dove le valutazioni dall’alto non hanno mai avuto diritto di cittadinanza, Foti è ottimista. Il volume che ha curato racconta un esperimento condotto all’Istituto tecnico «Pacioli» di Crema insieme a una società di consulenza esterna, la Galgano&Associati. Quasi 90 insegnanti che si sono sottoposti a un’autovalutazione delle competenze (nove in tutto, dalla conoscenza della materia alla capacità di suscitare entusiasmi negli alunni), poi intersecata con valutazioni esterne - di colleghi, studenti, famiglie, personale della scuola. Alla fine quello che si ottiene è una radiografia esatta dello stato dell’arte. Quanto si vale come prof, dove ci si deve migliorare. Piacerà? Piace già ora, «ovunque l’abbiamo proposta è stata accolta con un altissimo tasso di gradimento».

Certo, trasporre un’idea simile su scala nazionale richiederà qualche riflessione aggiuntiva, «bisognerà identificare una carriera precisa, non basta lavorare di più, la valutazione non deve essere di tipo quantitativo». Giuseppe Bertagna, pedagogista, è categorico. «Tutto ciò che è sentito come esterno, "giudiziario", nella scuola è destinato a fallire. Mentre ha sempre avuto successo la chiarezza di vincoli, obiettivi, risultati. Unita a una riflessione di tipo cooperativo». In soldoni? Presto detto: «Sono almeno tre contratti che si parla di una carriera nell’insegnamento, il sindacato si è detto disponibile a raccogliere la sfida. E con la riforma, con le nuove indicazioni nazionali, ora anche i risultati da perseguire sono chiari».

Enrico Panini, segretario generale della Flc-Cgil, non ha dubbi di sorta. «La valutazione di sistema potrebbe servire in primo luogo agli insegnanti, per tarare la loro azione e avere uno strumento di verifica». Purché sia affidata «ad autorità indipendenti dal ministero e dall’amministrazione, come avviene in tutto il mondo». Pollice verso per l’Invalsi, «del resto in un regime di autonomia è assurdo centralizzare i controlli di qualità». Si farà, dunque, questa valutazione del corpo docente, non si farà, e i sindacati che diranno? «Contrattualmente abbiamo cercato in più occasioni - anche, certo, commettendo errori - di trovare una soluzione al problema di una carriera per gli insegnanti. Abbiamo proposto al ministero un ragionamento sul tema, una base da cui partire per avviare un confronto. L’abbiamo consegnato a maggio. Da allora, non è stato più preso in mano. Campo impraticabile per disinteresse esplicito del datore di lavoro».