Ponzio Pilato va a scuola

 di Vittorio Lodolo D'Oria da Proteo Fare Sapere del 22 novembre 2004

 

Una rubrica che si rispetti – e questa lo vuole essere non tanto per l’autore quanto per i contenuti trattati – dà spazio ai casi della vita che possono essere particolarmente istruttivi. Oggi ne citerò un paio dando la parola prima ad un dirigente scolastico che mi chiede – per una vicenda di quelle a me ben nota ma sconosciuta ai più - quindi riportando il caso descritto sulla cronaca milanese di Repubblica di venerdì 19, dove assume il ruolo di protagonista il direttore scolastico regionale al quale io stesso presentai i miei studi sul disagio mentale degli insegnanti.

 

Gentile dottore,

sono un dirigente scolastico di una scuola media di una metropoli costituita su varie sedi e sezioni staccate. Desidererei avere qualche suggerimento in merito alla problematica che sinteticamente provo a descriverLe, concernente una docente di matematica di circa 45 anni, inserita nella scuola nello scorso anno scolastico.

Purtroppo quasi alla fine dello scorso anno scolastico, a seguito di alcune riservate e garbate osservazioni da parte dei docenti di un Consiglio di classe di una sede staccata, nonché a seguito di qualche strano episodio avvenuto nel corso dell'ultimo Collegio docenti, ho constatato il comportamento verbale a tratti sconclusionato e privo di senso da parte della docente. Nei giorni immediatamente successivi al termine dell'anno scolastico il responsabile primario di una unità ospedaliera - con cui la scuola in apposita convenzione collabora per l'istruzione degli alunni degenti - mi ha richiesto in un colloquio telefonico di non assegnare più la docente di matematica per le attività didattiche dei bambini degenti, in quanto aveva notato nella docente "un comportamento scompensato ed atteggiamenti di disturbo psichico”. Per motivi professionali e morali il medico ospedaliero (del reparto di Neuropsichiatria infantile) tuttavia non riteneva di dovermi rappresentare per scritto le osservazioni.

All'inizio del corrente anno scolastico, ritenendo che forse lo stress aveva potuto causare tali episodi, che peraltro la docente non ricordava assolutamente, ho articolato diversamente con la collaborazione del Consiglio di classe le attività didattiche ed ho ripetuto con la docente le linee educative e didattiche da seguire con gli alunni degenti in ospedale. Purtroppo la problematica delineata ha assunto aspetti piuttosto definiti; mi sono pervenuti alcuni reclami scritti da parte dei genitori e da parte dei colleghi, perché spesso la docente, dopo aver partecipato in modo costruttivo e collaborativo per circa mezz'ora, comincia a descrivere situazioni ed immagini prive di senso, oppure se ripresa o contraddetta aggredisce verbalmente i colleghi accusandoli di averLe nascosto atti o documenti, etc. Anche alle mie "burocratiche" richieste di chiarificazione reagisce in modo vario, da un lato risponde per scritto in modo corretto completo e sintatticamente ben articolato, dall`altro verbalmente mi confuta gli episodi e poi, a seguito di un crescente stato emotivo, comincia a confondersi e a fare riferimento a situazioni irreali.

Nel ringraziarLa per l'attenzione, mi auguro possa indicarmi la linea procedurale più consona per una positiva risoluzione di questa situazione che ha in sé una duplice sofferenza, quella della docente e quella degli alunni degenti.

Distinti saluti (segue la firma)

 

Complimenti alla dirigente per l’accurata e significativa descrizione del caso. Non le negherò il mio supporto perché lo merita soprattutto per le ultime parole dedicate alla sofferenza della docente, oltreché a quella dei piccoli e sfortunati discenti. Mi piacerebbe però girare questo quesito a tutti i dirigenti scolastici d’Italia - anzi del mondo - per vedere come se la caverebbero. La risposta al problema non può risiedere solamente nello sperare che un caso simile non si presenti …“nella scuola da me diretta”. Tra i compiti dei manager della scuola rientra infatti anche la gestione del personale nonché – ai sensi della famigerata 626 – la responsabilità per la tutela psicofisica del lavoratore e dell’utenza (non solo quella riguardante la rispondenza dell’edificio alle vigenti norme di sicurezza). A chiunque fosse interessato alla problematica (ricordo che sono 11.000 i dirigenti scolastici ed un milione gli insegnanti nel nostro amato paese), il mio caldo invito a rileggersi i numeri precedenti di questa rubrica ed a consultare il sito www.fondazioneiard.org dove alla sezione Scuola e Sanità si possono trovare tutti gli studi sull’argomento. Inoltre con un altro po’ di pazienza, a primavera sarà pubblicato il mio libro “Scuola di Follia” dove riporto 30 casi con relativa analisi e commento.

Ma veniamo al secondo caso così come riportato testualmente dall’articolo a firma di Teresa Montiroli:

…Inizia così la lettera che i genitori della suola Rossari-Castiglioni di Via Spiga hanno scritto al Ministro Moratti per chiedere l’allontanamento della preside Luciana Di Nunzio Ferrari dopo tre anni di battaglie e ripetute visite al direttore scolastico regionale. Una breve missiva firmata da 212 insegnanti…”Un sistema a noi incomprensibile – proseguono i genitori – ha consentito che la dirigente scolastica, già respinta da altre scuole con grande clamore (la media di Via Cipro e la media Beltrami), s’insediasse nella nostra scuola per renderla invivibile”… “Dopo la drammatica esperienza dell’anno scorso – dicono gli insegnanti – nessuno ha più intenzione di collaborare con la preside e la scuola rischia di fermarsi”… “Negli ultimi due anni abbiamo perso quattro classi – continuano le mamme pronte a ritirare i figli – e se la preside non verrà allontanata molti insegnanti chiederanno il trasferimento. Oggi siamo angosciati e indignati per la mancanza di una decisione definitiva. Dopo tre anni riteniamo di averne diritto”.

La protesta è corale e da anni rimbalza negli uffici del provveditorato senza trovare soluzione. Per l’esattezza da dieci. Dal lontano 1994 quando, per primi, i genitori di via Cipro riuscirono a sradicarla dalla cattedra della presidenza a colpi di manifestazioni e con l’occupazione simbolica della segreteria. Ottenendo l’allontanamento per incompatibilità ambientale e il trasferimento in altra sede. Arrivò così alla media Beltrami dove, nel giro di pochi mesi, le proteste ripartirono. “Non è in grado di dirigere la scuola - era ancora una volta l’accusa - …In pochi mesi si creò una situazione di grande disagio. Per nostra fortuna si liberò un posto alla media Parini – continua Marco Liva presidente del consiglio di circolo alla Beltrami – perché non saremmo riusciti a spostarla neanche con le bombe”. Ora nel suo ufficio di Via Santo Spirito, la preside tace. Il suo unico commento all’ennesima contestazione delle famiglie è: “Continuo a lavorare e non ho problemi”.

Il direttore scolastico regionale Mario Dutto risponde secco: “La soluzione è una migliore collaborazione all’interno della scuola”. (Repubblica 19.11.03 Milano Cronaca).

 

Prima di effettuare un parallelo tra le due storie occorre sottolineare alcuni elementi, di questa seconda vicenda, che - agli occhi di un addetto ai lavori - sono assai significativi.

1) la storia dura da più di dieci anni e si è cercato di risolverla con sconsiderati trasferimenti che non hanno ottenuto altro se non il riproporre, in modo aggravato, la questione in altre sedi;

2) il comportamento di una sola persona – per di più in posizione di comando in una scuola media - colpisce tutto l’ambiente (genitori, studenti e insegnanti), scatenando reazioni di aggressività e conflittualità tra tutti gli attori in gioco;

3) qualora il comportamento della dirigente scolastica fosse espressione di un disagio di natura psichica (molti elementi fanno propendere per questa ipotesi a cominciare dall’affermazione della preside che nega nel modo più assoluto di avere problemi), chi ha proceduto a trasferire più volte l’interessata, diviene responsabile dell’aggravamento della prognosi di una psicopatologia sulla quale si sarebbe potuti intervenire per tempo;

4) il direttore scolastico regionale, dopo dieci anni di battaglie, petizioni di centinaia d’insegnanti e tre trasferimenti per “incompatibilità ambientale” dell’interessata, risponde seccato che la soluzione risiede in una migliore collaborazione della scuola e dimostra che la struttura da lui diretta è sensibile e reattiva solo quando la protesta diviene forte attraverso manifestazioni e occupazioni.

 

Ma torniamo al parallelo tra le due vicende. Innanzitutto occorre sottolineare come situazioni di disagio possono colpire tutti a prescindere dal loro ruolo (siano essi insegnanti che dirigenti scolastici). In seconda battuta si evidenzia come in queste storie tutti perdono e nessuno vince. In terza istanza diremo che ignorare volutamente il problema (ricorrendo ai trasferimenti) equivale ad essere condannati a trascinarselo penosamente appresso, per riviverlo in maniera aggravata dopo poco tempo.

Nella prima vicenda abbiamo un dirigente scolastico che ha compreso la gravità della situazione e intende correre ai ripari rivolgendosi al sottoscritto avendo saputo, grazie alla ricerca sul web, dell’esperienza maturata dal sottoscritto in materia.

Nel secondo caso, da me appreso sul giornale, abbiamo un direttore scolastico regionale – tra l’altro assolutamente informato su tutti i miei studi e le mie attività nel settore (l’ultimo incontro avuto con lui risale all’8 Novembre in un convegno della Fondazione IARD) - che non trova di meglio che appellarsi a “una migliore collaborazione all’interno della scuola”.

Prima di concludere ribadisco - a chiunque lavora nella scuola, ivi inclusi il dirigente scolastico regionale lombardo - la mia disponibilità a collaborare per risolvere questioni che sono verosimilmente di pertinenza medica e non burocratica.

E’ bene infine rammentare che gli atteggiamenti pilateschi – certo insufficienti a sottrarci alle nostre responsabilità (d’ufficio) - hanno procurato solo frustate e morte al Maestro. Sconsigliabile dunque adottarli per gli insegnanti.