L’esilarante dibattito al Senato
sulle Indicazioni Nazionali.
di Federico Niccoli da
Scuola oggi del
23/11/2004
Risulta molto istruttivo leggere i resoconti
stenografici di alcune sedute in Parlamento. Tra il 28 ottobre e il 9
novembre, tre sedute del Senato sono state dedicate ad una proposta
della senatrice Soliani, che, con un’argomentata mozione, chiedeva il
ritiro da parte del Governo delle “Indicazioni Nazionali” sia per
questioni di legittimità sia per inconsistenza delle stesse nel
merito.
Un dibattito surreale, a partire dai senatori dell’opposizione, che
sono intervenuti a sostegno della mozione e non hanno valorizzato
adeguatamente un velocissimo accenno della Soliani ad un argomento,
che poteva essere prezioso per il successo dell’iniziativa: la
clamorosa e solenne bocciatura il 15 luglio del 2004 delle Indicazioni
Nazionali da parte del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione,
ritenute addirittura inemendabili, perché «non solo non rappresentano
una spinta propulsiva, ma non raccolgono neppure le pregresse e molto
significative esperienze della scuola militante».
Ma le perle più significative si ritrovano in alcuni interventi dei
senatori della maggioranza e in quello del sottosegretario Aprea, che,
intervenuta nel terzo giorno di dibattito, ci ha fornito preziose
informazioni sullo stato dell’arte dell’applicazione della riforma.
Con una partenza bruciante l’On.Aprea si è esibita in un esercizio di
alta acrobazia logica:
-
«si prende anzitutto atto con soddisfazione che
i firmatari non appuntano alcuna critica all'allegato D al decreto
legislativo n. 59 del 2004 (il profilo educativo, culturale e
professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione).
Si presume, quindi, che lo ritengano anch'essi una significativa
acquisizione ordinamentale.» Incredibile, ma testuale. All’ordine del
giorno c’era la discussione sull’allegato A. Chi autorizza l’on.Valentina
a presumere che i senatori, che giustamente si attenevano
rigorosamente all’esame dell’allegato A, assolvessero con formula
piena l’allegato D? Stia tranquilla onorevole: il pecup (profilo
educativo, culturale e professionale dello studente al termine del
primo ciclo di istruzione), che è poi l’allegato D, è ancora più
censurabile dell’allegato A. Non presuma troppo, onorevole, e vada a
leggersi le tonnellate di critiche già espresse nei confronti del
profilo
-
E’ sbagliato, continua l’On.Aprea, attaccare a
testa bassa le Indicazioni, sia perché esse hanno valore provvisorio e
transitorio, sia perché era obbligatorio modificare i vecchi
programmi, resi ormai inutilizzabili dalla legge sull’autonomia, sia
perché, infine, dovranno essere i docenti ad interpretare e declinare
in piena libertà professionale e culturale il quadro fornito dalle
Indicazioni. Soprattutto, i docenti dovranno dare «un'unità di senso»
agli obiettivi specifici di apprendimento contenuti nelle Indicazioni.
Non ci posso credere! Quale spessore culturale avranno mai queste
fantomatiche Indicazioni se è necessario l’intervento dei docenti per
dare ad esse quella ”unità di senso” che evidentemente da sole esse
non posseggono!
-
La terza perla dell’on. Aprea è un’informazione
fondamentale. In tanti ci chiedevamo chi fossero gli autori materiali
delle Indicazioni, dato che la composizione della Commissione non è
mai stata resa nota. «Posso testimoniare che di questi gruppi di
lavoro, istituiti presso il Ministero per elaborare le Indicazioni
nazionali, non ha mai fatto parte il senatore Valditara». Un bel colpo
di teatro, dato che il senatore, delle cui pillole di saggezza ci
occuperemo fra poco, si era vantato di essere addirittura l’ispiratore
di alcuni passaggi fondamentali delle Indicazioni.
Ad un certo punto si svolge un duetto quasi
comico tra l’On. Aprea e il presidente di turno dell’assemblea,
senatore Dini:
Chiedo scusa, signor Presidente, il tempo a mia disposizione è
terminato?
PRESIDENTE. È già terminato e le ho concesso ancora qualche minuto.
APREA Avrei bisogno almeno di completare alcuni punti.
PRESIDENTE. Va bene, ma solo alcuni.
Senatore Dini, perché non ha fatto completare tutti i punti
all’onorevole Aprea, che quel giorno era decisamente in vena e ci
avrebbe offerto fenomenali spunti di riflessione?
I lettori saranno curiosi di sapere cosa ha detto il sen. Valditara di
Alleanza Nazionale. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un
attacco bruciante:
«Dirò subito che quelli che ci troviamo a discutere non sono i
migliori programmi possibili. Risentono del fatto che più mani ne
hanno caratterizzato la stesura – su questo l'opposizione ha
pienamente ragione - e di una certa farraginosità burocratica, ma
insieme ad uno stile, anzi direi più correttamente ad una forma
senz'altro sciatta (difetto tipico anche dei vecchi programmi
ministeriali) danno alcune indicazioni importanti». «Nei nuovi
programmi, al di là di certa farraginosità contenuta nel testo, che
corrisponde alla versione originaria preparata dalla Commissione, sta
scritto in rubrica "Grammatica, sintassi, analisi logica": rivendico
di aver personalmente insistito perché nelle indicazioni ci fosse un
passaggio forte e inequivocabile sul punto. Questo significa, infatti,
ripristinare la cultura della regola e favorire nel giovane l'ordine
mentale. Una società in cui i cittadini sappiano esprimersi
correttamente è anche una società meno sciatta, meno superficiale e
quindi meno volgare; è inoltre una società in cui è più facile
intendersi».
Farraginose, ma logiche!? E addirittura terapeutiche, perché viene
favorito nel giovane l’ordine mentale!?
Il sen. Valditara trova il tempo di farci sapere che egli non solo è
postfascista (tutti ormai siamo post-qualcosa), ma anche antifascista
e amante dell’analisi logica e di quella grammaticale. Non ricorda,
evidentemente, il senatore il dramma interpretativo che dilaniò alcuni
suoi compagni chiamati a fare l’analisi grammaticale del famoso verso
della canzone “sole che sorgi libero e giocondo”. Si arrestarono alla
prima parola. Cosa sarà mai “sole”? Sarà il sostantivo maschile che
indica la stella attorno alla quale gravita il sistema di cui fa parte
la Terra? Oppure sarà il sostantivo femminile plurale di sòla,
variante popolare di suola, dal significato inequivocabile di
“imbroglio, fregatura”? Oppure sarà aggettivo qualificativo plurale di
sola, riferibile alle donne sole, delle quali ha recentemente parlato
l’on. Buttiglione, beccandosi la bocciatura dell’Europarlamento?
Ma non è finita qui.
«Torna lo studio delle poesia a memoria: anche questo rivendichiamo.
La poesia, oltre ad accrescere il patrimonio culturale, stimola la
fantasia, la arricchisce di immagini, aiuta a confrontarsi con le
emozioni che altri in precedenza hanno provato, invita a riflettere,
arricchisce il bagaglio espressivo del giovane, educa anche al
sacrificio, posto che memorizzare costa fatica.»
Consiglierei al senatore la visione del bel film “La scuola”, nel
quale uno strepitoso Silvio Orlando faceva conoscere diverse
generazioni di studenti chiamati ad imparare a memoria la famosa
poesia di D’Annunzio sui pastori d’Abruzzo. Gli studenti sicuramente
facevano fatica, ma restavano attoniti e non riuscivano a capire cosa
fossero mai “gli stazzi” che i pastori abbandonano e soprattutto cosa
mai potesse significare “l’erbal fiume silente”.
Ed infine, dato che non si voleva far mancare niente, il senatore
conclude: «Perché dunque non rammentare ai bambini l'esempio di
Cincinnato o di Attilio Regolo, dei due gioielli di Cornelia o del
nobile gladiatore della Tracia, che non volle abbandonare i suoi
compagni?». Forse il Governo avrebbe dovuto dare ragione a Berlinguer
che aveva imposto l’assoluta centralità del Novecento «in applicazione
dell’idea gramsciana, bolscevica, marxista, ma già giacobina, di
costruire l'uomo nuovo, sganciato dal suo passato, dalle tradizioni e
dai valori che ne costituivano l'identità. Noi intendiamo porre fine
al mito del Novecento, diciamolo con grande chiarezza: si è rischiato
infatti di indebolire il sentimento di appartenenza ad un percorso di
civiltà ben più radicato.» Prenda fiato, senatore! Noi, per ora,
la ringraziamo per averci consentito di fortificare il sentimento di
appartenenza e soprattutto per averci rimesso sulla giusta pista di un
percorso di civiltà ben più radicato.
Se qualcuno osasse pensare che nel dibattito non ci fossero altre cose
interessanti, si rassicuri. Manca all’appello l’on. Compagna dell’Udc
(si fa fatica a credere che si tratti di un compagno di partito
dell’On. Brocca, che ha usato parole di fuoco contro la riforma
Moratti), che è pagato per leggere i documenti sui quali deve
esprimere un autorevole parere di legislatore, ma candidamente
afferma: «Il collega Modica mi perdonerà se anch’io sono tra quelli
che non hanno letto le 101 pagine della Gazzetta Ufficiale, e mi
consentirà di dire che non voglio neanche leggerle perché le giudico
una lettura inutile, tendenziosa e pretestuosa come il testo di questa
mozione.»
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