L'autonomia "dimezzata" di Grilloparlante da Scuola oggi del 16/11/2004
Il DPR n. 275/99 (“Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche”) attribuisce agli istituti scolastici autonomi poteri di gestione sul piano organizzativo e didattico. Vale a dire competenze esclusive in materia di progettazione delle attività didattiche, di definizione delle modalità di insegnamento e di impiego dei docenti. L’autonomia delle istituzioni scolastiche è sancita, successivamente, dalla stessa Costituzione nel testo riformato dell’art. 117 e dalla Legge costituzionale 18 ottobre 2001 n.3. Ma a queste affermazioni e princìpi, corrispondono riscontri reali? Ovvero: è davvero così nella realtà? La risposta non può che essere negativa. Come scrive la Corte dei Conti in un recente rapporto sullo “stato dell’arte” dell’Amministrazione scolastica “qualsiasi espressione di autonomia amministrativa deve fondarsi sull’autonomia finanziaria”. Ora, sta di fatto che le scuole non dispongono di strumenti e risorse adeguate, sufficienti, né sul piano delle risorse finanziarie né su quello delle risorse professionali. In altri termini: non hanno mai avuto a disposizione le risorse necessarie per sviluppare una propria autonomia reale né sul piano finanziario (finanziamenti dal Ministero in primis, ma anche dagli enti locali) né sul piano degli organici del personale. Anzi, in questi anni abbiamo assistito semmai ad una politica di tagli, di progressiva riduzione delle risorse assegnate alla scuola pubblica. Si sono ridotti nel tempo, ad esempio, i fondi assegnati dal MIUR alle scuole per l’offerta formativa (legge 440), ma anche quelli per il funzionamento didattico e amministrativo, ma anche quelli riservati all’integrazione degli alunni con handicap, ma anche quelli riservati ai Progetti didattici e così via…
Sul versante degli organici, qualcuno ricorda ancora il cosiddetto “organico funzionale” di istituto? La filosofia sottesa all’organico funzionale, inventata ai tempi del centro sinistra, era quella di dotare le scuole di un numero di docenti e di ATA tale da consentire alla scuola stessa di far fronte a tutte le necessità (supplenze, sostegno, ecc.) per un periodo sufficientemente ampio, garantendo appunto stabilità di organico in rapporto al numero degli alunni previsto. In questo senso e secondo le intenzioni, doveva essere un organico “arricchito”. Sani principi, ma mai attuati. “Organico funzionale”: che fine ha fatto? Anzi, chi l’ha visto? Abbiamo visto invece un organico impoverito, continue contrazioni di posti e tagli nel numero di docenti e ATA assegnati alle scuole. In Lombardia e a Milano in particolare sono pressoché scomparsi i docenti facilitatori riservati all’integrazione degli alunni stranieri, per non parlare dei docenti assegnati ai laboratori (informatica, ecc.) e non sono state autorizzate tutte le classi di tempo pieno richieste nella scuola primaria.
Se parliamo delle risorse finanziarie, assistiamo ad uno strano fenomeno. Non solo è diminuita l’entità dei finanziamenti da parte del MIUR ma questi giungono alle scuole con abbondante ritardo, perdendosi nei meandri fra Direzioni regionali e CSA (in alcuni casi e per alcune voci, vedi fondo per le scuole ad elevata immigrazione o al fondo di istituto si tratta di ritardi di anni…!). Quindi, come in una spirale perversa, ai “tagli” delle risorse assegnate si aggiunge la continua e persistente incertezza sull’entità delle assegnazioni sulle quali contare e la ritardata effettiva disponibilità delle medesime, con pesanti conseguenze sulla realizzazione dei progetti e sullo stesso funzionamento delle scuole (non lo diciamo solo noi, sono precisi rilievi della Corte dei Conti..!). Questo costringe le scuole al continuo ricorso alla cassa (all’utilizzo cioè dei fondi a disposizione presso gli istituti di credito per sostenere spese diverse da quelle per le quali erano previsti), ma alla lunga la cassa si esaurisce... Non solo, ma molte scuole - soprattutto elementari e medie - possono realizzare progetti didattici soltanto grazie al contributo (volontario) che i genitori danno in varie forme e con iniziative di autofinanziamento. Ma la scuola pubblica non doveva essere gratuita?
E’ la stessa Corte dei Conti a criticare con parole severe questo modo di procedere del Miur, che non è adeguato a governare il sistema, in quanto non riesce a metabolizzare la profonda evoluzione avvenuta nel mondo della scuola, caratterizzata dalla presenza di soggetti dotati di autonomia. Il Miur non è stato in grado né di creare le necessarie sinergie tra amministrazione centrale e scuole autonome né di adottare adeguati processi informativi sull’andamento gestionale delle scuole, che non sono certamente assicurati dai revisori dei conti che da un po’ di tempo girano periodicamente nelle scuole.
Per completezza di ragionamento, però, occorre dire che, pur in presenza di forti responsabilità dell’Amministrazione, la “sintassi” dell’autonomia non è, comunque, entrata nel patrimonio culturale delle strutture periferiche, che sono abituate ad attuare disposizioni determinate dal Centro e sono ancora fortemente permeate da una cultura della dipendenza. Le istituzioni scolastiche autonome non hanno ancora del tutto compreso che l’autonomia non è un mero trasferimento di competenze dal centro alla periferia e, pertanto, non affrontano adeguatamente la sfida dell’orientamento al servizio (cioè del conseguimento dei risultati esplicitamente definiti), dell’orientamento a presidiare i processi più che le procedure: non utilizzano, per dirla esplicitamente, tutte le possibilità legislativamente consentite connesse alla flessibilità strategica, strutturale e operativa.
In queste condizioni l’autonomia delle scuole rischia di essere una “finzione giuridica”. L’autonomia reale è un’altra cosa, si fonda su basi diverse, solide e non effimere e precarie. Questa autonomia, così com’è oggi, nel migliore dei casi è un’autonomia dimezzata, come il Visconte di Calvino. Per non dire una farsa. Diciamolo. |