Dopo l'agguato subìto ha deciso di lasciare la cattedra

Il caso di un insegnante preso a pugni dal padre di un alunno.

Prof aggrediti, bidelli pestati

la violenza cova tra i banchi

Scuole da Far West: viaggio tra minacce e vendette.

Alla dirigente della media Ignazio Florio è stata bruciata la macchina
Il custode della elementare Sciascia è stato picchiato
perché aveva detto ai genitori di stare oltre il cancello
Alla Falcone dello Zen tre irruzioni notturne di vandali in una settimana: furti, saccheggi, aule devastate. "Non c'è più niente da portare via"

di Enrico Bellavia da la Repubblica ed. di Palermo del 13/12/2004

 

Fiaccati dallo stillicidio di raid e incursioni, messi in fuga dalla violenza che serpeggia tra i banchi. Che si annida nei gesti di adolescenti bulli come di bambini cresciuti a tv e botte.

I più la violenza a scuola la vedono nelle aule a soqquadro, nei laboratori devastati, nei vetri in frantumi, nei distributori di merendine scassinati. Ignazio La Sala, no. Per 1.500 euro al mese, quel numero da statistica, quel fenomeno da analisi planetarie, quell'allarme episodico cavalcato dalla cronaca, lui lo ha preso direttamente in faccia. Uno studente, uno conosciuto per un quarto d´ora due giorni prima, lo indica al padre che a passo di carica gli si para contro, sorprendendolo seduto su una panchina. Tre cazzotti, mentre il ragazzo pianta calci agli stinchi del professore.

La Sala, professore di Chimica all'Iti Majorana, finisce in ospedale. E da allora non è più salito in cattedra. «Non posso tornare a insegnare. Io quel ragazzo non lo avevo mai visto, l´ho incontrato alla prima ora del 6 ottobre in quella classe dove non ero ancora entrato. Ha fatto delle battute, i compagni hanno riso, l´ho richiamato ed è uscito dalla classe. Gli ho detto che avrei fatto rapporto, anche perché non sapevo dove fosse andato. Non ho scritto parolacce, solo che aveva lasciato l´aula. Poi ho avuto con la madre un colloquio che si è chiuso bruscamente quando ha minacciato di denunciarmi. Subito dopo è arrivato il marito. Non sono né un pavido né un codardo, ho fatto anche a botte durante le infuocate assemblee sindacali, io nella Uil con i Cobas contro, ma quello che è successo mi ha fatto crollare il mondo addosso. Non volevo la testa del ragazzo, sono convinto ancora oggi che qualunque sanzione serva al recupero del rapporto con gli studenti. Quel che mi ha lasciato di sasso è il silenzio della scuola, quasi fosse normale ciò che era accaduto. Quel ragazzo era stato protagonista di altri episodi. E tuttavia neppure quando si è arrivati ai pugni in faccia ho visto una reazione. Non una occasione di dibattito pubblico, non una manifestazione di solidarietà. Anche per questo smetterò di insegnare».

In meno di un mese e mezzo l'aggressione a La Sala è il terzo agguato ai danni di insegnanti e bidelli. Alla preside della media Ignazio Florio a San Lorenzo, hanno bruciato la macchina. Lei, Angela Perricone, una fucina di iniziative sulla legalità nella scuola del piccolo Claudio Domino, assassinato a 11 anni, giura che pianterà ancora di più i piedi, convinta com'è che il rogo che le ha mandato in fumo l´automobile riguardi la scuola «ma non gli studenti e le loro famiglie». «Ci sono due istituzioni sociali in questo quartiere: la scuola e la parrocchia. Si resta e non si va via, anzi si lavora con più determinazione».

A un custode della elementare Sciascia, non troppo lontano da qui, hanno riservato un pestaggio. Lì c'entrano i genitori di un bambino invitati ad attendere fuori dal cancello l'uscita del figlio e per questo passati a menare le mani.

Tre episodi, tre storie di furia cieca nel tempio dell'educazione in un triangolo di scuole fra San Lorenzo e lo Zen. Lì dove ha sede anche la Falcone, forse l´elementare e materna più visitata dai vandali: tre irruzioni in sette giorni. Dopo due "visite" alla struttura di via Gino Zappa, per una settimana hanno dovuto chiudere i cancelli. Furti e saccheggi. Che fanno dire alla direttrice Silvana Ricotta Satariano che ormai «c´è ben poco da portar via, a parte la nostra serenità». A 58 anni, dopo 40 di scuola e 15 di Zen, anche lei se ne andrà. «Resisto per l'ultimo anno, volevo chiedere il trasferimento ma poi ho deciso di rimanere ancora un po', ora basta: tre lustri così mi hanno distrutto».

Due anni fa alla Falcone presero di mira anche il busto del magistrato sistemato nell´atrio. È una delle poche cose che hanno rimesso a posto. «Perché tanto si sa che torneranno a saccheggiare - spiega la direttrice - e a rompere tutto, e così anche chi deve provvedere lascia correre».

Della casa del portiere restano solo i pilastri, e dopo il viavai dei tecnici chiamati a riparare distributori di caffè e merendine sistematicamente distrutti per una manciata di spiccioli, agli insegnanti non resta che il termos.

Quattro anni fa un'insegnante era scappata da qui dopo aver rimediato uno sfregio al viso da una madre. Ha continuato a insegnare ma ha chiesto e ottenuto di passare alla De Gasperi. Pochi chilometri, un altro mondo.

Dopo l'Sos dei presidi riuniti sotto il cappello dell'associazione delle scuole autonome, Asas, il prefetto terrà alla Florio la prima di una serie di riunioni con il questore, i dirigenti scolastici e i responsabili comunali. «Buttarla sull'ordine pubblico è però un errore - dice il prefetto Giosuè Marino - C´è un innalzamento del tasso di violenza nella società e c´è l´obiettiva esigenza di fronteggiare gli assalti alle istituzioni scolastiche con una serie di presìdi di sicurezza passiva, dalle telecamere agli allarmi».
Al Comune dicono di averci pensato. E l'assessore all'Edilizia scolastica, Giovanni Avanti, confida di mandare in gara entro l'anno il piano per 75 edifici. Perché, è ovvio, non c´è solo lo Zen. Alla Cocchiara di via Gorgone, a Cruillas, hanno sigillato i lucchetti con la colla alla maniera degli esattori del pizzo. Alla materna del Borgo Vecchio si sono portati via i giocattoli. Alla elementare Capuana il preside ha denunciato il continuo ingresso di estranei che in qualche caso hanno anche picchiato gli alunni.

All'Umberto, uno dei licei classici d´eccellenza, tra l´incursione goliardica e la scorribanda vagamente politicizzata, in cinquanta venuti da fuori hanno rotto un vetro, danneggiato i manicotti degli estintori, sfasciato il dispenser delle merendine, sotto gli occhi di pochi bidelli ridotti all´impotenza. Alle 6 del pomeriggio di nove giorni fa. Al tecnico commerciale Crispi di via Campolo, dove i servizi igienici patiscono la guerra di carte bollate tra settori dell´amministrazione, hanno devastato un bagno. Episodi che convincono l'assessore provinciale al Patrimonio, Maurizio Caruso, a far sentire la propria voce invitando «alla collaborazione» le istituzioni e rintracciando nella vicenda degli allagatori del Parini di Milano una possibile chiave di lettura. Almeno per queste ultime scorribande: «Occorre armonizzare le risorse per agire su più fronti, tanto più che un singolo caso, amplificato da giornali e tv, può dare adito a forme di emulazione deleterie».

Per capi d´istituto che si affannano a reclamare uomini e mezzi, che talvolta si autotassano per una sirena o un sensore in più sistemato a difendere aule e banchi, tanti scelgono il basso profilo. Al Majorana, la scuola del professore La Sala, mille studenti con un destino da periti industriali e agrari che per tanti, il 30 per cento, si archivia al primo anno, il preside Isidoro Lo Piccolo ha fatto le cose con calma. Ha impiegato dodici giorni per riunire il consiglio di classe che ha poi inflitto al giovane che aveva spalleggiato il padre nel pestaggio il massimo della sanzione: 15 giorni di sospensione, durante i quali dovrà sostenere colloqui con uno psicopedagogista. La vicaria della scuola si è invece affrettata a bacchettare i giornali perché «il collega non è stato pestato a sangue».

Nella sua casa immediatamente fuori città, La Sala coltiva le sue rose e guarda soddisfatto gli alberi di cachi. La notte dorme poco. E si fa un sacco di domande: «Sono un cliente del centro di igiene mentale di via La Loggia». Il telefono squilla poco, ormai. «Mi hanno chiamato solo cinque colleghi. Pochini per uno come me che ha fatto sindacato da una vita, che ancora un mese fa ripeteva a un´assemblea che l´ignoranza genera violenza, che dobbiamo modificare i programmi per colmare la distanza tra noi e gli studenti, che la scuola deve aprirsi al territorio, che ha tenuto la porta della sua stanza aperta a chi aveva necessità di una spiegazione supplementare, che è andato a comprare libri per chi non poteva permetterseli».
Al campanello hanno bussato alcuni dei suoi alunni. «Sono venuti a dirmi che erano con me e li ho ringraziati. Hanno salvato il rapporto con la mia famiglia. Perché è difficile spiegare a un figlio che il padre è stato preso a pugni da uno sconosciuto solo per aver fatto il proprio dovere. È fatale che si chieda come sia potuto accadere, che si interroghi su quello che davvero è successo. Perché è proprio questo il punto, e me lo chiedo anch'io: perché?».