Privacy : Garante e TAR d'accordo ,

trasparenza a scuola.

di Mauro Giannini dall'Ossevatorio della Legalità

pubblicato su Orizzonte Scuola il 4/12/2004

 

"Non e' vero che i voti scolastici devono restare segreti, non e' vero che gli studenti devono 'nascondere' la propria fede religiosa, non e' vero che i risultati degli scrutini devono rimanere clandestini". Lo afferma l'Autorita' Garante per la privacy (Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Gaetano Rasi, Mauro Paissan) in ordine a talune notizie riguardanti la il mondo della scuola.

Nonostante le pronte e numerose precisazioni del Garante, infatti, notizie come queste non smettono di essere riportate anche da quotidiani a carattere nazionale, senza le necessarie verifiche. L'Authority parla addirittura di "leggenda metropolitana" e chiarisce che non esiste alcun provvedimento del Garante che imponga di tenere segreti i voti dei compiti in classe, delle interrogazioni o gli scrutini, ne' di consegnarli agli alunni in busta chiusa, ne' tantomeno un tale provvedimento e' previsto dall'attuale Codice in materia di tutela dei dati personali.

Il Garante ricorda che dal 1997 con ogni mezzo ribadisce che i risultati degli scrutini – che non sono, peraltro, dati sensibili, soggetti a speciali tutele - devono essere pubblicati anche dopo l'avvento della normativa sulla privacy, per questioni di trasparenza. In ciascun albo scolastico, dove va pubblicato l'esito degli esami, l'unica forma di attenzione, come stabilito dal competente ministero, e' l'"indicazione della dizione non promosso nel caso di esito negativo".

E nessun Istituto puo' dotarsi, in nome dell'autonomia scolastica, di un proprio arbitrario regolamento sui dati "sensibili". Anche per quanto riguarda la pubblicita' data alla propria fede religiosa, il garante chiarisce che il necessario rispetto dell'eventuale volonta' di riservatezza non va confuso con la liberta' garantita dalla Costituzione, di manifestare liberamente le proprie convinzioni, anche di natura religiosa.

Il Garante rileva che la privacy e' stata utilizzata come un alibi per non applicare altre disposizioni di legge. Puo' configurarsi in quest'ultimo caso la vicenda sulla quale nei giorni scorsi il TAR della Basilicata e' stato chiamato a decidere che vedeva la famiglia di un alunno minorenne contrapporsi al preside dell'Istituto superiore frequentato dal figlio a Matera.

La vicenda, trascinatasi per tre anni, era nata per il rifiuto da parte del Preside di consentire la visione dei documenti scolastici del ragazzo. La famiglia invocava "la legge 241/90 (meglio conosciuta come legge sulla trasparenza) che sancisce il diritto del cittadino ad accedere agli atti della pubblica amministrazione che lo riguardano personalmente al fine di tutelare determinati interessi giuridici che potrebbero essere compromessi da un comportamento lesivo adottato dalla p.a.".

I genitori dell'allievo commentavano anche che "oltre alla legge sulla trasparenza, il mondo della scuola e' regolamentato da numerose circolari ministeriali e, non per ultimo, dallo stesso statuto delle studentesse e degli studenti che sanciscono che i documenti scolastici non sono ne' tabu' ne' tanto meno 'top secret'", per cui, prima di adire il Tribunale Amministrativo Regionale avevano cercato una soluzione bonaria investendo del caso tutte le autorita' scolastiche superiori.

Infine il ricorso al TAR, che ha ordinato l'esibizione dei documenti, ovviamente limitatamente agli estratti riguardanti il solo figlio dei ricorrenti per quanto non reso pubblico per legge.