La Moratti saggia il terreno:
industriali, sindacati e regioni contrari, allo
studio le modifiche.
Riforma superiori, prime manovre.
Tecnici convertiti in licei tecnologici, esperti
al posto dei prof.
di Alessandra Ricciardi da
ItaliaOggi del
14/12/2004
Lavori in corso a viale Trastevere per la
riforma delle secondarie. Dopo la scuola primaria, il ministero
dell'istruzione ha messo a punto la bozza di decreto di riforma della
scuola superiore (il cui testo è disponibile sul sito
www.italiaoggi.it). Un provvedimento che interviene tra l'altro anche
sull'accesso alla professione affidando (articolo 20) alle regioni,
nell'ambito delle proprie competenze, il compito di garantire che
l'insegnamento sia assegnato a personale abilitato ovvero ´a esperti
in possesso di documentata esperienza maturata per almeno cinque anni
nel settore professionale di riferimento'.
Il testo, attuativo della legge n. 53/2003, è
ancora in fase di elaborazione e il ministro dell'istruzione, Letizia
Moratti, ha dichiarato l'intenzione di sottoporlo al confronto con le
parti sociali agli inizi di gennaio. Il provvedimento dovrà poi
seguire un lungo iter, che prevede passaggi al consiglio dei ministri,
al parlamento e in Conferenza stato-regioni, prima di essere
definitivamente approvato entro ottobre del 2005. Ottobre e non marzo
2005: sei mesi in più rispetto alla prima scadenza che dovrebbero
consentire alla Moratti di raggiungere se non un accordo generalizzato
almeno un clima di maggiore serenità nel quale avviare la riforma. Gli
effetti dovrebbero prodursi dall'anno scolastico 2006/2007. Un
percorso lungo, e presumibilmente accidentato. La bozza infatti ha
raccolto più critiche che favori, dagli industriali ai sindacati, alle
regioni, che hanno indotto gli esperti del ministero a elaborare le
prime modifiche. Le linee guida prevedono in sostanza una
proliferazione del sistema dei licei che affiancherà ai tradizionali
classici, scientifici e linguistici, quelli economici, artistici e
tecnologici, per un totale di circa 20 diversi profili. Licei che
saranno in parte la specializzazione di indirizzi già esistenti, ma
anche la ´promozione' di istituti appartenenti al canale più
propriamente professionale. È il caso del liceo tecnologico, che
assorbirà gli attuali istituti tecnici.
Una modifica che sarà non solo nominale, visto che cambieranno anche i
programmi: entra lo studio della filosofia, escono almeno sei ore di
laboratorio. Attualmente sono infatti contemplate 36 ore settimanali,
delle quali otto con attività tecnico-pratiche. Con il liceo
tecnologico, le ore settimanali saranno di 30, a cui se ne
aggiungeranno al massimo tre facoltative. Una scelta di campo che non
piace agli industriali, i quali da tempo chiedono una preparazione
professionale di qualità, adeguata alla domanda del mondo del lavoro.
Il canale tecnico, che finora forniva una base importante per
l'accesso al lavoro, finirebbe per perdere, secondo via
dell'Astronomia, proprio quel profilo professionalizzante di cui le
imprese hanno bisogno.
Sul piede di guerra poi le regioni, a cui resterebbero solo i corsi
professionali: tre anni la durata dei corsi per un orario di almeno
990 ore annue. Troppo poco, nell'ottica di una riforma federale che
accentua il ruolo dei governatorati regionali.
Il titolo V della Costituzione prevede che siano le regioni a dover
gestire il personale, tutto il personale scolastico, e le linee di
indirizzo programmatico della formazione professionale. Allo stato va
invece la programmazione dei licei. Attualmente gli istituti tecnici
sono i più gettonati tra le scuole superiori, con circa 900 mila
studenti contro i 545 mila dei professionali e gli 800 mila alunni dei
licei, tra classici, scientifici, artistici.
Aggiudicarsi gli istituti tecnici significherebbe dunque gestire il
troncone dell'istruzione più consistente, una bella sfida per misurare
la forza di governo centrale e periferico, di ministero e regioni. Una
prova di forza nella quale la formazione professionale rischia di
restare la cenerentola dell'istruzione. Un risultato che invece
proprio la filosofia della riforma Moratti dovrebbe scongiurare. La
premessa della legge n. 53 è infatti la pari dignità tra istruzione e
formazione professionale, con l'utilizzo di passerelle che permettano
ai giovani di transitare da una canale all'altro senza dover
ricominciare tutte le volte daccapo. E sugli effetti della riforma per
le superiori mette in guardia anche Giuseppe Bertagna, uno dei padre
putativi della riforma: se la bozza di decreto dovesse essere
confermata, ´si scardina uno dei principi della riforma, un sistema
unico con due sottosistemi che dialogano e interagiscono tra loro'.
´Mentre l'avvio del confronto con i sindacati di categoria', dichiara
Enrico Panini, segretario nazionale della Cgil scuola, ´deve aspettare
il mese di gennaio, vengono resi noti dei contenuti della riforma che,
se confermati, apriranno inevitabilmente un nuovo fronte di scontro
fra la scuola e il governo'. Ribadisce la necessità di un confronto
vero Massimo Di Menna, segretario della Uil scuola, ´contrariamente a
quanto avvenuto per la primaria'. Anche lo Snals Confsal, pur se con
toni più cauti, esprime preoccupazione, in particolare sulle
´politiche del personale docente che dovrà essere, inevitabilmente,
protagonista della riforma'. Parla di un decreto confuso, ´che non
risolve i conflitti di competenza tra stato e regioni', Alessandro
Ameli, coordinatore nazionale di Gilda. La Cisl scuola di Francesco
Scrima punta invece l'attenzione sul sistema delle passerelle tra
istruzione e formazione professionale, un sistema che se non sarà
agile ed efficiente ´negherà nei fatti la pari dignità dei due canali'.