Latinorum e altro.
di Brizigrafo, da
ScuolaOggi
del 14/12/2004
Dopo il liceo tecnologico ecco che il latino si
fa strada anche nel liceo economico, un altro degli otto licei
previsti dalla legge 53. Verrà introdotto forse - la certezza è sempre
una chimera nella riforma morattiana - nel primo biennio.
Personalmente non ho niente contro la lingua degli antenati. L'ho
studiata a suo tempo con alterni risultati perché alterni erano i
docenti. Non che non sapessero il latino, intendiamoci, come spesso
accade pure negli altri insegnamenti non sapevano… insegnarlo. Quando
ho incontrato un anziano gesuita affascinante che tuonava in latino ho
trovato affascinante anche la materia. Transeat.
Ciò che mi lascia perplesso è l’inserimento di 13 discipline in 32 ore
settimanali nel primo biennio di una scuola secondaria di secondo
grado (per usare la dizione ufficiale) e tra queste anche il latino.
Si desume da un’ipotesi sperimentale toscana, dal momento che il MIUR,
sempre in ritardo sui tempi, sta demandando ad alcuni ITC l’avvio
anticipato e strisciante della riforma (vedi articolo "Ecce homo
oeconomicus"). Stessa cosa era avvenuta per la scuola dell’obbligo.
Ora mi domando: si può pretendere che un alunno quattordicenne
affronti tanto sapere tutto in una volta? È già di per sé una botta
mortale. Per forza poi che, ferma restando la scrematura degli
studenti più promettenti da parte dei licei più titolati, la
decimazione delle bocciature diventi inevitabile!
Del resto nei licei definiti “più titolati” non che le cose vadano
tanto meglio. Certo in un “corso ordinario” le ore settimanali nel
biennio sono 26 su 9 materie: decisamente più umano. Fosse per me
ridurrei ulteriormente e quantomeno spalmerei le ore di latino (4 alla
settimana nel primo anno e 5 nel secondo) su altre discipline tipo
inglese, matematica, storia o, che so, introducendo corsi di lettura
di autori contemporanei o scrittura creativa.
Ma allora ce l’ho con il latino? No, penso dovrebbe essere una materia
d’affezione, opzionale, piacere per la mente, in una scuola aperta
tutto il giorno e a disposizione degli studenti, ma non organizzata
come un materificio. Quando sento tuttora dire che il latino, o altri
insegnamenti, servono di nutrimento al cervello resto basito.
Garantito, tutto quello che non ingozza nutre, ma che argomentazione è
mai questa per introdurre una materia di studio? Perché allora non
introdurre il cinese che in quanto a tradizione culturale non scherza
e sarebbe sicuramente più utile sul breve termine considerando il
trend economico internazionale? Ben altre dovrebbero essere le
considerazione per le quali si inseriscono o si tolgono insegnamenti
in un ordinamento scolastico.
Questioni grosse, appena accennate, che richiederebbero grande
dibattito. Mi piacerebbe ne parlassero gli “addetti ai lavori” invece
di occupare il tempo ad inventarsi nuove “pagelle” e trovare anche i
soldi per stamparsele visto che il Ministero non provvede più.