Vertice informale dei ministri G8 sulla ricerca: varato un piano di sostegno all’Africa.

«Ma con la riforma migliorerà».

Moratti: attendiamo i dati ufficiali, la nostra istruzione è a uno snodo.

 

di Gabriela Jacomella da Il Corriere della Sera del 6 Dicembre 2004

 

DAL NOSTRO INVIATO
VENEZIA - «Il sistema educativo italiano sta attraversando uno snodo importante, è vero. Come del resto quello inglese, quello francese, quello russo. Ci sono problemi comuni, la formazione degli insegnanti, i sistemi di qualità. E ci sono scadenze molto attese, la prima martedì (domani, ndr ), con la pubblicazione del rapporto Pisa 2003. Che però, attenzione, misura i risultati del passato, non ancora quelli della riforma. Su questo, speriamo che gli esiti si vedano nel tempo...». Letizia Moratti si concede un sorriso, a chiusura del vertice veneziano dei ministri della ricerca del G8, conclusosi in assoluta segretezza nel pomeriggio di ieri. Le indiscrezioni su Pisa 2003, considerato «blindato» fino al 7 dicembre (e invece parzialmente diffuso già ieri su canali tedeschi e austriaci), qui non sono ancora arrivate. Ma il ministro non sembra nutrire molte speranze: «Se lo ricorda, Pisa 2000....». Sottinteso: meglio non aspettarsi grandi rivoluzioni, non su un così breve periodo almeno. E infatti.

Ma non è ancora, quello di ieri, il momento dei bilanci negativi. Anzi, l’entusiasmo nell’ entourage ministeriale è quasi palpabile, nonostante la pioggia che ingrigisce il Canal Grande. Perché insomma, non è impresa banale organizzare un vertice con otto ministri in carica, dal Giappone agli Stati Uniti, e il Commissario europeo Janez Potocnik, senza che nessuno si accorga di niente. Con buona pace dei new global, delle proteste anti Moratti, dell’acqua alta e dello shopping natalizio. Giusto qualche poliziotto in (incongrua) tenuta antisommossa, a presidiare l’albergo a pochi passi da San Marco dove per due giorni e mezzo si è tenuto il secondo vertice 2004 (il primo, a giugno, era stato in Francia) dei dicasteri della ricerca. Un appuntamento nato nel 1990, su impulso della Canergie Corporation di New York: una riunione informale, a porte chiuse, per confrontare strategie e sviluppare linee comuni. E senza impegni concreti. Finora.

Perché con l’incontro di giugno, e a maggior ragione con quello di ieri (il primo in cui la segretezza, benché «in extremis », è andata - volutamente - a farsi benedire), gli obiettivi cambiano. Si torna a casa con l’impegno preciso di coinvolgere in concreto i rispettivi governi, per «sviluppare piani d’azione su tre aree: biodiversità, gestione delle acque, uso dei dati geospaziali per risolvere il problema della fame e della povertà, in particolare, ma non solo, in Africa», snocciola il ministro. E se sulla biodiversità l’Italia vanta, a Roma, una scuola di dottorato con la Fao, quello dei sistemi geosatellitari applicati alla sicurezza alimentare (monitoraggio delle colture, gestione delle emergenze naturali) è un progetto tutto italiano, sviluppato su base multibilaterale (anche qui il partner è la Fao) e sostenuto concretamente dagli Usa. «Abbiamo già mappato un terzo dei Paesi africani - fa il punto il ministro -, di recente si sono aggiunti, autofinanziandosi, Libia e Sudafrica (che a sua volta sostiene Zimbabwe e Botswana), oltre ai Paesi Bassi e alla Banca mondiale. E con oggi si sono uniti anche Russia e Giappone». Un risultato importante, che permetterà «entro breve» di creare una rete di conoscenze con standard internazionali, «ma anche competenze locali. Così la scienza sarà realmente al servizio dei Paesi in via di sviluppo».