Riforma:
istituti professionali alle Regioni?
da
Tuttoscuola del 2
dicembre 2004
Stando alle indiscrezioni che circolano in viale
Trastevere, il decreto legislativo sul secondo ciclo (un unico testo
per i licei e per il sistema di istruzione e formazione professionale)
prevederebbe la permanenza degli attuali istituti tecnici e istituti
d’arte nell’area dei licei, mentre soltanto gli istituti professionali
sarebbero utilizzati per la costruzione del cosiddetto "secondo
canale".
Sarebbe questo l’orientamento maturato nei giorni scorsi, subito dopo
la decisione del Governo di spostare di sei mesi il termine per
l’adozione del decreto (dal 18 aprile al 18 ottobre 2005).
Non si sa peraltro attraverso quale procedura l’operazione potrà
essere gestita. In teoria, quando saranno messi a punto i nuovi piani
di studio per il sistema dei licei, ciascuna istituzione di scuola
secondaria di secondo grado, compresi gli attuali istituti
professionali, dovrebbe poter scegliere se e quali corsi attivare,
tenendo conto della domanda sociale. Se diventare, cioè, uno dei licei
o dei loro indirizzi, oppure optare per i corsi di istruzione e
formazione professionale (o una soluzione mista, secondo la proposta
bertagnana del "campus").
La soluzione allo studio appare diversa, e per la verità meno
semplice, delle altre due che erano state prospettate nel dibattito
dopo l’approvazione della legge n. 53: quella della licealizzazione di
tutta l’istruzione tecnica e professionale (già delineata dalla legge
n. 30 di Berlinguer), e quella della creazione di una vasta area
tecnico-professionale, come sbocco della domanda che si rivolge
attualmente agli istituti tecnici, professionali e d’arte (il 60%
della popolazione scolastica sta in questa fascia del sistema).
Questo secondo scenario è stato di fatto precluso dalla decisione di
articolare il liceo tecnologico, quello economico e quello artistico
in vari indirizzi, che si pongono di fatto in continuità con gli
attuali istituti tecnici e d’arte. Solo la non articolazione di questi
tre licei, e un'ampia intesa strategica tra lo Stato e le Regioni
avrebbe forse consentito di cogestire la transizione di tutta
l’istruzione secondaria superiore verso due sottosistemi di effettiva
pari dignità e consistenza sotto il profilo quantitativo e
qualitativo. Un obiettivo, pur enunciato nella riforma Moratti, che
nelle condizioni che si starebbero delineando - se le indiscrezioni
raccolte trovassero conferma - appare difficilmente perseguibile.