Il testo integrale del documento
che segna una svolta nella politica economica del Governo
Tagli ma anche sviluppo nel Dpef 2005-2008
La battaglia per una maggiore competitività del
Paese
da
ItaliaPuntoDoc del 4/8/2004
Documento di Programmazione Economico Finanziaria
per gli anni 2005-2008
I tagli senza sviluppo non porteranno l’Italia
fuori dal guado: non basteranno le manovre previste per 40 miliardi di
euro per cogliere la ripresa mondiale, in sostanza, se il Paese non
diventa più competitivo, cominciando dai servizi e dalle professioni.
E’ uno dei punti forti del Documento programmazione
economico-finanziaria 2005-2008 approvato dal Governo alla fine di
luglio e che non promette, economicamente, solo lacrime e sangue ma
riforme profonde del sistema. Il documento, di cui molto si parla, ma
non dettagliatamente, segna una svolta della politica economica del
Governo Berlusconi che coincide con l’arrivo del nuovo responsabile
dell’Economia Domenico Siniscalco. Senza spingere sull’acceleratore
della competitività l’Europa, e tanto più l’Italia, non riusciranno a
salire sul carro della ripresa su cui sono già saliti da tempo le aree
economiche degli Stati Uniti e dell’Estremo Oriente.
Il progetto di liberalizzazione e privatizzazione
dei servizi e per la riforma delle professioni
Documento di Programmazione Economico
Finanziaria per gli anni 2005-2008. Presentato dal Presidente del
Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi e dal Ministro dell’Economia
e delle Finanze Domenico Siniscalco Deliberato dal Consiglio dei
Ministri il 29 luglio 2004
DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA
2005-2008
Il Documento di Programmazione Economico e
Finanziaria espone gli andamenti dell’economia reale e le dinamiche
tendenziali e programmatiche della finanza pubblica. Questo Documento,
scaturito dal confronto collegiale nel Governo e da una consultazione
con gli enti locali e le parti sociali, indica una direzione di fondo
per lapolitica economica, quanto più possibile condivisa. Il Documento
è preceduto da una sintesi e diviso in quattro capitoli:
1) L’economia internazionale;
2) L’economia italiana;
3) Le linee guida della politica economica;
4) La politica per la competitività del
Mezzogiorno e delle aree sottoutilizzate del Centro Nord.
I contributi ricevuti per la stesura del
documento e della prossima Legge Finanziaria sono pubblicati sul sito
del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
INDICE
Sintesi
I IL CONTESTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO
I.1 La Congiuntura Economica e le Previsioni per
il 2004
I.2 Le Prospettive di Medio Termine
I.3 I Rischi delle Previsioni
II L’EVOLUZIONE DELL’ECONOMIA ITALIANA
II.1 L’Economia Italiana nel 2004
II.2 La Finanza Pubblica nel 2004
II.3 L’Andamento Tendenziale dell’Economia
Italiana nel Medio Periodo 2005-2008
II.4 Il Quadro Tendenziale della Finanza
Pubblica 2005-2008
III LE LINEE GUIDA DELLA POLITICA ECONOMICA
2005-2008
III.1 Credibilità, Competitività, Sviluppo
III.2 Il Quadro Macroeconomico Programmatico
2005-2008
III.3 Il Quadro Programmatico di Finanza
Pubblica 2005-2008
IV LA POLITICA PER LA COMPETITIVITÀ DEL
MEZZOGIORNO E DELLE AREE SOTTOUTILIZZATE DEL CENTRO NORD
IV.1 Le Tendenze Economiche Territoriali
IV.1.1 Il 2004 e il Quadro Tendenziale 2005-2008
IV.1.2 Gli Obiettivi Programmatici
IV.2 Gli strumenti
IV.2.1 La Politica Regionale Comunitaria e
Nazionale
IV.2.2 Le Infrastrutture: Progetti Strategici
Nazionali e Progetti Regionali
IV.2.3 Rafforzare ancora la Capacità delle
Amministrazioni Pubbliche
IV.2.4 Incentivi e Credito
SINTESI
Nel corso del 2004, l’economia mondiale ha continuato a rafforzarsi,
così da entrare in una delle fasi più brillanti dell’ultimo ventennio.
Questa ripresa in atto soprattutto negli Stati Uniti ed in Asia,
arriva in Europa e in Italia con ritardo ed attenuata. L’area
dell’euro è l’unica ancora divergente ed, in particolare, il gruppo
dei tre grandi paesi dell’Europa continentale - Francia, Germania,
Italia - soffrono da oltre trenta mesi una situazione di debolezza.
Sebbene i primi segnali di ripresa si vadano consolidando, lo sviluppo
è insufficiente, limitato come è per il 2004 all’1,2 per cento e per
l’anno successivo al 2,1 per cento. Una ripresa, anche rispetto al
ciclo precedente, inadeguata.Per i tre grandi paesi dell’Europa
continentale questo mancato sviluppo, che ha conseguenze negative sui
bilanci dei cittadini, sui conti delle aziende e sulle finanze
pubbliche, non trova spiegazione solo nell’avversa congiuntura. Le
economie di Francia, Germania, e Italia sembrano cadute in una sorta
di trappola della bassa crescita, per causa del loro crescente divario
strutturale nei confronti di quelle più dinamiche e per un gioco
inverso di aspettative e comportamenti. Minor innovazione, minore
produttività, minori ore lavorate per addetto, minor tasso di
partecipazione, minor competitività tengono bloccate le nostre
economie e spiegano il loro differenziale negativo in termini di
crescita reale e potenziale. Anche nel 2003, malgrado una crescita
dello 0,3 per cento, i conti pubblici italiani sono stati gestiti nel
rispetto dei parametri del Patto di Stabilità:l’indebitamento è
restato al 2,4 per cento del PIL e il debito è sceso al 106,2 per
cento,con una riduzione di due punti rispetto al 2002. Nel luglio del
2004, constatato il deterioramento dei conti rispetto alle previsioni
e l’avvicinamento al limite del 3 per cento nel rapporto deficit/PIL,
è stata presentata una manovra correttiva per 0,6 punti, pari a 7,5
miliardi di euro. A partire dal 2005, il deficit tendenziale si
assesta al 4,4 per cento e si riduce poi lievemente per il venir meno
delle misure una tantum, adottate negli anni di maggiore difficoltà.
Si richiede quindi una correzione strutturale dell’ordine di 1,7 punti
percentuali del PIL, giovandosi così il più possibile della ripresa
internazionale. Se questa fase dell’economia italiana fosse affrontata
solo con un aggiustamento dei conti pubblici si darebbe una risposta
inadeguata. Come se una impresa pretendesse di risolvere le proprie
difficoltà limitandosi a tagli di costi e investimenti, però
trascurando le ragioni della mancata crescita. Con l’aggravio che una
minore crescita frenerebbe anche quel risanamento delle grandezze di
finanza pubblica appunto espresse in rapporto al PIL. Pertanto, la
politica economica accorderà il risanamento finanziario con
l’accelerazione della crescita, come richiede questa fase. Se questa
diagnosi è condivisa, occorre una scossa per uscire dalla trappola
della bassa crescita. Occorre riavviare un modello di sviluppo basato
sui punti di forza dell’Italia, negli ultimi dieci anni sempre più
sbiaditi. Per questo, il Documento indica tre direttrici per la
politica economica, esposte qui di seguito nel loro ordine logico:
i) una correzione strutturale dei conti;
ii) un rilancio della crescita;
iii) una riduzione del debito sostenibile che accresca la credibilità
della politica finanziaria.
L’aggiustamento necessario per riportare il deficit dal 4,4 per cento
al 2,7 per cento nel 2005 è poco meno di due punti di PIL. Per la
Pubblica Amministrazione si richiede, dunque, un aggiustamento di
circa 24 miliardi. In base agli accordi con la Commissione e l’Ecofin,
non più di un terzo della correzione potrà consistere in misure una
tantum, intorno a 7 miliardi di euro. I 17 miliardi di euro di
aggiustamento strutturale restanti includono l’eventuale prolungamento
delle misure di riduzione della spesa del DL del luglio 2004, e
saranno principalmente concentrate sulla riduzione della spesa
corrente. L’aggiustamento corregge il deficit tendenziale, non la
situazione attuale. Ciò detto, è impensabile che queste correzioni
strutturali siano indolori. Dunque occorrerà individuare misure
economicamente non recessive e socialmente sostenibili.
Scuola, Sanità, Sicurezza e Servizi sociali non avranno a risentire
della politica economica del Governo che privilegia, anzi, la
richiesta di protezione sociale. La prudenza con la quale sono stati
valutati i numeri del quadro macroeconomico conferma l’intento di
ricercare, attraverso la credibilità, la condivisione del quadro.
Qualora le aspettative rispondessero, com’è prevedibile, alla scossa
della politica economica sarebbe più che ragionevole attendersi un
andamento della crescita anche migliore di quello indicato. Ma in una
misura che sarebbe oggi imprudente
quantificare. Per quante strategie economiche elabori il Governo, i
risultati dipenderanno, infatti, dall’agire di 60 milioni di persone,
libere di scegliere e concorrere così allo sviluppo. E’ pertanto
necessario il contributo di tutti: cittadini, famiglie, istituzioni,
parti sociali, terzo settore, ciascuno nell’ambito dei propri compiti
e responsabilità. Dai loro comportamenti dipende il successo del
disegno. La riduzione del debito, infine, è indispensabile per
generare appieno la spinta di cui l’economia italiana abbisogna e
rinforzarne la credibilità nei mercati finanziari, e
non solo. L’avanzo primario dovrà tendere al superamento del 4 per
cento nella fase transitoria. Sarà accelerata la politica di
privatizzazione degli attivi dello Stato. Si garantirà, in tal modo,
il profilo temporale più adeguato alla riduzione del debito. Le misure
di aggiustamento del disavanzo, di sviluppo e di stabile riduzione del
debito pubblico costituiscono un inscindibile assieme. Attuarne una
senza le altre sarebbe controproducente. Ma un mix di disciplina
fiscale e sviluppo costituisce, come è noto, la migliore ricetta per
la crescita.
I – IL CONTESTO INTERNAZIONALE ED EUROPEO
I.1 La Congiuntura Economica e le Previsioni per il 2004
La fase di rapida crescita dell’economia globale e del commercio
internazionale, iniziata nella seconda metà del 2003, è proseguita
anche nei primi mesi di quest’anno. Favorita da politiche monetarie e
fiscali fortemente espansive, l’attività economica è stata
particolarmente robusta negli Stati Uniti e in Giappone. La crescita è
rimasta sostenuta anche in Asia, America Latina ed Europa orientale,
Russia compresa. Per contro, stenta a consolidarsi nell’area
dell’euro; ostacolata com’è dalla debole domanda interna, dalle
rigidità strutturali e dai vincoli della politica monetaria e di
bilancio. Un ulteriore elemento positivo nella congiuntura mondiale è
che le recenti tensioni sui prezzi delle materie prime, e soprattutto
di quelli petroliferi, non siano state giudicate allarmanti dalla
Federal Reserve. La svolta nella politica monetaria americana si
preannuncia comunque graduale nel prossimo futuro.
Gli Stati Uniti
Negli ultimi sei mesi la crescita del PIL americano, in termini
annualizzati, è stata pari al 4 per cento e ha riguardato tutte le
componenti della domanda. Quel settore manifatturiero che fino a
qualche tempo fa era ancora in difficoltà appare nuovamente in
crescita. E’ ormai avviato un auto-alimentarsi della crescita, dopo
che l’economia americana ha ricominciato a generare posti di lavoro in
grande quantità (circa un milione negli ultimi tre mesi). Era stata
proprio la mancata ripresa dell’occupazione a sollevare il timore che
la crescita dei consumi potesse altrimenti esaurirsi in breve tempo.
Con la ripresa dell’occupazione si confermano dunque le attese di un
robusto tasso di sviluppo, almeno per tutto il resto dell’anno. Nel
2004 la crescita del PIL è stimata pari al 4,6 per cento, in netta
accelerazione rispetto al 3,1 per cento del 2003. Benché l’economia
americana stia crescendo ad un tasso maggiore di quello potenziale,
l’inflazione rimane sotto controllo. Gli incrementi della produttività
e la moderata dinamica salariale sono riusciti finora a
controbilanciare l’aumento dei prezzi delle materie prime e del
petrolio. I tassi d’interesse si mantengono sui livelli più bassi
degli ultimi cinquant’anni.
Il Giappone
Dopo anni di ristagno, l’economia giapponese è cresciuta ad un tasso
annuo superiore al 6 per cento negli ultimi due trimestri; anche per
il secondo trimestre del 2004 si prevede un tasso di sviluppo elevato.
La crescita è trainata dalle esportazioni, in aumento del 15 per cento
nel primo trimestre, che trovano negli Stati Uniti e negli altri paesi
asiatici i loro principali mercati. Ma l’elemento nuovo dell’attuale
congiuntura giapponese è la ripresa dei consumi privati con un aumento
di oltre il 4 per cento negli ultimi due trimestri. Dopo anni di
privazioni causati dagli effetti della bolla speculativa ed il
tramonto del concetto di “occupazione a vita”, il consumatore
giapponese ha ritrovato la voglia di spendere, anche in beni
voluttuari. La ripresa quindi può dirsi più solida di quelle troppo
effimere generate nel passato solo da massicce dosi di spesa pubblica.
E’ notevolmente migliorato il clima di fiducia e la propensione ai
consumi. Il tasso di disoccupazione rimane tuttavia elevato per gli
standard giapponesi e la dinamica salariale molto contenuta. Le spinte
deflazionistiche si sono in effetti ridotte, ma i prezzi al consumo
continuano a diminuire. In queste condizioni, la politica monetaria
rimane fortemente espansiva anche al fine di continuare il
miglioramento della gestione delle sofferenze bancarie. Per l’anno in
corso si prevede un tasso di crescita del PIL intorno al 3 per cento.
La Cina e l’India
Il contributo della Cina alla congiuntura mondiale continua ad essere
importante, nonostante il tentativo in atto di frenare la crescita con
una politica economica meno espansiva così da riassorbire alcuni
squilibri settoriali. Nel 2003, gli investimenti sono velocemente
aumentati, fino a rappresentare il 47 per cento del PIL; il credito
bancario è cresciuto del 21 per cento. I risultati della nuova
politica appaiono però evidenti già dalle stime di crescita cinese per
l’anno in corso. Nel 2004, l’economia del paese asiatico dovrebbe,
infatti, registrare una crescita dell’8 per cento, inferiore al 9,1
per cento del 2003. Altrettanto robusta appare la crescita del PIL
dell’India, stimato in aumento del 7 per cento nel 2004, in linea con
il risultato del 2003.
L’Area Euro
La crescita annua del PIL è stata pari al 2,4 per cento nel primo
trimestre, superiore alle attese. Tuttavia le incertezze ancora in
corso sull’andamento del mercato del lavoro e dell’inflazione, che ha
oltrepassato la soglia del 2 per cento, incidono sui comportamenti
delle famiglie europee. Esse esprimono livelli di consumo
relativamente bassi suscitando qualche apprensione sulla solidità
della ripresa. Le imprese dell’area si mostrano più ottimiste sulle
prospettive di medio periodo e la produzione industriale è in
progressivo miglioramento.
Nel primo trimestre di quest’anno la crescita del PIL in Francia è
stata del 3,2 per cento e le previsioni confortano l’ipotesi di una
crescita del PIL 2004 superiore alle stime ufficiali. Più debole
appare invece la ripresa tedesca, trascinata esclusivamente dalle
esportazioni. I consumi risentono dell’elevato tasso di disoccupazione
e delle incertezze introdotte dalle, pure lì inevitabili, riforme
strutturali. Le previsioni di consenso per l’intero 2004 indicano un
tasso di crescita dell’1,7 e 1,4 per cento rispettivamente per Francia
e Germania. Il PIL dell’intera area dell’euro
nello stesso periodo dovrebbe raggiungere l’1,6 per cento di crescita.
Nell’Unione Europea allargata a 25 paesi, l’aumento del PIL è previsto
al 2,1 per cento grazie al contributo dei nuovi Paesi membri.
L’Economia Mondiale, il Commercio e i Prezzi
Nel 2003 il tasso di crescita del PIL mondiale è stato il più elevato
da tre anni, con una crescita del 3,5 per cento. Ha proseguito ancora
ad accelerare nel primo trimestre 2004.
Va però sottolineato come l’attuale fase di ripresa negli USA sia in
linea con quella del ciclo precedente e anche la performance del
Giappone sia decisamente migliore di quella della prima metà degli
anni Novanta. E’ invece purtroppo evidente il ritardo della UE, non
solo rispetto agli altri Paesi OCSE, ma anche in confronto alla
crescita del ciclo precedente.
Sostenuto dalla forte crescita dell’economia mondiale, il commercio
internazionale dovrebbe aumentare dell’8,6 per cento nel 2004. Il
prezzo del petrolio si attesta intorno ai 34 dollari al barile, dopo
aver sfiorato i 40 dollari nei primi mesi dell’anno. Per i prezzi
delle materie prime non energetiche, in dollari, e per quelli dei
manufatti misurati in valuta nazionale si prevedono incrementi
rispettivamente del 15 e del 3 per cento.
I.2 Le Prospettive di Medio Termine
In linea con le previsioni dei principali organismi internazionali,
l’economia mondiale continuerà a crescere a ritmi sostenuti anche nei
prossimi anni. Nel 2005 previsto solo un leggero rallentamento dovuto
alla minore crescita degli Stati Uniti per effetto del graduale
inasprimento della politica monetaria. Anche per la Cina, che dovrebbe
scontare gli effetti di un graduale inasprimento della politica
monetaria, è stata recepita l’ipotesi di un leggero rallentamento
della crescita. Invece l’area dell’euro dovrebbe beneficiare di una
significativa accelerazione del tasso di crescita, dall’1,7 per cento
previsto per quest’anno al 2,4 per cento nel 2005. Per gli anni
successivi si prevede un ulteriore, lieve rallentamento dell’economia
globale, entrata ormai nella fase matura del ciclo. Pertanto nel
periodo 2006-2008, la crescita degli Stati Uniti dovrebbe aggirarsi
poco sopra il 3 per cento, quella del Giappone intorno all’1 per cento
e quella europea circa al 2,5 per cento; senza considerare gli effetti
di eventuali politiche di bilancio. Dopo le accelerazioni del
2004-2005, il commercio mondiale, riflettendo l’andamento della
crescita dell’attività economica, dovrebbe stabilizzarsi su tassi
vicini all’8 per cento. Nell’arco di tempo considerato non si
prevedono spinte inflazionistiche; il prezzo del petrolio dovrebbe
scendere gradualmente e quelli delle altre materie prime non
energetiche e dei manufatti accrescersi a ritmi contenuti.
I.3 I Rischi delle Previsioni
Da molti anni le prospettive per una crescita sostenuta e bilanciata
dell’economia mondiale non erano così favorevoli. Vanno tuttavia
ricordati due generi di rischi che potrebbero ostacolare questo
scenario positivo. Anzitutto l’eventualità di un rallentamento della
crescita negli Stati Uniti per effetto di politiche monetarie e
fiscali troppo restrittive, indotte dalla necessità di riassorbire il
saldo della bilancia commerciale e i disavanzi del bilancio pubblico.
In secondo luogo si potrebbe verificare una decelerazione del tasso di
sviluppo del Giappone per effetto dell’indebolimento della domanda
interna e delle esportazioni. Infine, un ulteriore rischio potrebbe
derivare da un troppo rapido ridimensionamento della crescita cinese,
qualora non si verificasse l’atterraggio morbido auspicato dalle
autorità di Pechino. A soffrirne sarebbero le economie dell’Asia e il
delicato meccanismo di finanziamento dei deficit degli Stati Uniti.
Nella seconda tipologia di rischio rientra l’aggravarsi della
situazione geo-politica in Medio-Oriente. L’inasprimento del clima
politico potrebbe aumentare l’avversione al rischio di famiglie ed
imprese e spingere in alto il prezzo del petrolio. Tale aumento
generando inflazione si rifletterebbe sulla crescita del PIL delle
economie industrializzate, sia per l’anno in corso che per gli anni
successivi. Nell’insieme va tuttavia ribadito che lo scenario
economico internazionale permane straordinariamente favorevole e
garantisce all’Europa e all’Italia le migliori condizioni per favore
la propria ripresa.
II – L’EVOLUZIONE DELL’ECONOMIA ITALIANA
II.1 L’Economia Italiana nel 2004
Gli Sviluppi Recenti
Dopo la battuta d’arresto avvenuta alla fine dell’anno scorso,
l’economia italiana è tornata a crescere nel primo trimestre del 2004
con un incremento del PIL pari allo 0,4 per cento. Il contributo
maggiore alla crescita è stato fornito dai consumi privati, aumentati
dello 0,8 per cento, il tasso più elevato dall’inizio del 2000. Ma
sensibile è anche l’inversione di tendenza nella spesa per
investimenti, cresciuta del 2,5 per cento
dopo quattro trimestri di costante declino. Il contributo del settore
estero è rimasto negativo, seppur ridimensionato rispetto al trimestre
precedente che aveva sottratto 0,5 punti percentuali alla crescita del
PIL. Quest’ultima, tanto più significativa in quanto avviene
nonostante una riduzione delle scorte dello 0,4 per cento. Il livello
della domanda finale risulterà più in linea al livello della
produzione e quindi ogni suo
incremento potrà tradursi in immediata crescita. Gli indicatori
congiunturali disponibili segnalano una prosecuzione della ripresa
dell’economia italiana anche nel secondo trimestre. L’indice
destagionalizzato della produzione industriale, che aveva registrato
una contrazione congiunturale dello 0,4 per cento nel primo trimestre
del 2004, è aumentato dello 0,3 per cento nel bimestre aprilemaggio,
grazie soprattutto al buon andamento dei settori dei beni di consumo e
intermedi. Questo aumento interrompe una tendenza negativa in atto da
alcuni mesi ed è
stato favorito, anzitutto, dal ritorno delle scorte a livelli normali.
Anche il fatturato ha registrato un andamento positivo nel mese di
aprile, con un aumento del 3,6 per cento rispetto al mese precedente;
la crescita è stata più forte sul mercato interno che su quello
estero.
La ripresa del mercato interno è confermata dall’incremento delle
vendite di autovetture, cresciute nel periodo aprile-maggio del 12 per
cento, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Le Previsioni per il 2004
Considerati gli incoraggianti segnali di ripresa dell’attività interna
e il positivo andamento dell’economia mondiale, la crescita
dell’Italia nel 2004 è stimata all’1,4 per cento. Un valore in lieve
miglioramento rispetto alle previsioni della scorsa primavera.
Mettendo in conto gli effetti della manovra correttiva di bilancio
pari a 7,5 miliardi di euro, la nuova stima di crescita si riduce,
pertanto, all’1,2 per cento; in linea con le ultime previsioni del
Fondo Monetario e della Commissione Europea. Questa stima è da
ritenersi prudente. Lo stimolo maggiore alla crescita dell’economia
italiana dovrebbe provenire dalla domanda interna. Una volta superata
l’inattesa flessione del quarto trimestre 2003, i consumi privati
dovrebbero continuare a crescere, alimentati dall’incremento del
reddito disponibile e della ricchezza finanziaria e immobiliare delle
famiglie. Trainata dalla ripresa dei consumi e delle esportazioni,
proseguirebbe anche la crescita degli investimenti. Dopo la prolungata
flessione registrata nel 2003, si stima un incremento dell’1,9 per
cento. Per contro, ci si attende un qualche inevitabile
ridimensionamento del tasso di investimenti nelle costruzioni, a causa
del graduale esaurirsi del ciclo della edilizia residenziale. La
vigorosa ripresa economica internazionale favorirebbe a sua volta il
rilancio delle esportazioni dopo la flessione del biennio 2002-2003.
Il settore estero, tuttavia, continuerebbe a dare, per il terzo anno
consecutivo, un apporto negativo alla crescita, seppure ridotto dal
-0,9 per cento del 2003 al -0,2 per cento del 2004. Il saldo corrente
della bilancia dei pagamenti, pur in miglioramento, risulterebbe
ancora negativo dell’1,3 per cento in rapporto al PIL, contro l’1,5
per cento del 2003. Dal lato dell’offerta, l’industria in senso
stretto, beneficiando della ripresa delle esportazioni, si avvia a
registrare un aumento, in termini di valore aggiunto, del 2,0 per
cento rispetto alla contrazione dell’1 per cento nell’anno precedente.
Peraltro, la crescita del settore delle costruzioni si stima in
rallentamento, dal 2,5 per cento del 2003 allo 0,9 per cento. Inoltre,
il valore aggiunto nel settore dei servizi salirà prevedibilmente
dallo 0,6 per cento all’1,1 per cento. Anche nel 2004 la crescita
dell’occupazione continuerà ad essere positiva con un incremento dello
0,4 per cento. I nuovi posti di lavoro saranno creati prevalentemente
nel settore dei servizi privati e delle costruzioni.
In presenza di un lieve rallentamento dell’offerta di lavoro, il tasso
di disoccupazione si stabilizzerebbe all’8,7 per cento, poco al di
sotto alla media europea. Le retribuzioni lorde pro-capite
registrerebbero un aumento del 2,7 per cento. Il costo del lavoro per
unità di prodotto, giovandosi del forte recupero di produttività,
segnerà una crescita pari al 2 per cento, dimezzata rispetto al 2003.
In conclusione, tutti gli elementi disponibili confortano l’esistenza
di una graduale ripresa in atto che trova nei consumi il suo punto di
forza e che tende a consolidarsi.
Tanto che, malgrado il clima di fiducia rimanga a livelli storici
molto bassi, è ragionevole attendersi una discreta tenuta dei consumi
tale da alimentare la ripresa. Essa permane tuttavia insufficiente ad
imprimere una decisa accelerazione alla crescita, come quella
necessaria a centrare gli obiettivi di Lisbona.
Il Confronto con le Previsioni del DPEF 2004-2007
Rispetto agli obiettivi indicati nel DPEF dello scorso anno, la stima
della crescita del prodotto interno lordo per il 2004 è stata rivista
al ribasso dal 2,0 all’1,2 per cento. La crescita pari a zero del
quarto trimestre dello scorso anno ha prodotto un effetto statistico
di “trascinamento” molto forte che abbassa notevolmente la media del
2004, malgrado sia rimasto invariato il profilo della crescita in
corso d’anno. Considerata la revisione al ribasso della crescita,
l’aumento dell’occupazione risulterà lievemente inferiore a quanto
previsto: il tasso di disoccupazione si attesterà.
II.2 La Finanza Pubblica nel 2004
Nel Documento di Programmazione dello scorso anno il Governo indicava
nell’1,8 per cento del PIL l’obiettivo di indebitamento per il 2004,
correlato ad una ipotesi di crescita del 2 per cento. Per conseguire
un tale obiettivo il Governo approntava una manovra correttiva,
dell’ordine dell’1 per cento del PIL, la cui composizione teneva conto
della difficile congiuntura, affiancando a misure una tantum
provvedimenti di riduzione strutturale della spesa. La revisione della
previsione di crescita per sette decimi di punto rispetto a quanto
stimato in precedenza imponeva nella Relazione Previsionale e
Programmatica di ricollocare il rapporto dell’indebitamento netto al
2,9 per cento del PIL. La nuova stima assumeva la complessiva valenza
della manovra finanziaria per il 2004, il puntuale rispetto del Patto
di Stabilità Interno da parte degli enti territoriali, la
realizzazione del programma di alienazione degli immobili e una
rigorosa gestione della spesa corrente. I conti pubblici nella prima
parte dell’anno evidenziavano, peraltro, un andamento non coerente con
l’evoluzione stimata per effetto della dinamica espansiva in alcuni
comparti della spesa. Il Governo, impegnato a mantenere per l’anno in
corso il deficit al di sotto della soglia del 3 per cento, volontà
fermamente espressa anche in sede europea, provvedeva allora ad
assumere, con decretazione d’urgenza, le necessarie misure di
correzione dei saldi di finanza pubblica. Già nel corso del mese di
giugno, a contenimento della spesa farmaceutica in forte crescita
rispetto allo scorso anno, era intervenuto, secondo quanto previsto
nella Legge Finanziaria per l’anno in corso, disponendo con il D.L.
156/2004 che i maggiori oneri rispetto al tetto previsto fossero posti
a carico delle aziende farmaceutiche nella proporzione del 60 per
cento e delle Regioni del 40 per cento. Le misure adottate con il D.L.
n. 168 nel mese di luglio producono una riduzione del deficit per
l’anno in corso di circa 6 decimi di punto percentuale. Gli interventi
sono incentrati prevalentemente dal lato della spesa e prevedono una
razionalizzazione del piano degli incentivi e dei trasferimenti alle
imprese private e pubbliche, il potenziamento dell’attività di
centralizzazione degli acquisti da parte della Consip e il controllo
stringente della spesa dell’amministrazione centrale, attraverso una
contrazione delle autorizzazioni di competenza dei singoli Ministeri.
Per gli Enti territoriali, in presenza di criticità manifestate sul
fronte della spesa conseguente ai miglioramenti contrattuali del
biennio 2002-2003, viene previsto, ai fini del rispetto del Patto di
Stabilità Interno, un contenimento delle spese per consumi intermedi
cui sono vincolati gli enti inadempienti. Il complesso delle misure
comporta un contenimento del deficit per circa 3,6 miliardi. A tali
interventi si aggiungono provvedimenti che incrementano le entrate
tributarie per circa 2 miliardi attraverso la razionalizzazione e
omogeneizzazione del regime fiscale relativo alle banche, alle
fondazioni e alle assicurazioni, nonché la revisione delle imposte
connesse alle compravendite immobiliari, con esclusione della prima
casa. A complemento della manovra il Governo si impegna ad assumere
ulteriori provvedimenti amministrativi per circa 2 miliardi.
L’aggiustamento complessivo consente di ricondurre l’indebitamento
netto al 2,9 per cento del PIL, livello in linea con quanto indicato
nell’Aggiornamento della Relazione Previsionale e Programmatica. Anche
nell’ambito del conto del settore statale, che nel primo semestre del
2004 ha evidenziato un’evoluzione del fabbisogno superiore a quanto
registrato nel 2003, la correzione aggiuntiva unitamente al
concentrarsi, nella seconda parte dell’anno, degli effetti finanziari
delle misure previste nella manovra finanziaria per il 2004, consente
di confermare il fabbisogno dell’anno al livello di circa 62 miliardi,
come indicato nella Relazione di Cassa. Il debito pubblico, sulla base
della realizzazione del programma di dismissioni e cessioni di
attività per un valore di circa 19,5 miliardi, è atteso collocarsi al
106 per cento del PIL.
II. 3 L’Andamento Tendenziale dell’Economia Italiana nel Medio Periodo
2005-2008
Dopo i deludenti risultati del biennio trascorso dovrebbe registrarsi
nel 2004 una crescita dell’1,2 per cento in grado di accelerare
all’1,9 per cento nel 2005. Nel triennio 2006-2008 si prospetta una
lieve accelerazione dell’economia italiana, con una crescita del PIL
intorno al 2 per cento, valore di poco superiore al potenziale di
lungo periodo, ma insufficiente per creare abbastanza occupazione e
risanare i conti pubblici.
La Crescita nel 2005
Nel 2005 l’economia italiana dovrebbe beneficiare del previsto
consolidamento dell’economia mondiale, del rinnovato vigore degli
scambi internazionali e della tenuta della domanda interna. In questo
scenario l’aumento del PIL è stimato pari all’1,9 per cento.
Dal lato delle componenti interne della domanda, la discesa
dell’inflazione, accompagnata da un ritrovato dinamismo del mercato
del lavoro, dovrebbe consentire una crescita dei consumi delle
famiglie dell’1,9 per cento. Il 2005 dovrebbe essere caratterizzato da
un recupero del 2,9 per cento degli investimenti, favorito
dall’andamento della domanda interna, dalla ripresa delle
esportazioni, ma soprattutto dalla persistenza di condizioni
favorevoli di finanziamento. Questi fattori gioverebbero al
consolidarsi di aspettative positive nelle imprese e inoltre gli
investimenti nel comparto attrezzature e macchinari, in crescita del
3,7 per cento, beneficerebbero dei migliori margini aziendali e di un
maggior grado di utilizzo degli impianti. Le esportazioni
registrerebbero un recupero, sospinte dalla favorevole evoluzione del
commercio internazionale, stimato in aumento del 10,2 per cento nel
2005, ma anche dal miglioramento della competitività derivante dalla
stabilizzazione del tasso di cambio. Si prevede un’accelerazione dal
2,2 per cento stimato per l’anno in corso al 6 per cento. Il
contributo delle esportazioni nette alla crescita del PIL rimarrebbe
tuttavia marginalmente negativo dello 0,2 per cento, a seguito della
crescita delle importazioni. Pur migliorando il saldo di conto
corrente della bilancia dei pagamenti dovrebbe rimanere negativo, per
gli effetti derivanti dalla caduta delle esportazioni nel biennio
2002-2003, e malgrado l’andamento non penalizzante delle ragioni di
scambio. Dal lato dell’offerta, si stima una crescita del valore
aggiunto dell’industria in senso stretto del 2,8 per cento, sostenuta
dalla ripresa delle esportazioni e degli investimenti. La crescita dei
servizi, 1,7 per cento, sarà sospinta dalla spesa delle famiglie,
oltre che dalla ripresa stessa dell’industria. L’occupazione
tornerebbe a crescere a ritmi più sostenuti, 0,7 per cento, ma
contenuta dalle esigenze di migliorare la produttività che
nell’industria in senso stretto dovrebbe raggiungere il 2,7 per cento.
Pertanto, il tasso di disoccupazione, dopo essere diminuito
progressivamente negli ultimi anni, si dovrebbe assestare intorno
all’8,6 per cento, scontando una ripresa della dinamica delle forze
lavoro, indotta anche dal miglioramento ciclico. La crescita della
produttività, stimando un rallentamento del costo del lavoro dal 2,9
per cento dell’anno in corso al 2,8 per il 2005, consentirà una
marcata decelerazione del costo del lavoro per unità di prodotto.
Questa evoluzione favorevole del CLUP dovrebbe compensare l’attesa
ripresa dell’inflazione importata, indotta dal permanere di tensioni
sui prezzi delle materie prime, in particolare quelle energetiche. In
diminuzione rispetto al 2,3 per cento atteso per il 2004, il tasso
d’inflazione dovrebbe attestarsi intorno al 2,0 per cento, in linea
con la previsione elaborata dalla Commissione Europea.
La Crescita nel Triennio 2006 – 2008
Le previsioni tendenziali a legislazione vigente per il periodo
2006-2008 indicano una crescita del PIL intorno al 2 per cento,
inferiore a quella attesa per l’area euro (2,4 per cento). La spinta
proveniente dal ciclo internazionale si attenuerà progressivamente a
partire dal 2006, riflettendosi sulla crescita delle esportazioni. Il
rallentamento delle esportazioni rifletterà anche la particolare
specializzazione produttiva delle nostre imprese nei settori a
medio-basso contenuto tecnologico, nonché i difetti di competitività
del nostro sistema produttivo. Il contributo delle esportazioni nette
dovrebbe mantenersi, quindi, leggermente negativo per tutto il periodo
previsto. A sostenere la crescita del PIL sarà ancora una volta la
domanda interna, in particolare i consumi delle famiglie. Dal lato
della produzione, è attesa una crescita del valore aggiunto
nell’industria in senso stretto a ritmi del 2,8 per cento. In linea
con essa, la crescita dell’occupazione si attesterebbe intorno allo
0,7 per cento.
Il tasso di disoccupazione nel triennio considerato dovrebbe scendere
lentamente, fino all’8,3 per cento nel 2008. In presenza di impulsi
inflazionistici esterni molto limitati, in linea con le ipotesi
assunte nel quadro internazionale, e di una dinamica salariale
contenuta, coerente con
l’andamento della produttività, l’inflazione nella media del triennio
dovrebbe mantenersi poco al disotto del 2 per cento.
II.4 Il Quadro Tendenziale di Finanza Pubblica 2005-2008
Il quadro tendenziale di finanza pubblica per gli anni 2005-2008, è
stato costruito sulla base della legislazione vigente in relazione
all’evoluzione attesa per l’anno 2004. Le singole categorie di spesa e
di entrata sono state stimate sulla base delle seguenti ipotesi: Le
retribuzioni pubbliche sono state valutate incorporando gli effetti
correlati al rinnovo del contratto per il biennio 2004-2005 secondo
quanto previsto dalla Legge Finanziaria per il 2004, mentre per gli
anni successivi, coerentemente con il criterio della legislazione
vigente, incorpora solamente gli oneri connessi alla corresponsione
dell’indennità di vacanza contrattuale, secondo l’attuale cadenza
biennale prevista; Il numero dei dipendenti del complesso delle
Amministrazioni Pubbliche è ipotizzato sostanzialmente invariato per
l’intero periodo previsionale;
La spesa per consumi intermedi, comprensiva di quella per la sanità, è
stata stimata per il 2005 ad un tasso di crescita superiore a quello
del PIL nominale e successivamente con una elasticità implicita
rispetto al PIL nominale pari ad 1; La spesa sanitaria è stata
valutata sulla base di un tasso di crescita medio nel periodo
2005-2008 del 3,7 per cento, che tiene conto, oltre che degli indicati
criteri previstivi concernenti la spesa del personale, anche
dell’evoluzione più recente, nonché degli effetti finanziari correlati
alle misure finalizzate al contenimento della spesa per acquisti beni
e servizi e farmaceutica adottate con decretazione d’urgenza nel mese
di giugno. L’indicato livello medio di crescita risente anche della
circostanza che nell’anno 2004 si realizza la corresponsione di
rilevanti arretrate contrattuali. L’incidenza sul PIL della spesa
sanitaria passa dal 6,3 per cento del 2003 al 6,5 per cento del 2008;
La spesa per pensioni è stata stimata sulla base di un tasso di
variazione medio
nel periodo pari a circa il 4,2 per cento, correlato al numero di
pensioni di nuova liquidazione, ai tassi di cessazione stimati e alle
regole in vigore di rivalutazione delle pensioni in base
all’inflazione. In virtù di tali ipotesi, l’incidenza della spesa
pensionistica sul PIL è prevista rimanere sostanzialmente invariata
per l’intero periodo, collocandosi nel 2008 al 14,2 per cento del PIL.
L’insieme delle prestazioni sociali in denaro è stimato attestarsi a
fine periodo al 17,1 per cento del PIL, livello inferiore a quello del
2004; La spesa per interessi è stata valutata tenendo conto
utilizzando i tassi forward rilevati dalla struttura per scadenze dei
tassi di mercato; La spesa in conto capitale è stata stimata in
relazione alle nuove autorizzazioni determinate dalle precedenti
finanziarie, al loro stato di attuazione e all’entità dei residui. La
dinamica della spesa esclude gli interventi di competenza dell’ANAS
S.p.A., assunta come impresa esterna al comparto delle Amministrazioni
pubbliche; Per le aziende di servizio pubblico, Poste Italiane e F.S.
si è proiettato un consolidamento della loro situazione economica, con
un utile destinato interamente all’autofinanziamento; Per le entrate
tributarie il gettito è stato stimato scontando il venir meno degli
incassi relativi a misure una tantum. In assenza di gettito correlato
a misure straordinarie, la pressione fiscale è prevista ridursi nel
2005 di un punto percentuale attestandosi al 40,8 per cento e
mantenersi sostanzialmente costante nel triennio successivo ; Per i
contributi sociali è stata valutata una crescita con una elasticità
media nel periodo dello 0,8 rispetto al PIL, sostanzialmente in linea
con i valori storici. Il profilo delle stime sugli andamenti delle
entrate e delle spese delle Amministrazioni pubbliche nel quadriennio
2005-2008, riportate nella tavola seguente, evidenzia il permanere di
un rapporto tendenziale deficit/PIL ancora su valori elevati, anche
per il venir meno delle misure una tantum, per definizione escluse dal
quadro tendenziale. L’indebitamento netto tendenziale in rapporto al
PIL passa dal 4,4 per cento del 2005 al 4,0 per cento del 2008. In
tale contesto, la dinamica tendenziale del rapporto debito/PIL risulta
insoddisfacente. Ma questa, appunto, è la tendenza da correggere con
una strategia che coniughi il rigore richiesto dal Patto di Stabilità
e Crescita e il necessario rilancio dell’economia, insieme ad azioni
mirate di cessioni di attività.
III - LE LINEE GUIDA DELLA POLITICA ECONOMICA 2005-2008
III.1 Credibilità, Competitività, Sviluppo
Dopo due anni di rallentamento iniziano a manifestarsi nel 2004 anche
in Italia i primi segnali di ripresa economica. Mentre la crescita
appare ben avviata nel resto nel Mondo, in particolare negli Stati
Uniti ed in Asia, essa tarda a consolidarsi nell’area dell’Euro. Nel
2004, pur scontando gli effetti della manovra correttiva di 7,5
miliardi, la crescita italiana è stimata all’1,2 per cento, con un
rafforzamento nella seconda metà dell’anno; nel quadriennio 2005-2008
è prevista intorno al 2 per cento. E’ in questa fase favorevole che è
necessario imprimere una svolta alla politica economica. Due sono gli
obiettivi prioritari dell’azione di Governo: l’aggiustamento
strutturale dei conti pubblici che completi la sostituzione delle
misure una tantum adottate negli anni di difficoltà; l’innalzamento
del tasso di crescita reale e potenziale. Questo secondo obiettivo
permetterà non solo il perseguimento attivo dei traguardi fissati
dall’Unione Europea a Lisbona in materia di occupazione, ricerca, e
competitività, ma è essenziale per avviare un circolo virtuoso della
finanza pubblica. Crescita e aggiustamento sono resi compatibili
attraverso tre direttrici di intervento integrate:
- una riduzione strutturale del deficit tendenziale;
- un programma di sviluppo che miri ad un miglioramento della
competitività ed ad un sostegno dei redditi;
- una accelerazione della riduzione del debito pubblico.
La correzione dei conti pubblici, gli interventi a favore dello
sviluppo e le misure di riduzione del debito sono inscindibili:
ciascuno senza gli altri potrebbe addirittura avere effetti
controproducenti. Solo l’effetto combinato di queste tre direttrici
libererà le risorse necessarie a sostenere la crescita, ad aumentare
gli investimenti e la competitività ed a correggere in maniera
strutturale i conti pubblici. Per quanto il Governo possa indicare
direttrici, elaborare strategie, fornire incentivi alle imprese e
sostegno alle famiglie, i risultati della politica economica dipendono
dal comportamento di 60 milioni di persone, libere di scegliere e
determinare per questa via lo sviluppo dell’economia. E’ necessario lo
sforzo di tutti: cittadini, famiglie, istituzioni, parti sociali,
ciascuno nell’ambito dei propri compiti e responsabilità all’interno
di un quadro di insieme ampiamente condiviso, pur con diverse
opinioni, posizioni, interessi.
La Correzione Strutturale dei Conti Pubblici
Nonostante la difficile congiuntura economica negli ultimi anni
l’Italia è riuscita a tenere i conti pubblici entro i limiti previsti
dai parametri del Trattato di Maastricht: i criteri del Patto di
Stabilità sono stati rispettati ed il debito pubblico in rapporto al
PIL ha continuato a scendere. In presenza di una crescita debole, tali
risultati sono stati raggiunti anche attraverso il ricorso a misure
temporanee. Ma proprio adesso che i segnali di ripresa si cominciano a
manifestare, diventa opportuno sostituire le una tantum con misure
permanenti destinate ad aggiustare il deficit, contenere la spesa
corrente ed il debito. Rispettando quanto concordato due anni fa in
sede europea, nel 2005 due terzi delle misure di correzione saranno di
natura strutturale. E nel 2006 le una tantum saranno interamente
sostituite. Gli obiettivi di finanza pubblica non devono limitarsi a
mantenere il rapporto deficit/PIL sotto il 3 per cento. Devono
includere anche un aumento dell’avanzo primario al 4 per cento del PIL
nel 2007. Tale correzione è indispensabile alla riduzione del rapporto
debito-PIL al 100 per cento nel 2007 e, quindi, alla sostenibilità del
debito pubblico, parametro cruciale per la fiducia dei mercati e la
stabilità della finanza pubblica. Gli interventi di riduzione
permanente dal lato della spesa troveranno una base nella reiterazione
di alcune misure introdotte con il D.L 168, tra cui la
razionalizzazione degli acquisti tramite la Consip e la trasformazione
di sussidi a fondo perduto in sgravi fiscali ai nuovi investimenti o
prestiti; in coerenza alla volontà del Governo. Nessun taglio sarà
effettuato sui capitoli di spesa corrente relativi a Sicurezza,
Servizi sociali, Scuola e Sanità. Particolare attenzione verrà
prestata al potere d’acquisto. Il debito pubblico ed il processo che
ne causa la crescita sono la vera anomalia dell’economia italiana. Il
suo livello, pari al 106,2 per cento del Prodotto interno lordo, è il
più alto dell’area euro, dove in media è del 70,5 per cento. Di
riflesso anche il servizio del debito, corrispondente nel 2003 al 5,3
per cento del PIL, è superiore a quello medio dell’area euro, pari al
3,5 per cento. Un onere che è vitale ridurre per offrire più servizi,
abbassare le imposte a parità di saldi di bilancio: un eventuale
aumento dei tassi d’interesse lo farebbe ancora più gravare sulle
risorse necessarie per lo sviluppo dell’Italia. Al contempo una
efficiente gestione del debito pubblico, ovvero delle passività dello
Stato, richiede una corretta conoscenza ed allocazione dell’attivo,
cioè di quel patrimonio pubblico costituito da cassa, concessioni,
immobili, infrastrutture materiali ed immateriali, crediti,
partecipazioni azionarie. A tale proposito, quanto è già stato
elaborato nell’ambito del Conto patrimoniale delle Amministrazioni
pubbliche rivela un valore dell’attivo superiore a quello del passivo,
con una quota consistente di attività liquide. La valorizzazione e
razionalizzazione del patrimonio pubblico, realizzate con criteri di
efficienza ed equità, oltre che finanziari, consentono di introdurre
misure temporanee di correzione senza scaricare tutto l’aggiustamento
sul bilancio.
Lo Sviluppo
In questa situazione, per l’Italia, come per i grandi Paesi, il
mancato sviluppo non è un ciclo avverso, ma una trappola di bassa
crescita, con conseguenze negative sui bilanci dei cittadini, sui
conti delle aziende e sulle finanze pubbliche. Una trappola purtroppo
basata su un crescente divario strutturale nei confronti delle
economie più avanzate e dinamiche: minore innovazione, minore
produttività, minori ore lavorate per addetto, minor tasso di
partecipazione, minor competitività. Questi differenziali negativi si
ripercuotono in una minore crescita reale e potenziale, evidenziata
dall’andamento deludente della produzione industriale. Ne consegue che
una politica di bilancio che si limiti ad affrontare le difficoltà con
tagli e misure finanziarie, aspettando la ripresa, risulterebbe una
strategia inefficace. Una politica di soli tagli senza un disegno di
sviluppo provocherebbe un violento rallentamento della crescita,
vanificando il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica,
tipicamente espressi in percentuale del PIL. Serve, pertanto, una
forte spinta che permetta di uscire dalla trappola della bassa
crescita che caratterizza l’economia italiana e che rischia di mutarsi
in fenomeno strutturale e non più temporaneo, legato alla congiuntura.
Perciò aumentare il tasso di crescita reale e potenziale è
prioritario. Si devono accordare credibilità e sviluppo attraverso
interventi strutturali che comprendano riforme economiche e sociali,
fiscali e Mezzogiorno. Una opportunità per lo sviluppo è rappresentata
dagli investimenti in infrastrutture, sacrificati in passato al
rispetto dei criteri di Maastricht nell’incapacità di realizzare
riforme strutturali più profonde. Fra le priorità, il potenziamento di
infrastrutture materiali ed immateriali, in particolare la ricerca e
l’innovazione tecnologica. Il finanziamento potrà avvenire anche
attraverso forme di partecipazione pubblico-privato e attraverso la
costituzione di un Fondo Rotativo che offra credito in luogo di
sussidio. E’ necessario altresì completare la riforma scolastica in
via di attuazione, razionalizzare e rafforzare il sistema
universitario con formule diverse di finanziamento che tengano conto
della valutazione dell’efficienza e dei risultati. L’ampiezza degli
interventi che si rendono necessari e le difficoltà da superare
richiedono la condivisione degli obiettivi fra tutti i soggetti
coinvolti: Governo, enti locali, parti sociali. O meglio: Stato,
economia e società. In particolare, è opportuno favorire forme di
collaborazione fra Governo e Comuni, Regioni, Province e Comunità
montane; nonché, con particolare riferimento ai primi, iniziative
volte a contrastare l’evasione fiscale ed il sommerso; così da
articolare
un coinvolgimento delle Istituzioni locali nell’azione di correzione
dei conti pubblici e di rilancio dell’economia. In linea con il Patto
di Stabilità Interno e le compatibilità di bilancio, il Governo
procederà all’avvio graduale del trasferimento alle Regioni di risorse
e beni connessi alle nuove competenze legislative ed amministrative,
anche attraverso apposito disegno di legge. Verranno introdotti
criteri di flessibilità e di premio per quelle Regioni ed Istituzioni
locali che si mostrino meglio amministrate rispetto al Patto di
Stabilità Interno, con particolare riferimento al debito ed alla
spesa. Il passaggio dalla lira all’euro ha prodotto un aumento,
talvolta incontrollato, dei prezzi. L’obiettivo del Governo è, in
vista del rilancio e dell’equità, elevare il potere d’acquisto,
favorendo l’assorbimento delle pressioni inflazionistiche verso i
livelli medi europei, anche attraverso un’attenta politica basata su
un puntuale monitoraggio dei prezzi, su un contenimento dei prezzi
amministrati e delle tariffe. Ed a tal fine il Governo è disponibile
all’apertura di un confronto negoziale con le parti sociali per
approfondire le dinamiche alla base dei meccanismi di formazione dei
prezzi. Cruciale è il ruolo del Terzo Settore al fine di completare,
secondo principi di sussidiarietà, l’azione del Governo: sei milioni
di persone vi si impegnano. Costituiscono una risorsa irrinunciabile.
Perciò la politica economica farà il possibile per rendere la loro
funzione ancora più rilevante. Ugualmente attenta sarà, nell’ottica
delle pari opportunità, l’azione del Governo per , misure di
conciliazione famiglialavoro, per i servizi e la tutela dell’infanzia,
per il sostegno alla natalità e ai soggetti deboli, anche attraverso
il servizio civile. Il Governo intende migliorare la strategia volta a
rendere più incisive le politiche per il Sud. In particolare, verrà
favorita la realizzazione di infrastrutture nei settori dei trasporti,
dell’energia, delle reti idriche ed energetiche, delle
telecomunicazioni. Dal lato delle infrastrutture immateriali, verranno
incrementati gli investimenti in ricerca, innovazione e formazione.
Permane come obiettivo prioritario la valorizzazione dell’ambiente,
delle risorse artistiche, culturali e turistiche del Mezzogiorno,
soprattutto con riferimento al mercato internazionale e anche
utilizzando le ICT. Il Governo intende, altresì, studiare
l’introduzione di formule di fiscalità per lo sviluppo per le aree
meridionali e per le aree economicamente più deboli del Centro Nord e
per le piccole attività. A tutti questi temi, qui solo menzionati, è
dedicato il IV capitolo di questo Documento.
Le Riforme Economiche e Sociali
Il Governo ha avviato un programma di riforme economiche e sociali, al
fine di accrescere la competitività del Paese ed in piena coerenza con
gli obiettivi fissati dall'Unione Europea a Lisbona. Alcune di queste
riforme sono già operative, come la riforma del mercato del lavoro, la
riforma del diritto societario, la riforma della scuola. La riforma
della previdenza è stata approvata nel mese di luglio, dopo un lungo
dibattito nel Paese e nel Parlamento. Innestata sulla riforma del
1995, essa affronta i due temi lasciati ancora irrisolti in quasi
tutti i Paesi europei: il ritiro anticipato in connessione con i
mutamenti demografici; la creazione di un secondo pilastro di
previdenza che integri le pensioni pubbliche negli anni a venire e
crei una classe di investitori istituzionali. Altre riforme sono
all'esame del Parlamento, e la loro definitiva approvazione è prevista
entro l'anno. Si tratta, in particolare, delle riforme relative: al
sistema degli ammortizzatori sociali; alla tutela del risparmio; al
settore energetico; al sistema ambientale; all'università e alla
ricerca scientifica, così da accelerare la formazione del capitale
umano. Un terzo gruppo di riforme, che sarà proposto al Parlamento in
tempi rapidi, riguarda la liberalizzazione e privatizzazione dei
servizi, la riforma delle professioni.
Altri settori, come quello energetico, assicurativo e finanziario,
necessitano di un’incisiva azione a favore della concorrenza al fine
di ridurre prezzi e costi per le aziende e cittadini. Si tratta di
politiche per la concorrenza di cui raramente si parla nei discorsi
macroeconomici, essenziali invece per promuovere lo sviluppo,
contrastare l’inflazione, difendere il potere d’acquisto. In
particolare nel settore dell’energia il Governo, anche attraverso
provvedimenti amministrativi indirizzati all’Autorità per l’energia
elettrica e il gas, promuoverà la sicurezza e l’efficienza del sistema
proseguendo la liberalizzazione e garantendo certezza del quadro
regolatorio. Si favorirà la diversificazione delle fonti, lo sviluppo
delle reti, e si razionalizzeranno i soggetti operanti in attività di
pubblico interesse. Per quanto riguarda la politica industriale è
urgente definire un programma di intervento per lo sviluppo di settori
innovativi, come la banda larga e il digitale terrestre. Altre azioni
dovranno essere previste nei comparti più tradizionali, ma ad alto
potenziale, come il turismo e l’agroalimentare. Queste misure dovranno
essere coordinate in ben definiti “Programmi Paese” di natura
strategica, come ad esempio: la difesa del suolo, le bonifiche dei
siti inquinati, la qualità dell’aria, il Protocollo di
Kyoto, la difesa dei prodotti italiani e la lotta alla contraffazione.
Prezioso il coinvolgimento degli imprenditori italiani all’estero.
Accanto a questi strumenti, il Governo intende potenziare, nel
rispetto della normativa europea, gli interventi per il sostegno ed il
rilancio di aziende e distretti operanti in settori strategici ed in
aree a forte concentrazione industriale, che attraversano crisi di
competitività imputabili a fattori
esterni. La Presidenza del Consiglio coordinerà, gli interventi per le
modalità di utilizzo del Fondo Rotativo ed il ruolo operativo che
Sviluppo Italia S.p.A dovrà assumere nel sostegno alle imprese e nella
riqualificazione e riconversione delle aree produttive dismesse su
tutto il territorio nazionale. Un contributo non secondario per una
maggiore competitività delle imprese potrà arrivare dalla riforma
della Legge fallimentare. Una riforma che il Governo conta di
presentare in tempi brevi all’esame del Parlamento, dopo un
coinvolgimento ed una condivisione dei principi con le parti
interessate. Il Governo valuterà poi l’eventuale rifinanziamento del
Fondo Rotativo Nazionale per interventi nel capitale di rischio su
tutte le aree di crisi del Paese. Infine, risulterà ancora una volta
cruciale il coinvolgimento delle Istituzioni locali nel processo di
sviluppo. A tal fine, il Governo si impegna a confermare l’azione già
avviata di progressiva semplificazione burocratica-amministrativa,
anche facendo ricorso ad un recupero di efficienza attraverso
programmi di e-government.
La Riforma Fiscale
Nessun grande Paese avanzato con una pressione fiscale sopra il 40 per
cento registra tassi di crescita soddisfacenti. Una conferma che
l’efficacia delle riforme deve essere sostenuta da una riduzione del
carico fiscale. Per questo il Governo intende procedere ad una riforma
fiscale che, nell’arco dei prossimi due anni, ridurrà IRE e IRAP.
L’evidenza empirica, condotta su altre esperienze di tagli fiscali,
dimostra che l’effetto positivo sulla crescita si manifesta solo se le
riduzioni fiscali trovano copertura. Il Governo intende realizzare
lungo queste linee una riforma fiscale distribuita su due anni, del
valore di un punto di PIL. Per l'IRE è prevista l'attuazione del
secondo modulo di riforma da varare nel 2005, in vista della
definitiva attuazione entro la fine della legislatura. Gli obiettivi
sono, da un lato incrementare il reddito disponibile e quindi i
consumi, dall’altro rilanciare l’attività economica, anche
scoraggiando l’evasione fiscale attraverso aliquote più ragionevoli e
ad un’azione amministrativa efficace. Per quanto riguarda l'IRAP, gli
interventi potranno essere selettivi e principalmente rivolti alle
imprese più attive sul fronte dell'innovazione tecnologica, attraverso
l'esclusione dalla base di calcolo dei costi sostenuti per il
personale addetto alla ricerca e allo sviluppo; con premi di fiscalità
di vantaggio da negoziare a livello europeo per aree e dimensioni. La
riforma fiscale prevede la riduzione del numero delle aliquote
dell’imposta personale; l'introduzione di criteri di equità
orizzontale che tengano conto del reddito e della situazione
familiare; la tutela dei più deboli; la conferma della cosiddetta
clausola di salvaguardia, con facoltà del contribuente di avvalersi
del precedente regime fiscale, se più favorevole. La riforma
introdurrà misure a sostegno delle giovani coppie, in particolare per
l’acquisto della prima casa. Unitamente al perseguimento dell’azione
di semplificazione degli adempimenti tributari, saranno, inoltre,
previste misure per un più efficace contrasto all'evasione ed al
sommerso. In questo contesto, vanno considerate le politiche
strutturali sugli “avvisi comuni” tra le parti sociali e un
rafforzamento dell’attività ispettiva. Il Governo intende
razionalizzare gradualmente anche il sistema degli incentivi alle
imprese. Sarà costituito un Fondo Rotativo per il sostegno degli
investimenti delle aziende e finalizzato alla concessione di
finanziamenti agevolati, particolarmente rivolto ad innovazione e
Mezzogiorno ed Aree Sottoutilizzate, con un’attiva partecipazione del
settore bancario privato. La dimensione del Fondo garantirà un volume
di investimenti pari almeno a quello degli anni precedenti, ma con un
minore onere a carico del bilancio della Pubblica Amministrazione.
Nuovi incentivi saranno attivati, inoltre, per favorire la crescita
delle piccole e medie imprese attraverso processi di concentrazione.
Una grande attenzione, centrata sulla trasparenza, sulla protezione
delle minoranze e dei creditori, è fondamentale per la tutela dei
risparmiatori, scossi nella fiducia da gravi scandali. E’ altresì
cruciale, per la credibilità del Paese sui mercati internazionali, una
politica di rinnovata attenzione agli investitori. Poco meno della
metà del debito pubblico è detenuta da investitori all’estero. Le
grandi imprese si rivolgono ai mercato internazionali dei capitali.
Una politica attenta agli investitori nazionali ed internazionali
implica adeguate tutele legali, protezione degli azionisti e dei
creditori, e applicazione certa delle regole. Essa richiede
comportamenti e pratiche rigorosi, costruiti sulla sostenibilità del
debito e la fiducia delle grandi piazze finanziarie. Perseguire questi
obiettivi è essenziale per assicurare credibilità all’azione di
Governo, e competitività e sviluppo all’Italia.
III.2 Il Quadro Macroeconomico Programmatico 2005-2008
L’effetto delle politiche varate dal Governo si tradurrà nel corso dei
prossimi anni in un innalzamento del tasso di sviluppo del Paese,
nonostante l’aggiustamento strutturale dei conti pubblici. La crescita
del PIL, rispetto ad un profilo tendenziale dell’ordine del 2 per
cento,
raggiungerà il 2,3 per cento nel 2007-08. Il minor contributo dei
consumi della Pubblica Amministrazione alla crescita sarà più che
compensato dall’espansione degli investimenti e dei consumi delle
famiglie, mentre il settore estero continuerà a sottrarre qualche
decimo di punto allo sviluppo del reddito.
Contributi alla Crescita del PIL.
I consumi delle famiglie sono attesi aumentare del 2,1 per cento nel
2005 e nel triennio seguente, mediamente, del 2,4 per cento. Le
famiglie dovrebbero beneficiare di una più elevata crescita del
reddito disponibile indotta dalla minore pressione fiscale e dal
miglioramento del mercato del lavoro. Il ristabilirsi di un favorevole
clima di fiducia, in assenza di tensioni inflazionistiche, si tradurrà
in un progressivo aumento della propensione al consumo. Le positive
prospettive della domanda, le agevoli condizioni di finanziamento e le
misure di sostegno agli investimenti adottate dal Governo, in
particolare nel settore delle infrastrutture e nelle aree a ridotto
sviluppo, daranno luogo ad una crescita media della spesa in conto
capitale nel periodo 2005-08 dell’ordine del 4 per cento, circa un
punto percentuale al di sopra del profilo tendenziale. Gli
investimenti in beni strumentali aumenteranno ad un tasso superiore al
5 per cento, quelli nelle costruzioni ad un tasso del 2,5 per cento.
Le esportazioni, beneficiando del miglioramento di competitività del
sistemapaese, cresceranno in misura leggermente più elevata rispetto
al quadro tendenziale. Le importazioni, stimolate viceversa dalla
maggiore domanda interna, mostreranno una dinamica più accentuata. Il
deficit corrente della bilancia dei pagamenti resterà intorno all’1
per cento del PIL. Dal lato dell’offerta, l’industria e i servizi
privati contribuiranno positivamente alla crescita complessiva
nell’arco previsivo, mentre i servizi pubblici, a riflesso delle
politiche di contenimento della spesa, registreranno una sostanziale
stazionarietà. L’occupazione aumenterà di circa l’1 per cento all’anno
nel quadriennio, trainata dai servizi privati e dalle costruzioni. Di
converso, il tasso di disoccupazione scenderà progressivamente,
collocandosi a fine periodo al 7 per cento, 1,3 punti al di sotto del
tasso previsto nello scenario tendenziale. Il tasso di occupazione
salirà nel 2008 verso il 60 per cento, vicino all’obiettivo stabilito
per l’Italia (61,3 per cento entro il 2010). In un quadro di
moderazione dei prezzi internazionali, i salari cresceranno
coerentemente con l’aumento della produttività. Le pressioni
inflazionistiche, pur in un contesto di maggiore crescita della
domanda, rimarranno contenute. Tenendo conto delle dinamiche dei
prezzi all’importazione e delle politiche attive del Governo su prezzi
e tariffe, e prendendo come base di riferimento l’indice ISTAT dei
prezzi al consumo per famiglie, operai ed impiegati, il tasso
programmato d’inflazione viene indicato all’1,6 per cento per il 2005,
all’1,5 per cento per il 2006, all’1,4 per cento per gli anni
successivi.
III.3 Il Quadro di Finanza Pubblica 2005-2008
Il quadro programmatico di finanza pubblica per gli anni 2005-2008 è
stato costruito assumendo come base un anno, il 2004, condizionato
dalla debolezza del ciclo economico. Tale debolezza si è riflessa in
uno scostamento dell’indebitamento netto delle Amministrazioni
Pubbliche, rispetto all’obiettivo fissato per quell’anno, di oltre 1
punto percentuale, come già rilevato nell’Aggiornamento della
Relazione Previsionale e
Programmatica. Gli obiettivi finanziari per il quadriennio vengono
ricollocati tenendo conto delle nuove ipotesi di crescita economica e
degli impegni assunti in sede europea. La strategia del Governo si
basa sulla volontà di coniugare il rigore nella gestione della finanza
pubblica con l’esigenza di liberare risorse finanziarie per
l’attuazione del programma di riduzione della pressione fiscale entro
la fine della legislatura. L’azione
di rilancio si sviluppa secondo un iter che passa prioritariamente
attraverso il controllo dei conti pubblici, la riduzione del debito ed
infine la diminuzione della pressione fiscale. Nel quadriennio
2005-2008 l’indebitamento netto viene pertanto fissato su valori
compatibili con la volontà di non deprimere le prospettive di ripresa
dell’economia. In particolare per l’anno 2005, l’obiettivo
dell’indebitamento è fissato al 2,7 per cento del PIL, con un
miglioramento rispetto al tendenziale di circa 1,7 per cento. La
manovra finanziaria per il 2005 viene quantificata in un importo
complessivo netto di circa 24 miliardi di euro. In linea con il
previsto processo di sostituzione degli interventi transitori con
quelli a carattere permanente, la manovra comprenderà misure
strutturali per circa 17 miliardi di euro e misure una tantum per
circa 7 miliardi di euro. Per gli anni successivi l’indebitamento
segue un profilo progressivamente decrescente con una riduzione di
mezzo punto percentuale all’anno fino a raggiungere l’1,2 per cento
nel 2008. L’avanzo primario è previsto crescere progressivamente e
riportarsi su valori compatibili con l’obiettivo del risanamento
finanziario, collocandosi al 4,8 per cento nel 2008.Nel periodo 2004 –
2008, in assenza di interventi correttivi il rapporto tra debito e
prodotto interno lordo passerebbe dal 106,2 per cento di fine 2003 ad
oltre il 114 per cento del 2008. Grazie alla manovra di aggiustamento
e sviluppo che si intende attuare con la Legge Finanziaria, con un
eventuale provvedimento collegato e con le operazioni di
privatizzazione, cessione di crediti e di immobili ed altri attivi per
un ammontare complessivo di circa 100 miliardi di euro nel quadriennio
2005-2008, il rapporto debito/PIL è previsto scendere al di sotto del
100 per cento nel 2007. Al fine di disporre di uno strumento di
pianificazione strategica e di governo del processo di dismissioni, si
è proceduto ad elaborare il “Conto patrimoniale del settore pubblico”.
Il “Conto” consente la gestione congiunta di attivi e passivi del
settore pubblico sulla base di alcuni principi generali che includono
il: criterio finanziario, ovvero aumentare l’efficienza e la
redditività dell’attivo dello Stato al fine di ottenere rendimenti
superiori al costo del debito criterio della sostenibilità, ovvero
massimizzare la funzione di utilità collettiva intertemporale, con il
vincolo che essa sia non decrescente per ogni generazione futura. In
altre parole, la politica di dismissione ai privati è una politica
ottimale di redistribuzione della ricchezza collettiva solo se
comporta una valorizzazione dell’attivo attraverso una gestione più
efficiente dei beni, una liberalizzazione dei settori privatizzati e
se il frutto della cessione viene reinvestito a beneficio delle
generazioni future criterio di equità, ovvero gestire le attività nel
rispetto del criterio di massimizzazione dell’utilità dei più
svantaggiati. criterio di attenzione alle attività strategiche. Dalle
analisi condotte finora, emerge che il settore pubblico possiede un
attivo patrimoniale pari al 137 per cento del PIL. E’ possibile
un’efficiente gestione degli attivi patrimoniali che: ne incrementi la
redditività, riducendo il fabbisogno dello Stato; individui le
attività la cui dismissione possa essere utilizzata direttamente a
riduzione del debito. Complessivamente si stima che, nel medio
periodo, circa il 40% dell’attivo patrimoniale possa giudicarsi
potenzialmente disponibile. La strategia di gestione del debito è,
inoltre, orientata a conseguire una combinazione ottimale tra costo
d’indebitamento e rischio anche attraverso l’innovazione negli
strumenti e delle tecniche di collocamento. In un contesto come quello
attuale europeo, ove la competizione tra emittenti sovrani è aumentata
a seguito dell’adozione della moneta unica, l’utilizzo di diversi
metodi di collocamento, quali aste e sindacato, risulta indispensabile
al fine di meglio intercettare le richieste di un mercato finanziario
in rapida evoluzione. La conoscenza delle preferenze degli investitori
e delle loro strategie di investimento consentirà di proseguire nel
processo di diversificazione degli strumenti offerti. Un portafoglio
ampio di prodotti consente di meglio gestire le mutevoli condizioni
economiche, minimizzando il costo del debito e fronteggiando diversi
tipi di rischio, opportunità questa che risulta estremamente rilevante
per il soddisfacimento dei vincoli imposti dal Patto di Stabilità e
Crescita. Per quanto riguarda il bilancio programmatico di competenza
dello Stato, verrà presentato con indicazione di tutte le componenti
di entrata e di spesa ed eventuali aggiornamenti non appena verrà
definita la tipologia degli interventi da attuare. Sulla base di
questi, infatti, si procederà alla quantificazione degli effetti della
manovra di finanza pubblica 2005 sul bilancio dello Stato. Per l’anno
2005 il livello del saldo netto da finanziare, al netto delle
regolazioni contabili e debitorie sarà, pertanto, non superiore a 51,5
miliardi di euro per l’anno 2005, a 47 miliardi per l’anno 2006 e a 43
miliardi per l’anno 2007.
IV – LA POLITICA PER LA COMPETITIVITA’ DEL MEZZOGIORNO E DELLE AREE
SOTTOUTILIZZATE DEL CENTRO NORD
L’aumento della competitività del Mezzogiorno e la riduzione del suo
divario di sviluppo e di occupazione con l’Europa costituiscono
requisito primario per il recupero di competitività del Paese. A
questo obiettivo, e a quello di accrescere lo sviluppo delle aree
sottoutilizzate del Centro Nord, è rivolta l’azione del Governo. Il
miglioramento della dotazione infrastrutturale materiale e
immateriale, accompagnato da incentivi efficaci e, ove possibile,
transitori è lo strumento principale di questa azione. L’attuazione
delle regole preposte all’assegnazione delle risorse e al loro
utilizzo, e nuove azioni per accrescere la capacità delle
amministrazioni, garantiranno un miglioramento nella qualità ed
efficacia della spesa. Per consolidare ed estendere i risultati già
raggiunti, il Governo continua ad assicurare finanziamenti in conto
capitale, garantendo l’addizionalità dei fondi trasferiti dall’Unione
Europea.
IV.1 Le Tendenze Economiche Territoriali
IV.1.1 Il 2004 e il Quadro Tendenziale 2005-2008
Nella recente, difficile fase congiunturale, il Mezzogiorno è
cresciuto più del resto del Paese, seppure frenato dal difetto
relativo di infrastrutture e servizi. Nel biennio 2002-2003, il
differenziale di crescita del PIL a favore del Sud è stato pari a 4
decimi di punto. Anche i dati ISTAT sul censimento delle imprese
confermano le positive trasformazioni in corso nell’economia del
Mezzogiorno. A fronte di un decremento del numero di unità locali nel
Centro-Nord pari allo 0,3 per cento medio annuo, al Sud si è
registrato un incremento dello 0,8 per cento. Il peso del settore
manifatturiero meridionale, misurato dal numero di unità locali
rispetto al totale nazionale, è cresciuto nel decennio dal 21,7 al
23,5 per cento. Il rafforzamento dell’industria risulta interamente
concentrato nella fascia delle piccole e medie unità produttive,
mentre la chiusura di molti grandi impianti si manifesta in un calo
cumulato del 2,6 per cento nel numero di unità di maggiore dimensione.
Nel resto del sistema produttivo, si rafforza la media dimensione
nell’agricoltura del Sud e cresce il numero di unità locali per le
grandi unità commerciali del Sud. Anche per il 2004, in un contesto di
ripresa ciclica, è prevedibile per il Mezzogiorno un incremento della
crescita. Nei primi mesi dell’anno, la creazione di nuove imprese,
l’andamento dell’occupazione, la dinamica dei flussi turistici
indicano segnali di sviluppo dei servizi, mentre in ripresa, più che
nel resto del paese, risultano le esportazioni al netto dei prodotti
petroliferi. Se tali tendenze si consolideranno, si potrà determinare,
pure in presenza di un contenimento dell’azione di investimento
pubblico per effetto delle misure correttive di finanza pubblica, un
tasso di crescita del PIL meridionale intorno all’1 per cento. Per il
periodo 2005-2008, le previsioni tendenziali, ferma restando la spesa
comunitaria, prevedono uno scenario che limita quella in conto
capitale. Per le risorse aggiuntive nazionali del Fondo per le Aree
Sottoutilizzate si ipotizza la sola attuazione degli stanziamenti già
deliberati; per le risorse ordinarie, l’attuazione dei provvedimenti
esistenti. Non si assumono ulteriori interventi idonei a raggiungere
l’impegno assunto con l’Unione europea di destinare al Sud il 30 per
cento della spesa in conto capitale totale. In assenza di ulteriori
interventi volti a rafforzare le capacità delle Amministrazioni
attuatrici e la qualità della spesa, il tasso di incremento del PIL
meridionale resterebbe fino al 2008 decisamente inferiore a quello
europeo.
IV.1.2 Gli Obiettivi Programmatici
L’azione programmatica del Governo per lo sviluppo regionale è volta
al rafforzamento della produttività e della competitività del
Mezzogiorno e delle aree sottoutilizzate del Centro Nord. Per il
Mezzogiorno, dove è massimo il grado di sottoutilizzazione del
potenziale produttivo, due sono gli obiettivi programmatici fissati:
• una crescita al di sopra di quella media europea nella seconda metà
del decennio;
• un aumento del tasso di attività verso il 60 per cento a fine
decennio.
Al raggiungimento di tali risultati concorrono in entrambe le aree del
Paese strumenti innovativi. Nel Mezzogiorno la strategia in atto mira
al miglioramento dei servizi collettivi offerti - idrici, elettrici,
di trasporto, ambientali, urbani e logistici, di ricerca e formativi,
di accessibilità del patrimonio culturale e paesistico, servizi per la
sanità, ecc.- e ad una maggiore efficacia degli incentivi. Tale
politica di sviluppo regionale è stata definita nell’ambito degli
impegni assunti con l’Unione Europea attraverso il QCS, Quadro
Comunitario di Sostegno 2000-2006. I suoi positivi
risultati spiegano anche l’accresciuta capacità contrattuale
dell’Italia nel negoziato in corso per i fondi comunitari 2007-2013 da
assegnare al Mezzogiorno e al Centro- Nord. Gli impegni europei
prevedono il pieno utilizzo e il miglioramento di qualità nella spesa
dei fondi comunitari, e il conseguimento del requisito di
addizionalità di tali fondi, attraverso le risorse nazionali ordinarie
e quelle del Fondo per le Aree Sottoutilizzate.
Coerentemente con lo scenario programmatico di finanza pubblica e con
gli impegni in merito al sopraddetto Fondo assunti con l’Unione
Europea, nell’ambito della revisione di metà periodo dei fondi
comunitari, la spesa in conto capitale nel Mezzogiorno, con una
crescita media annua del 9,1 per cento, raggiungerebbe nel periodo
2004-2008 il 7,0 per cento del PIL, contro il 6,4 per cento del
periodo 2000- 2003. A fine periodo si raggiungerebbe il valore
obiettivo, concordato in sede europea, per la quota totale di spesa in
conto capitale nel Mezzogiorno.
Agli obiettivi programmatici relativi alle quantità di spesa in conto
capitale, si accompagnano quelli, altrettanto importanti, relativi al
miglioramento della sua qualità. Essa continuerà a essere perseguita
in tre modi: riequilibrio delle assegnazioni finanziarie dagli
incentivi a favore delle infrastrutture materiali e immateriali;
completamento della riforma degli incentivi; rafforzamento della
capacità delle amministrazioni attraverso nuovi strumenti premiali e
sanzionatori e più intense azioni di sistema a supporto dei punti di
criticità. L’insieme di queste azioni potrà consentire al PIL del
Mezzogiorno di superare stabilmente, la crescita media europea a
partire dal 2007.
Quota obiettivo spese ordinarie 30%
IV.2 Gli Strumenti
Gli obiettivi di sviluppo territoriale vengono perseguiti attraverso
un’azione coordinata delle politiche regionali, nazionale e
comunitaria. Esse mirano, in primo luogo, a promuovere e realizzare
progetti di infrastrutture nazionali e regionali. Perseguono, poi, un
miglioramento nella capacità delle amministrazioni e una maggiore
efficacia degli incentivi per lo sviluppo locale e l’attrazione degli
investimenti.
IV.2.1 La Politica Regionale Comunitaria e Nazionale
L’Italia è uno dei paesi che ha realizzato più progressi verso gli
obiettivi fissati nel Consiglio Europeo di Stoccolma del 2001, che
prevedono una progressiva riduzione, da parte di ogni Stato membro
dell’UE, dell’ammontare complessivo di aiuti in rapporto al PIL. Gli
aiuti concessi dal nostro Paese conteggiati a fini comunitari sono
infatti passati dall’1,4 per cento del PIL nel 1992 allo 0,4 per cento
del PIL nel 2002. Nel periodo 2000-2002, rispetto al precedente
biennio, l’Italia risulta uno dei paesi in cui è stato ridotto
maggiormente l’ammontare degli aiuti pro-capite, diminuiti di oltre 19
punti percentuali. Riduzioni più elevate si registrano solo in
Finlandia, Irlanda e Portogallo, paesi nei quali, tuttavia, l’importo
totale degli aiuti è nettamente inferiore a quello dell’Italia. In
questo scenario, si è andato realizzando un radicale riorientamento
delle politiche comunitaria e nazionale, in attuazione del Trattato
comunitario (artt. 158 e 159) e della Costituzione (artt. 159 comma
5).
La politica Regionale Comunitaria
Il Quadro Comunitario di Sostegno 2000-2006 per le aree obiettivo 1,
giunto a metà del suo percorso, è elemento portante della politica di
sviluppo per il Mezzogiorno. Per il Centro-Nord, le politiche
comunitarie si realizzano prevalentemente attraverso gli strumenti dei
Documenti di Programmazione per l’obiettivo 2, e dei programmi
operativi per l’obiettivo 3: complessivamente, al Centro Nord è
destinato nel 2000-2006 circa un quarto delle risorse comunitarie.
Nell’ambito dei singoli Programmi operativi del Mezzogiorno,
l’attività di valutazione realizzata in occasione della revisione
intermedia del QCS ha consentito di individuare, per ogni singolo
Programma, criticità e potenzialità. Alla conferma delle strategie del
QCS e di parte significativa dei Programmi operativi, si sono
accompagnate iniziative per un ulteriore rafforzamento delle capacità
istituzionali delle Amministrazioni, anche con il ricorso a nuove
forme di premialità; per un più incisivo collegamento con la politica
regionale nazionale; per un riorientamento dei criteri di selezione a
rafforzamento degli obiettivi. Il pieno conseguimento di questi
obiettivi e di risultati positivi nelle regioni del Centro-Nord sono
anche importanti condizioni per dare forza alla posizione italiana nel
negoziato sulle prospettive finanziarie e sulla riforma della politica
di coesione 2007-2013, sia per le aree in ritardo di sviluppo, sia per
le altre aree del Paese. L’attività svolta dal Governo, d’intesa con
le Regioni e le parti economiche e sociali, durante il semestre di
Presidenza italiana del Consiglio europeo ha permesso all’Italia di
trovare ampie convergenze con molti partner europei su alcuni principi
fondamentali ai quali ancorare la politica di coesione comunitaria per
il periodo 2007-2013. Larga parte di questi principi è stata recepita
nel III Rapporto sulla coesione economica e sociale che la Commissione
europea ha presentato a febbraio 2004, e nelle Prospettive finanziarie
2007-2013 predisposte dalla Commissione stessa. Il raggiungimento di
nuovi positivi risultati nell’attuazione del programma 2000-2006
aiuterà l’Italia a raggiungere gli obiettivi finali del negoziato.
La politica Regionale Nazionale Con le due ultime Leggi finanziarie
sono state poste le condizioni e le regole per il rafforzamento della
politica regionale nazionale e per la sua integrazione con quella
comunitaria. In particolare, la Finanziaria per il 2003 ha unificato
tutte le risorse aggiuntive nazionali per le politiche regionali in
due Fondi intercomunicanti per le aree sottoutilizzate attivi, per
l’85 per cento nel Mezzogiorno, presso il Ministero dell’Economia e
delle Finanze e presso il Ministero delle Attività Produttive. I due
Fondi, per la comune ispirazione e per la gestione unitaria che li
caratterizza, possono considerarsi alla stregua di un unico Fondo per
le aree sottoutilizzate. Esso è stato reso più incisivo con le
disposizioni contenute nella Finanziaria per il 2004 di intervento a
garanzia dell’accelerazione della spesa in conto capitale,
concentrandola in larga misura su infrastrutture di rete di forte
rilievo strategico. A tutti questi indirizzi si dovrà continuare a
dare concreta attuazione.
IV.2.2 Le Infrastrutture: Progetti Strategici Nazionali e Progetti
Regionali.
La politica regionale, comunitaria e nazionale ha attivato due
distinti insiemi di interventi dalla cui crescente integrazione
dipende il conseguimento degli obiettivi fissati: progetti strategici
nazionali e progetti regionali di sviluppo. Nel loro insieme, gli
interventi già finanziati sono coperti per il 57 per cento da risorse
ordinarie, statali e regionali per il 29 per cento da risorse
aggiuntive e per il rimanente 14 per cento da risorse private. Il
ricorso a meccanismi di premialità e di sanzione ha consentito nel
2003 una forte accelerazione nella programmazione di questi
interventi. Altri meccanismi già introdotti consentiranno entro la
fine del 2004 di accelerare gli impegni delle risorse e di recuperare
automaticamente e riallocare le risorse non impegnate. Ulteriori
meccanismi già operanti relativi alla spesa e una verifica dello stato
di attuazione, avviata per il Mezzogiorno in connessione con gli
impegni assunti per la riprogrammazione del QCS 2000-2006,
consentiranno nel periodo 2004-2008 di rendere effettivi gli obiettivi
di spesa, come richiesto anche dal requisito di addizionalità del QCS.
Alla realizzazione, anche in funzione anticiclica, di infrastrutture
strategiche è stata prevista la selezione di un gruppo di opere del
Programma infrastrutture strategiche della Legge obiettivo. La
selezione, istruita dalle strutture tecniche del Ministeri
dell’Economia e Finanze e delle Infrastrutture, riguarda gli
interventi suscettibili di registrare un reale avanzamento e una
capacità di spesa significativa nel biennio 2004-2005. In base a tale
ricognizione sono risultati eleggibili al finanziamento 27 interventi.
In relazione alla dimensione finanziaria degli interventi eleggibili
rispetto alle disponibilità, è stata stilata una graduatoria degli
interventi sulla base di un indicatore composito di accelerazione, che
consente una tempestiva assegnazione dei finanziamenti e la
controllabilità dei risultati.
IV.2.3 Rafforzare ancora la Capacità delle Amministrazioni Pubbliche
Condizione indispensabile per il conseguimento degli obiettivi
programmatici di sviluppo del Mezzogiorno e delle aree sottoutilizzate
del Centro-Nord è l’ulteriore rafforzamento della capacità delle
pubbliche amministrazioni impegnate nella realizzazione della spesa in
conto capitale. Tre sono i profili su cui si concentrerà l’intervento.
Il primo riguarda la riprogrammazione del QCS e riguarda lo sviluppo
di nuovi meccanismi premiali: un sistema di informazione sul
consolidamento degli obiettivi della premialità, trasparente e
accessibile alle parti economiche e sociali e al pubblico; una riserva
centrale per il consolidamento dell’efficienza e dell’efficacia
amministrativa nella gestione dei programmi; una riserva regionale
attraverso la quale le singole Regioni, nel Mezzogiorno e nel
Centro-Nord, potranno incentivare le Autonomie locali e altri soggetti
territoriali a predisporre progetti “di qualità” ovvero a svolgere con
tempestività le proprie funzioni. Il secondo profilo attiene al
Programma di Diffusione delle Conoscenze, volto a progettare e mettere
in opera servizi di sistema che migliorino la capacità della rete
di amministrazioni impegnate nell’attuazione di politiche di sviluppo.
Il Programma mira fra l’altro a rafforzare la capacità negoziale delle
amministrazioni nazionali nel disegno del futuro delle politiche di
coesione; a sviluppare reti di strutture tecniche specialistiche nelle
amministrazioni pubbliche; a realizzare sistemi informativi avanzati e
nuove statistiche. Il terzo profilo concerne il rafforzamento delle
procedure di valutazione per assicurare qualità e coerenza strategica
all’intero processo dell’investimento pubblico. Esso attua una
diffusione sistematica delle procedure di valutazione, e intende
sottoporre una parte crescente degli interventi all’analisi valutativa
come strumento di indirizzo delle decisioni. Un forte contributo potrà
venire dall’accelerazione dei progressi nell'attuazione del sistema
del Codice Unico di Progetto, CUP, relativo agli investimenti
pubblici.
IV.2.4 Incentivi e Credito
In linea con le indicazioni contenute nei precedenti Documenti di
Programmazione Economico e Finanziaria, i principali strumenti di
incentivazione vengono sottoposti a un’intensa attività di revisione,
volta ad incrementarne efficienza ed efficacia, anche con l’uso di
apposito Fondo Rotativo. Una parte rilevante del sistema degli
incentivi è stata sottoposta a riforma nel biennio 2002-2003, grazie a
un’azione concertata fra il Ministero delle Attività Produttive, il
Ministero dell’Economia e delle Finanze e le Regioni. In particolare,
il Fondo per le aree sottoutilizzate finanzia un gruppo limitato di
incentivi che, nel 2002, ha complessivamente erogato alle imprese
circa 4 miliardi di euro destinati per l’80 per cento al Mezzogiorno.
Tale valore si raffronta a quello di un gruppo di altri incentivi
settoriali o orizzontali che, sempre nello stesso anno, ha
erogato alle imprese 3,5 miliardi di euro, destinati per il 20 per
cento al Mezzogiorno. Le modifiche realizzate per il credito d’imposta
per gli investimenti e per l’occupazione, nonostante le difficoltà
iniziali, hanno consentito di dare certezza finanziaria agli strumenti
e ne hanno assicurato la controllabilità. La specifica campagna di
controlli e verifiche attivata dall’Agenzia delle Entrate ha reso
possibile l’immediato recupero di agevolazioni spontaneamente
restituite dagli interessati. Gli strumenti per
l’auto-imprenditorialità e l’auto-impiego e del franchising gestiti da
Sviluppo Italia sono stati riattivati su basi di maggior efficienza e
verificabilità: una parte dell’intervento in conto capitale è stata
trasformata in credito agevolato. È in corso sempre da parte di
Sviluppo Italia la costruzione di un sistema innovativo per l’Italia
di attrazione degli investimenti: le esperienze pilota nel frattempo
avviate stanno fornendo indicazioni assai rilevanti. Per i patti
territoriali, sulla base di una analisi valutativa del loro impatto,
si è proceduto a introdurre vincoli minimi di efficienza, il mancato
rispetto dei quali comporta l’automatico definanziamento. Su tali
basi, si è proceduto ad avviare la loro regionalizzazione. E’ora
urgente che le Regioni realizzino un processo di integrazione, nei
loro territori, fra le diverse esperienze di sviluppo locale
realizzatesi in questi anni e fra queste e le proprie azioni di rete
nei campi dei trasporti, del turismo e della promozione industriale.
La revisione normativa della legge 488/92 rappresenta il nuovo passo
da compiere dovrà prevedere una maggiore responsabilità sia delle
imprese, sia degli istituti di credito coinvolti nelle procedure
agevolative. Il contributo pubblico in conto capitale a fondo perduto
verrà sostituito gradualmente, anche attraverso il ricorso ad un Fondo
Rotativo, con un finanziamento con capitale di credito non inferiore
al primo, composto per pari importo da un finanziamento pubblico, da
restituirsi a un tasso di interesse agevolato, e da un finanziamento
bancario ordinario a tassi di mercato, erogato dallo stesso soggetto
che valuta le iniziative agevolabili. Gli incentivi hanno a lungo
compensato un mercato del credito carente, ma così facendo ne hanno
spesso scoraggiato lo sviluppo. Le misure di sostegno alle imprese
devono, invece, attraverso le riforme realizzate. La nuova disciplina
e in corso, risultare propedeutiche a un rafforzamento del ruolo delle
banche a sostegno dello sviluppo territoriale. I dati mostrano infatti
che tale ruolo è ancora inadeguato. L’intervento pubblico, a partire
dalla riforma della legge 488/92, deve promuovere l’impegno degli
istituti di credito nel finanziamento dello sviluppo. Occorre quindi
puntare su misure che favoriscano l’aggregazione, la capitalizzazione,
l’organizzazione e la promozione del ruolo dei consorzi fidi anche per
gli investimenti più rischiosi come quelli innovativi; il riequilibrio
della struttura finanziaria delle imprese; il ricorso alla finanza
innovativa, a partire dal Venture Capital, soprattutto nei settori
high-tech e a supporto dei processi di innovazione. L’insieme di
questi interventi di riforma del sistema di incentivi rappresenta la
premessa che consentirà di passare a una piena realizzazione
dell’azione di revisione incentrata su valutazioni di efficacia
economico-sociale. Si potranno, in altri termini, iniziare a graduare
le assegnazioni finanziarie non solo sulla capacità di assorbimento
delle risorse, ma soprattutto sulla capacità degli strumenti di
produrre effetti permanenti sullo sviluppo e sull’attrattività dei
territori. A tale scopo, secondo gli indirizzi del CIPE, si sta dando
luogo ad analisi valutative di efficacia degli strumenti, particolare
attenzione, di concerto con le parti economiche e sociali, verrà posta
al bonus occupazione, i cui risultati sono stati inferiori alle
aspettative. Questa seconda e più matura fase di governo degli
incentivi dovrà tenere conto, e ove possibile, influenzare,
l’elaborazione di nuovi orientamenti a livello europeo. Non si può
evitare di guardare con preoccupazione a un utilizzo incondizionato
degli incentivi in Europa quale strumento volto ad attrarre
investimenti, con il rischio di una competizione distruttiva, a somma
zero, fra paesi e regioni. In coerenza con l’azione negoziale in corso
per la politica di coesione, il governo si adopererà per contenere
tali rischi e per evitare che l’Italia si trovi in condizioni di
difficoltà comparata.L’indirizzo in tema di aiuti regionali
preannunciato dalla Commissione europea va nella giusta direzione, ma
richiede ancora importanti affinamenti:
• è appropriata, ma non appare ancora calibrata, la riduzione degli
aiuti regionali per le grandi imprese; deve, in particolare, chiudersi
il
differenziale fra aree arretrate per reddito pro capite, per evitare
fenomeni impropri di competizione;
• è inopportuno il passaggio da equivalente sovvenzione netto (ESN) a
equivalente sovvenzione lordo (ESL), che distorce gli aiuti in
relazione al regime fiscale;
• occorrono previsioni ad hoc per le aree insulari e per quelle
confinanti con nuovi stati membri;
• deve rafforzarsi l’orientamento a favore di investimenti privati che
si integrino con interventi “tematici” per la ricerca, l’innovazione,
la
protezione dell’ambiente e la formazione. Con riguardo a questo ultimo
profilo, dovrà essere potenziato lo sforzo in atto per aumentare la
selettività degli incentivi in favore della ricerca e dell’innovazione
attraverso l’introduzione di criteri di selezione che premino l’innovatività
attesa dell’investimento. Dovrà essere rafforzata la tutela della
proprietà intellettuale per incentivare l’investimento in R&S. E’
dalla maggiore apertura alla concorrenza internazionale, unita a più
elevati investimenti in ricerca ed innovazione, che ci si aspetta un
forte stimolo al sistema produttivo italiano perché raggiunga o non
abbandoni la frontiera della competitività internazionale. In
definitiva, gli incentivi dovranno progressivamente trasformarsi da
meri aiuti compensativi di carenze strutturali e amministrative a
reali strumenti di crescita della competitività delle nostre imprese e
quindi del Paese.