RIFORMA MORATTI:

ALUNNI STRANIERI SENZA TUTOR .

 

  di Gianni Gandola da Scuola oggi del 29/8/2004

 

IL CASO MILANESE. L’afflusso di alunni stranieri nelle scuole statali di Milano e di altre città della Lombardia è una realtà in continuo aumento. A Milano e provincia, in particolare, si registra in assoluto il maggior numero di presenze sul territorio nazionale. Secondo i dati del MIUR gli alunni stranieri inseriti nelle scuole milanesi sono stati 19.166 nel 2002, 23.127 nel 2003 e 28.690 nel 2004. Un trend in aumento, significativo, del 25% ogni anno. Numerosi istituti, in particolare scuole elementari e istituti comprensivi, hanno percentuali di stranieri che si aggirano attorno ed oltre il 30-40% della popolazione scolastica. Non si contano quasi più le scuole che superano, complessivamente, il 10%. Vi sono classi ove gli alunni stranieri sono addirittura il 50%..!

Arrivano alle scuole milanesi bambini e ragazzi delle più diverse etnie e nazionalità: cinesi, filippini, maghrebini, latinoamericani (soprattutto negli ultimi anni), albanesi, slavi, ecc.

 

Il bambino straniero immigrato si deve inserire in un contesto completamente nuovo. E’ evidente il cambiamento radicale dei modi di vita, di ambiente, cultura, abitudini vissuto da questi bambini nel momento in cui approdano ad una realtà profondamente diversa da quella del paese di provenienza. Come ha scritto su queste pagine Sergio Paiardi “cambiano i panorami, i suoni, i rumori, cambia la luce...”. Talvolta, oltre al contesto sociale e culturale, cambia anche l’ambiente famigliare e affettivo (è frequente il caso di bambini che hanno vissuto con i nonni nel paese d’origine ed ora si ricongiungono con i genitori..).

I bambini stranieri neo arrivati quasi sempre non sanno una parola d’italiano. E’ difficoltoso l’approccio iniziale, la prima comunicazione. Il bambino straniero ha dunque, innanzi tutto, bisogno di accoglienza, necessità di adattarsi alla nuova situazione e di integrarsi nella classe di inserimento. Ha bisogno di apprendere la lingua italiana (alfabetizzazione) come lingua d’uso quotidiano e di scolarità, per poter comunicare e interagire con gli altri bambini, gli insegnanti, gli adulti (in ambito famigliare si continua a parlare, abitualmente, la lingua d’origine..).

Ha bisogno di strumenti per l’apprendimento, per lo studio, per orientarsi e per capire i contenuti di un programma didattico e disciplinare che spesso è molto lontano dalla sua cultura. Si pone inoltre il problema dell’inserimento in classe accanto a bambini italiani e di altre etnie e nazionalità, in una prospettiva educativa che rispetti e salvaguardi le culture d’origine di ogni alunno.

 

La scuola milanese può indubbiamente vantare, dagli anni ‘90 in poi e in particolare negli ultimi dieci anni, una tradizione di esperienze di integrazione degli alunni stranieri di notevole importanza e significato. Non solo vi sono stati momenti di formazione e di ricerca (convegni, gruppi di studio sull’educazione interculturale, ecc.) ma alcune centinaia di docenti, distaccati dalla classe, si sono dedicati all’accoglienza, hanno predisposto laboratori linguistici, progetti, programmazioni didattiche, intervenendo direttamente sugli alunni stranieri con un ruolo di “mediatori” rispetto la realtà classe e di “facilitatori di apprendimento”, come sono stati generalmente denominati.

 

La figura dell’insegnante “facilitatore di apprendimento”, all’interno di questo percorso di inserimento, dava concrete risposte ai bisogni degli alunni stranieri, svolgendo proprio queste attività essenziali. Si configurava esattamente come una sorta di “tutor per i bambini stranieri”.

Se il “docente tutor” previsto dalla Riforma Moratti ha principalmente funzioni di guida e assistenza per gli alunni, in una logica di personalizzazione dei percorsi formativi (quindi di attenzione alla persona-alunno con i suoi bisogni specifici), cura delle relazioni con le famiglie, ecc. queste funzioni venivano svolte, nel caso specifico, dagli insegnanti assegnati ai “Progetti per l’integrazione degli alunni stranieri”. Un patrimonio di risorse, esperienze, professionalità che ora rischia di scomparire o, in ogni caso, di non essere valorizzato e utilizzato adeguatamente.

 

Alcuni dati in proposito: nel 2000 vi erano oltre 700 insegnanti facilitatori in organico provinciale, assegnati prevalentemente alle scuole elementari e medie. Nel corso degli anni successivi si è assistito ad una continua riduzione del loro numero (240 nell’a.s. 2001-2, 120 nel 2002-3, 80 nel 2003-4). Un processo di “razionalizzazione” (leggasi: contrazione degli organici) che è iniziato negli anni del centro-sinistra e che con il ministero Moratti è proseguito e giunto a compimento. Nell’organico provinciale dell’a.s. 2004-2005 non vi è traccia dei docenti facilitatori: queste risorse sono state eliminate del tutto. E quel che è paradossale - e torniamo ai dati iniziali - è il fatto che, nel contempo, gli alunni stranieri non sono diminuiti ma al contrario aumentano e sono in continua crescita.

 

E veniamo alla riforma Moratti e al tutor. Qui si colgono aspetti e funzioni importanti nella scuola (accoglienza, ascolto, assistenza educativa, guida, orientamento, ecc.) fino quasi ad enfatizzarle e ad attribuire ad esse un ruolo ed una figura ad hoc, il docente tutor. Il “tutor” costituisce uno dei punti di svolta della proposta di riforma. Ma questa figura di tutor è di tutti, si riferisce “indistintamente” a tutti gli alunni del gruppo classe, in modo indifferenziato e generico (senza distinzione alcuna di etnia, cultura, provenienza, “bisogni”). Nel contempo, in maniera alquanto contraddittoria e bizzarra, vengono rimosse quelle esperienze e figure particolari di “tutor” proficuamente sperimentate su alcuni soggetti, gli alunni stranieri, portatori di specifici bisogni (accoglienza, assistenza, integrazione, ecc.) e collocabili nelle fasce più “deboli” dell’utenza scolastica. Vengono cioè tolte proprio quelle risorse “aggiuntive” essenziali, necessarie (i docenti facilitatori), che consentivano di “prendersi cura” degli alunni stranieri, con una riduzione complessiva e generalizzata degli organici di istituto. Forse qualcuno, al MIUR, nel bel mezzo del dibattito sul tutor, si é dimenticato della “questione stranieri” e della sua specificità…

 

Cosa succederà ora? Quando i bambini stranieri arriveranno (e arrivano nel corso dell’intero anno scolastico…), verranno direttamente immessi in classe, senza mediazioni, supporti, “reti di protezione” e forme di inserimento graduale e programmato, accanto ad altri 20-25 alunni, diversi dei quali di altre e diverse nazionalità. Insomma, è evidente che si complica tutto quanto: modalità di inserimento e di accoglienza per gli alunni stranieri, clima di relazione e di apprendimento per l’insieme della classe, gestione della classe da parte dell’insegnante, possibilità di insegnamento individualizzato (altro che “personalizzazione”!). Il venir meno di risorse importanti, di esperienze e professionalità maturate in questi anni, non potrà non incidere sulla complessiva “qualità della scuola” e comunque rende altamente problematica l’integrazione degli alunni stranieri.

 

Come pensa di far fronte a questa situazione di “crisi di risorse”, di generale indebolimento delle scuole, l’Amministrazione scolastica, la Direzione Scolastica Regionale e il CSA di Milano? E quali risposte pensano di dare gli enti territoriali, in particolare il Comune di Milano ma anche la Provincia, a fronte di questo fenomeno dalle vaste implicazioni sociali? Quali politiche sociali e di accoglienza sul versante dei minori stranieri si intendono mettere in campo per sostenere le scuole pubbliche? Nella prospettiva di una città-società multietnica e multiculturale questi interrogativi esigono delle risposte, in termini di iniziative e interventi concreti. O si pensa di lasciare gli operatori scolastici (dirigenti e insegnanti) da soli a fare i conti con questa complessa realtà?