Ritorno fra i banchi

L’OROLOGIO (PUNTUALE) DELLA SCUOLA

 

  di Gaspare Barbiellini Amidei, da Il Corriere della Sera del 27 agosto 2004

 

Le graduatorie per supplenze e assunzioni sono pronte, e questa è una (non piccola) buona notizia. Su 900 mila docenti, 800 mila sono in ruolo. Gli altri sono abbastanza ben ordinati nelle loro posizioni, a parte alcune insoddisfazioni da approfondire. È interesse di tutti che un sano metabolismo globale funzioni anche nella zona ampia della precarietà. La scuola, dunque, riparte puntuale. Meno puntuale, invece, è la riforma. Per il secondo ciclo, che pure è il cardine dell'innovazione, tutto sembra destinato a restare com’è adesso non solo per il 2004-2005, ma anche, con tutta probabilità, per il 2005-2006. Nella prossima legge finanziaria non sono previsti infatti i fondi per l'attuazione. E questa è una pessima notizia. Fermarsi alla zona baby dell'innovazione è un errore strutturale. L'intero impianto della trasformazione non tiene, se le modifiche, pensate unitariamente, si riducono solo a una nuova pedagogia infantile e pre-adolescenziale.

L'appassionata e lacerante discussione sull’opportunità o meno di un unico sistema educativo, articolato al suo interno in due percorsi, quello dell'istruzione liceale e quello dell'istruzione e formazione professionale, retrodata così a una situazione vecchia di ottant'anni, con ragazzi sparsi fra licei, istituti tecnici, istituti professionali statali, centri di formazione professionale regionale e apprendistato.

Per chi ha fretta e non si accontenta ci sono 701 offerte di sperimentazione, troppe e troppo vaghe. I contrasti, perfino le divisioni ideologiche, potevano essere fertili, i rinvii sono in ogni caso dannosi.

Tutta l'idea di riforma si legittima in primo luogo proprio a partire dall'urgenza del secondo ciclo. La gioventù si affaccia all'Europa con un dislivello di competenze. Molte inchieste certificano che questo ritardo penalizza la maggior parte degli studenti italiani.

Dalla sfasatura nei tempi dei due cicli nasce poi uno strabismo concettuale. Faccio un esempio. Non ci sarà «tutor» nelle scuole superiori per molto tempo ancora, mentre già quest'anno se lo trovano in classe i bimbetti delle elementari. E i genitori, di cui una parte protesta, credono, sbagliando, che così, grazie alla Moratti, sia tornata fra i bambini la vecchia maestra unica, stile Cuore. Soprattutto negli anni vicini alla maturità il «tutor» è invece un sostegno, un amico, un raccordo con la famiglia, una figura professionale che già opera nel resto d'Europa. Per ora da noi resta nel secondo ciclo un sogno non finanziato.

Se è possibile distinguere la politica dell'istruzione dall'ingegneria dei bilanci, sarebbe opportuno che almeno sulla carta la legge non subisse arresti. I decreti delegati di attuazione della Riforma, pur senza immediata copertura, dovrebbero comunque essere definiti dal ministro entro la prossima primavera, come era stato previsto. Il disegno architettonico non è legato ai soldi, ai quali è invece legittimamente ancorata la data di avvio effettivo.

Le famiglie hanno interesse alle certezze, anche quando sono differite. Compiono investimenti sempre più onerosi. Perfino nelle esperienze scolastiche marginali. L'arredo d'aula, fra diari, zainetti, astucci di matite, quaderni eccetera, segna un aumento medio di 40 euro. La spesa coperta dalla «paghetta» (merendine, bibite, gadget vari, per non dire dei troppo precoci cellulari) in tre anni è salita del 70%. Sembrano argomenti da briciole, nella grande partita dell'apprendimento. Ma il malessere è fatto di piccole cose. I genitori accompagneranno i figli al primo giorno di lezione dopo un vuoto di più di tre mesi, che sono troppi per quanti a malapena fanno quindici giorni di villeggiatura fuori città. La pedagogia del cortile e della strada non è il massimo.

Per prima comincerà l'8 settembre la Lombardia, 35 settimane di studio interrotte da altre vacanze, fino al 13 giugno. Le altre Regioni se la prendono più calma. E' l'autonomia. Anche la questione dei tempi andrà rimeditata. Non è vero che i ragazzi vogliono studiare di meno e star meno a scuola, vogliono studiare e frequentare meglio e in maniera più aggiornata. Leggi Finanziarie permettendo.