RESOCONTO
E PROPOSTE POLITICO-PROFESSIONALI
DELLA
TAVOLA ROTONDA-SEMINARIO
PADOVA,
10 MARZO 2003
di Filippo Franciosi e Serafina Gnech
Lungo
tutta la giornata di lunedì 10 marzo si è svolta a Padova
la tavola rotonda-seminario "Ercole al bivio" (sottotitolo "La scuola h-a
due gambe"). Hanno partecipato: Fabio Barina, Renza Bertuzzi, Sandro Del
Giudice, Gian Luigi Dotti, Lino Giove, Serafina Gnech, Angela Martini,
Giorgio Quaggiotto; ha svolto la funzione di moderatore Cesare Biadene.
La partecipazione è stata soddisfacente, toccando nelle ore della
mattinata la sessantina di presenze.
In apertura il Moderatore ha subito precisato che scopo della giornata era quello di cercare il senso della riforma Moratti. Di questa le intenzioni - più o meno trasparenti – sembrano essere tre: 1) il perseguimento del risparmio puro e semplice (vale a dire, in realtà una "riforma Tremonti"), 2) una ricerca, invero piuttosto confusa, di maggiore serietà nella scuola, 3) il venire incontro all' "utente" e al "mercato". La legge che sta passando in Parlamento è una cornice assai ampia e assai tenue: di tutto il resto (piani di studio, orari, programmi ecc.) si hanno solo anticipazioni non ufficiali, di modo che questo appare il momento in cui la Gilda potrebbe e dovrebbe intervenire con proposte e forme di pressione. Questo Convegno, precisa il Moderatore, cercherà di suscitare e raccogliere idee proprio in questo senso e per questo momento: esso non consisterà propriamente di relazioni, ma di brevi contributi, integrati poi dalle risposte di coloro che siedono al tavolo alle domande di chi vorrà porne.
A questo punto chi stende questa relazione ritiene che, piuttosto di redigere una sorta di verbale riportando in ordine cronologico interventi, domande e risposte, sia più efficace presentare i temi emersi, cominciando dai più ampi e importanti al fine della comprensione dell' essenza della riforma, menzionando naturalmente coloro che tali temi hanno sollevato o che hanno concorso ad approfondirli con precisazioni o domande. Poi si passerà a temi più specifici, per lo più riguardanti questo o quel segmento dei futuri ordinamenti.
Riveste
un carattere preliminare l' istanza di ricercare le fondamenta teoretiche
di questa riforma - se ne ha - da un lato per capirne l' indole e quindi
le ripercussioni sul futuro della comunità nazionale, dall' altro
per decifrare le intenzioni del Governo che la sta portando avanti. Renza
Bertuzzi fu a suo tempo chiamata nella Commissione Berlinguer e ora lo
è stata dalla Moratti. [Chi scrive queste righe osserva che è
significativo che molte delle persone di cui entrambi i Ministri si sono
avvalsi siano le stesse; purtroppo in queste scelte comuni non si sono
limitati alla nostra collega Bertuzzi o ad altri a lei più o meno
affini… ma su questo si dovrà ritornare].
La
Collega precisa subito che la riforma di Berlinguer era un progetto molto
preciso, fondato su una concezione della scuola per noi completamente nuova
- e inaccettabile, dico io - tesa a far piazza pulita del nostro sistema
scolastico sia nei suoi ordinamenti sia nelle sue stesse basi teoretiche
e ideologiche: sarebbe stata la scuola funzionale all'economia globalizzata,
deputata a preparare per essa le "risorse umane" (leggere su questo il
Documento di lavoro fatto predisporre dal Ministero nel gennaio
1997).
Il
progetto Moratti invece non presenta la chiarezza di basi e di intenti
di quello Berlinguer: da qui la difficoltà di capire le intenzioni
stesse dell'attuale Governo. Nella sua architettura emerge sul resto il
cosiddetto doppio canale (le "due gambe", licei/formazione professionale),
criticato in maniera prevalentemente pretestuosa.
Ma
i contenuti dei due canali restano vaghi. Si è discusso sul "profilo
pedagogico" , cioè su come dovrà essere l' alunno, o cittadino,
all' uscita dalla scuola a 19 (o 18) anni, indipendentemente dal canale.
Per questo motivo il problema concreto che a noi come Gilda interessa particolarmente
(quali materie verranno insegnate, che fine faranno i docenti di materie
che non ci saranno più, et similia) per ora non è
stato posto.
Solo
l'affermazione del principio che al centro della scuola c'è lo studente,
che la scuola deve rispondere alle sue esigenze generalmente esistenziali
e ai suoi problemi, che le cosiddette materie sono funzionali a tale risposta.
Così Bertagna.
Più tardi chi scrive sottolineerà il significato della permanenza, anzi, per essere più precisi, del ritorno di questo personaggio alla testa degli organismi deputati a "riempire" la delega che il progetto di legge prevede. E non a caso più avanti nel corso del Convegno qualcuno parlerà di "riberlinguerizzazione" del progetto Moratti, mentre altri preciseranno che i legami di quest'ultimo con il precedente risalivano sin dall' origine (progetto "Berlinguer-Moratti"). Quasi identico a Berlinguer è infatti tutto ciò che concerne i nuclei pluridisciplinari, il cosiddetto portfolio e quant'altro fa in sostanza scadere il ruolo delle discipline e dell' insegnante.
Giorgio
Quaggiotto preciserà che Berlinguer e Moratti dicono le stesse cose,
sia pur il primo in modo coerente, la seconda in modo episodico e slegato,
perché entrambi hanno riempito il vuoto lasciato ormai da qualche
tempo dallo Stato, che ha abdicato alla sua scuola come istituzione della
Res publica riducendola a servizio. Questo, ha continuato
Quaggiotto, si è ripercosso sulla funzione di orientamento
propria della scuola e, in particolare almeno finora, della scuola media.
Da
molto si era constatato che la società italiana (o comunque quella
parte di essa in grado di porre i suoi interessi come interessi di tutti)
non accettava che fosse la scuola a dire la parola determinante sul proseguimento
degli alunni negli studi e sulle relative scelte: questo si verifica ancor
più oggi, quando appunto la scuola si presenta non più come
istituzione, ma come servizio. E infatti da "giudizio orientativo" si è
passati a "consiglio" di effetto vincolante pari a zero. Sulla scuola media
si sofferma pure F. Barina, che pone il problema dell' immigrazione e successivamente
fa un confronto tra i numeri di ore di ciascuna materia nella media attuale
e in quella futura. Si scaglia poi contro il biennio valutativo, didatticamente
aberrante e non scevro di complicazioni organizzative. Conclude che il
problema della scuola non può essere posto come problema di cosiddetto
successo formativo.
Sugli
effetti sociali di tutto questo e di quanto detto da Quaggiotto, in particolare
del rapporto tra una selezione ormai dismessa dalla scuola e demandata
in particolare all' ingresso alle Università ma più in generale
al "mercato", e la democrazia stessa si è soffermato Lino Giove.
Egli reca con sé un significativo articolo del prof. Mazzarella
dell' Università di Napoli intitolato proprio Selezione e democrazia,
che mette in evidenza le conseguenze aberranti sul piano sociale e democratico
di quanto sta avvenendo in conseguenza sia della riforma cosiddetta 3+2
sia della nullificazione dell' esame di maturità. Una completa
revisione di quest'ultimo è necessaria per sottrarre la scuola alla
logica del mercato restituendole il suo carattere pubblico.
Una
qualche speranza di ripristino della vera natura della scuola Giove la
vede nel fatto che per la scuola media, ora scuola non di formazione ma
di vita di relazione, è previsto il ritorno delle materie. Egli
si mostra più ottimista del sottoscritto, ma conviene con lui sul
fatto che sottrarre al pedagogismo sia la scuola (presenza di Bertagna
ecc. ecc.) sia la formazione degli insegnanti nel biennio universitario
di specializzazione non sarà facile.
Un
altro punto affrontato dal Convegno è l' aspetto che con argomenti
ora reali ora pretestuosi è finora risultato il più appariscente
nel dibattito tuttora in svolgimento in tutte le sedi, giornalistico-televisiva,
politica, sindacale, studentesca, addirittura accademica: la lettura della
riforma come operatrice di tagli.
Il
sottoscritto sottolinea in via preliminare che questo Governo non ha neppure
l' avvertenza o forse la capacità di ribattere che i tagli della
Moratti sono meno della metà di quelli comportati da Berlinguer
con l' eliminazione di un anno di scuola e con tutto il resto, al punto
che la legge 30/2000 parlava espressamente di come usare i soldi risparmiati
mediante la sua attuazione.
Un
altro elemento che rende in parte pretestuoso e fuorviante il discorso
"tagli" è il fatto che stanno per andare in pensione leve di insegnanti
numerosissime, quali 1946-48, oltre a quanti restano degli anni 1944-45:
al Governo basterà assumerne meno, senza licenziare nessuno (ma
esso non è capace neppure di far uso di questo argomento per scagionarsi
dall' accusa di "tagli").
Ciò
che deve preoccupare di più è invece – oltra alla riduzione
dei "sostegni", magari mascherata da razionalizzazione - la riduzione del
monte-ore curricolare (nella prima bozza Bertagna addirittura a 25 ore
per qualsiasi grado e tipo di scuola!), rimpiazzando il resto con incarichi
superprecari di tipo privatistico. Su questo argomento si sofferma in modo
circostanziato G.L. Dotti. Egli aggiunge tuttavia che, se l' aspetto "tagli"
è quello che attualmente si nota di più, ciò che manca
nel progetto è la visione filosofica, e si rifà a
un articolo di Alberoni apparso proprio lo stesso giorno sul Corriere
della sera.
Tale
assenza traspare dalle bozze di programmi (anzi, piani di studio "personalizzati")
prolisse e frettolose, dalle quali emerge che non si ha non solo la volontà,
ma neanche la capacità di scegliere tra impostazione pedagogistica
(le "educazioni") e discipline. Nell' ultima parte del suo intervento Dotti
si occupa della Storia: questa materia lungo il corso di studi non
sarà più trattata per tre volte come ora, e nemmeno una sola
seguita nell' ultimo triennio da fantomatici approfondimenti e dibattiti
come prevedeva Berlinguer, ma due volte, cosa che egli ritiene probabilmente
positiva.
Nel pomeriggio chi scrive concluderà il discorso "tagli" proponendo che la Gilda prepari un elenco accurato dei veri tagli da fare, prendendo di mira gli sperperi in tutto ciò che disturba il normale insegnamento, vale a dire progetti inutili, attività più o meno strampalate, corsi cretini, e soprattutto mirando a quello che dovrebbe essere il taglio principe, il passaggio al preside elettivo, il quale tranne che in scuole grandissime mantenga un certo numero di ore di insegnamento e riceva oltre al normale stipendio una moderata indennità di direzione.
Il
successivo intervento è di S. Del Giudice. Egli, sulla base di un
lavoro fatto a Verona, presenta con dovizia di dati numerici e percentuali
la
situazione dell' istruzione professionale e della formazione professionale
regionale principalmente nel Veneto, ma non senza comparazioni con
il resto del Paese.
Indubbiamente
un lavoro come quello di Verona potrà portare un importante contributo
di chiarezza nel caos in gran parte ancora ignoto in cui cadrà questo
settore a causa del contemporaneo sovrapporsi di riforma Moratti, titolo
V riformato (e forse di nuovo da riformare?) della Costituzione e di altro
ancora.
Sullo
spinoso problema, in particolare sul futuro dell' istruzione professionale
interviene nel pomeriggio Lorenzo Crise, il quale sottolinea come oggi,
in conseguenza della riforma Brocca, le differenze tra istituti tecnici
e istituti professionali siano esigue. Questo oltretutto ha provocato un
grande numero di insuccessi scolastici nel primo biennio dei professionali:
molti ragazzini che si aspettavano dopo le medie una scuola "diversa",
nella quale occuparsi subito di ciò che li avrebbe portati al mestiere
prescelto, trovano invece la stessa pappa di prima, da cui delusione e
demotivazione. Crise propone pertanto che nell' istruzione professionale
passi gran parte dell' istruzione tecnica, creandosi così un' istruzione
professionale di settore: in quest' ultima le materie tecniche dovrebbero
essere insegnate da persone che le vivono sul campo, professionisti, imprenditori,
che naturalmente andrebbero adeguatamente pagati.
La mattina era stata conclusa da Serafina Gnech, la quale rifacendosi ad un punto già toccato da Biadene, dice che da questo Convegno dovrebbero uscire precise istanze e prese di posizione su punti specifici della riforma Moratti, in modo da poterli presentare all' Assemblea nazionale del 28/29/30 marzo p.v.
Nel
pomeriggio, dopo l' intervento di Crise già ricordato, prende la
parola Angela Martini dell'IRRE Veneto. Appare subito singolare la consonanza
tra quanto dice la ricercatrice nel suo intervento e le più importanti
tra le cose emerse nella mattina, specialmente là dove si è
trattato dei fondamenti e dei principi su cui si reggeva il progetto Berlinguer
e in parte quello Moratti.
L'analisi
proposta dalla signora Martini ritrova le origini di quanto sta succedendo
alla scuola – e non solo in Italia – nell' avvento della globalizzazione
e nelle risposte che a questa si è ritenuto di dare: vale a dire
la dismissione da parte degli Stati della scuola in quanto istituzione,
il suo degrado a servizio, cui è presto seguito l'avvento
di un "quasi-mercato" dell' istruzione fondato sulla concorrenza.
Per
i Paesi dell' Europa continentale, tra i quali con Berlinguer il nostro,
il primo fondamentale passo per porsi su tale strada è consistito
nell' adesione supina al modello anglo-sassone, il più lontano dalla
nostra impostazione e dai nostri stessi principi costituzionali. La situazione
è ormai difficile, e non si può recuperare solo cercando
di conservare. Bisogna cercare alleanze con chiunque sia interessato a
mantenere la scuola come istituzione pubblica, resistendo nel contempo
alle sirene privatistiche (scuola-servizio, scuole-aziende, scuole "certificate",
managers ecc.), ma al tempo stesso anche progettando.
Conclusosi
l' intervento della signora, Gnech informa incidentalmente che esso promana
da un articolo della stessa sull' ultimo numero della rivista Punti
fermi di Lucio Russo e sintetizzato nel sito del Centro Studi Gilda
(www.gildacentrostudi.it).
Seguono altri interventi (da segnalare quello assai critico di Lea Tuttolomondo sulla scuola elementare e di una signora di scuola materna contraria all' anticipo di età) e domande, seguite dalle relative precisazioni e risposte da parte dei relatori. Come ultimo è opportuno menzionare il breve intervento di Niccolò Menniti Ippolito, giornalista e docente nello stesso liceo scientifico "E. Fermi" che ci ha ospitato. Egli ribadisce la necessità di sottrarre le lauree specialistiche per la formazione degli insegnanti alla facoltà di Pedagogia (o di Scienze dell' Educazione, o della Formazione, come si chiama adesso); e tornando alla denaturazione della scuola da istituzione a servizio subita a partire da almeno dieci anni or sono, constata come in tale logica non sia possibile contenere l' intromissione dei genitori nelle scelte didattiche e nella valutazione, a scapito dell' autonomia e della professionalità dei docenti.
Filippo Franciosi
La
recente approvazione della Legge Moratti (12 marzo 2003) ha reso evidente
una necessità: quella di far seguire ad una presa di posizione di
tipo generale, sulla quale l'Assemblea Nazionale si è espressa in
data 30/11/02, degli specifici pronunciamenti e/o delle richieste che provengano
dagli insegnanti e delle quali la nostra Associazione si faccia portavoce.
Il meccanismo della legge-delega, sotto tutti gli aspetti fortemente discutibile,
ci offre in realtà significativi spazi temporali nei quali, e particolarmente
in presenza di incertezze da parte della maggioranza, l'Associazione si
può incuneare, utilizzando – in questo caso – sia lo strumento della
"presa di parola" pubblica sia quello, laddove possibile, dell'azione politica
diretta.
La tavola rotonda-seminario di Padova, volutamente ristretta ed informale, ha inteso muoversi proprio nella direzione indicata. Quella, per l'appunto, di far emergere dalla discussione sul progetto generale – sul quale si è cercato di andare a fondo il più possibile – delle proposte politico-professionali.
Il ricorso, peraltro numericamente inusitato, agli ordini del giorno (57 o.d.g. che hanno totalmente assorbito gli emendamenti della maggioranza), rendendo possibile l'individuazione di alcuni riferimenti, dovrebbe teoricamente spianare il terreno.
1.
Sul biennio valutativo.
I
presenti si sono unanimemente espressi contro il biennio valutativo.
Per una serie di ragioni (di ordine didattico, educativo e organizzativo,
scrive Fabio Barina – La
scuola media prossima ventura). La più evidente è
l'inevitabile crollo dei livelli di studio (molti studenti tenderanno a
rimandare lo studio non più al secondo quadrimestre ma addirittura
al secondo anno e gli studenti non direttamente interessanti ne subiranno
anch'essi gli effetti). Il biennio valutativo rientra inoltre nella logica
della procrastinazione delle scelte, già presente nel progetto Berlinguer.
Questa logica, che affida la selezione alla società e al mercato
del lavoro, è socialmente più discriminante della logica
che affida la selezione alla scuola. Il biennio valutativo tende inoltre
ad ingessare i percorsi individuali (perché sarà ben difficile,
fa giustamente notare il Coordinatore Gilda di Milano, Francesco Zaffuto,
che una famiglia che ha iscritto il figlio al liceo scientifico, con la
speranza di vederlo diventare fisico nucleare, sia disposta a fargli cambiare
indirizzo dopo due anni). Dal punto di vista dei docenti, l'imposizione
di scadenze valutative si scontra con il concetto di professionalità,
ne inficia l'efficacia, di fatto ostacola il raggiungimento dei risultati.
Ne risulta la volontà di chiedere "che venga rivisto il meccanismo che lega le eventuali ripetenze ai segmenti interni ai percorsi scolastici e che venga ripristinata la possibilità per i docenti di giudicare e decidere liberamente nel merito ".
*** Ordini del giorno relativi al biennio valutativo :
3.
Sull'esame di Stato
I presenti
ritengono che i docenti non possano essere espropriati di una funzione
intrinseca all'espletamento della professionalità quale quella della
valutazione. Ciò avviene non solo quando si pongono dei vincoli,
come nel caso del biennio valutativo, ma anche quando si annullano le condizioni
che permettono una valutazione equa ed oggettiva, come nel caso dell'Esame
di Stato. Delegano quindi l'Associazione a studiare – per mezzo di commissioni
di studio identificate in seno all'Assemblea Nazionale - proposte di tipo
professionale ed eventuali modalità per ridare serietà all'Esame
di Stato (1)
4.
Sulla formazione iniziale.
Il
problema della formazione iniziale dei docenti è stato sollevato
più volte poiché esso risulta centrale nella definizione
della scuola futura. La Gilda, coerentemente con il proprio DNA, che pone
come assunto di partenza la concezione della scuola come luogo dell'istruzione
e non della generica assistenza, ha più volte ribadito la necessità
di mantenere una preparazione disciplinare di alto livello. Nell'autunno
del 2000 si era espressa a favore della proposta ufficiale Tranfaglia che
prevedeva, per il ciclo secondario, una laurea disciplinare 3+2 seguita
da un anno di preparazione pedagogico-didattico-pratica.
I presenti prendono atto dei numerosissimi punti oscuri dell'art. 5 della Legge Moratti relativo alla formazione iniziale ed alla impossibilità di prendere una posizione definita con riferimento allo stesso***.
Comunque,
fermo restante l'assunto di cui sopra (la scuola è il luogo dell'istruzione)
potrebbe essere ipotizzato un percorso 3+2+1 come tracciato da Tranfaglia,
con le seguenti caratteristiche:
*** Gli ordini del giorno relativi alla formazione iniziale di tipo non specifico e non transitorio accolti dal Governo sono complessivamente 7 e sono stati riportati nelle schede informative sulla formazione iniziale pubblicate nel Centro Studi (www.centrostudigilda.it). Diversamente da quelli relativi al biennio valutativo, che sono grosso modo omogenei, essi sono diversissimi in quanto portavoci di interessi contrastanti.
Vicinissimo alle istanze della Gilda risulta l'o.d.g. del Senato (Senato 06-12 dicembre 2002) che recita: "… impegna il governo a mantenere la formazione degli insegnanti della scuola secondaria inferiore e superiore nell'ambito delle lauree specialistiche di riferimento per le rispettive discipline (in storia per i futuri insegnanti di storia, in filosofia per i futuri insegnanti di filosofia, e così via); a non attivare alcun tipo di laurea specialistica a carattere didattico-pedagogico quale percorso comune di formazione per gli insegnanti".
4.
Sul portfolio
Il
Portolio delle competenze individuali, che è stato fino al
momento attuale ignorato da tutte le forze sindacali – non professionali
che militano nel mondo della scuola costituisce, insieme alla sottrazione
dello strumento della valutazione a tutti i livelli e allo svuotamento
dell'esame di maturità il più forte attacco alla professionalità
docente.
La via delle trasparenza intrapresa dalla pubblica amministrazione in genere e trasportata nella scuola, coniugata ai retaggi dei decreti delegati e ad una logica da oratorio cattolico ha dato luogo a quello strumento mostruoso in cui devono apparire "annotazioni sia dei docenti, sia dei genitori, sia (se necessario) dei pre-adolescenti".
La confusione dei ruoli è evidente e i danni che essa può creare lo sono altrettanto. A questi vanno aggiunti: i notevoli carichi di lavoro burocratico (con quali compensi?), e l'accentramento rilevantissimo nelle mani del tutor.
I presenti al seminario di Padova pur comprendendo che il portfolio risponde alla inderogabile necessità di creare degli strumenti che permettano la trasparenza di titoli e conoscenze all'interno dell'Unione europea (in modo tale da rendere effettivamente praticabile la mobilità sul mercato del lavoro) concordano nel ritenere che l'Associazione debba chiedere una totale revisione di uno strumento che, nell'attuate concezione, costituisce una palese pesante ingerenza negli ambiti professionali e, per ciò stesso, un attacco alla libertà di insegnamento costituzionalmente garantita.
*** Può essere utile confrontare l'art. 5 della legge Moratti con le proposte contenute nel documento pre-politico Bertagna pubblicate a cura di Renza Bertuzzi Formazione iniziale dei docenti.
A conclusione i presenti chiedono che le istanze di cui sopra, tradotte in mozioni, vengano presentate ai delegati dell'Assemblea nazionale di Fiuggi del 28/29/30 marzo 2003.
ATTENZIONE!!!
La
scrivente segnala, affinché se ne tenga conto al momento di eventuali
delibere relative ai punti di cui sopra, che un o.d.g. del Senato acquista
particolare rilevanza per la Gilda in quanto riflette precise richieste
di piattaforma. Si tratta di un o.d.g. con il quale il Senato "impegna
il governo a consentire che i docenti, i quali abbiano conseguito la laurea
specialistica di cui alla lettera a) dell'art. 5, debitamente formati,
possano svolgere anche attività di tutoraggio e supporto didattico
nei corsi di laurea specialistici abilitanti all'insegnamento, previa convenzione
apposita fra scuole ed atenei".
Serafina Gnech