Pensioni e contratti: si gioca al ribasso.

E’ una operazione al ribasso
quella che il governo sta tentando su pensioni e contratti.

dalla C.G.U. Confederazione GILDA-UNAMS, 11/5/2007

 

Sulle pensioni ormai si sta affermando come possibilità, tra lo sbandierato impegno elettorale di eliminare lo scalone della legge Maroni, in vigore dal 1° gennaio 2008, e il suo mantenimento (a cui pare stia lavorando alacremente Padoa Schioppa), quella di trovare una via intermedia portando a 58 anni nel 2008 l’età utile, unita ai 35 anni di contribuzione come requisiti minimi per la pensione di anzianità. Una scelta che, sembra un paradosso, colpirebbe per la terza volta, dopo la Dini e la Maroni,  sempre gli stessi lavoratori. Si tratta comunque di una soluzione, iniqua che non risolve il problema della dignità e della coerenza politica e che soprattutto non porta benefici a nessuno. Non allo stato che avrà un aggravio della spesa pensionistica e tanto meno ai lavoratori che vedono allontanarsi la possibilità dell’uscita dal lavoro pur con  più di 35 anni di contributi previdenziali maturati. La stessa ipotesi di aumentare le pensioni minime di 2,5 mln di pensionati (che sarebbe un atto di equità sociale oltremodo necessario) pare stia sfumando a causa dei costi: 1,5 mld di euro.

Il rischio vero in questo momento è che il raggiungimento di questo ipotizzato quanto inutile compromesso sulle pensioni divenga merce di scambio con i contratti. Violato l’accordo del 6 aprile il governo sta tentando di mettere delle pezze per scongiurare l’ennesima minaccia di sciopero indetto per il 1° giugno. Impegni e promesse da parte del Presidente del Consiglio e del ministro Nicolais, come al solito non mancano. All’Aran però l’atto di indirizzo, arrivato ieri, per l’apertura dei contratti dei ministeriali ricalca la contestatissima “Direttiva Madre”, le risorse a cui si fa riferimento sono quelle della finanziaria quindi restiamo, al di là delle promesse, al 4,46% di aumenti retributivi. Le richieste fatte al governo di specificare il tetto minimo di crescita in 101 euro lordi mensili a regime per il 2006-2007 (elemento centrale dell’accordo di aprile) non hanno trovato esplicita previsione nell’atto di indirizzo per i ministeriali.

In questo confronto governo-sindacati quelli che stanno in mezzo sono i lavoratori: da un lato sulle pensioni, comunque vada, non vedranno migliorate le loro condizioni e dall’altro sui contratti sarà sempre troppo poco quello che si potrà strappare ancora ai tavoli di trattativa. Sullo sfondo un minaccioso disegno di legge che dovrebbe rilasciare delega al governo per riscrivere il Decreto legislativo nr. 165/2001, la norma madre di tutta la materia sindacale e contrattuale. 

 

Ufficio stampa CGU