I CIP sono contrari all'art. 66 comma 1-C
della Finanziaria 2007.

dal Direttivo Nazionale dei C.I.P. 20/10/2006

 

I CIP, Comitati Insegnanti Precari, si oppongono all’art.66, comma 1-c, della Legge finanziaria 2007 che, dal 1 gennaio 2010, prescrive incautamente e ingiustamente l’abolizione delle graduatorie permanenti.

Cosa sono le graduatorie permanenti.

Sono liste che includono 296.946 docenti laureati che, nel corso degli anni, si sono sottoposti ai pubblici concorsi banditi dallo stato, per il conseguimento delle abilitazioni all’insegnamento necessarie all’inclusione nelle graduatorie per l’accesso ai ruoli dello stato.

Chi ne fa parte.

Docenti precari in attesa di definitiva assunzione in ruolo, e transitoriamente utilizzati per supplenze temporanee, ed insegnanti già in ruolo che, impropriamente, le utilizzano come ulteriore mezzo di mobilità professionale per il passaggio di cattedra a discapito dei precari.

Cos’è il precariato scolastico.

E’ una metastasi dell’istruzione pubblica italiana. Procura danni educativi ed affettivi agli alunni, professionali ed esistenziali ai docenti. Espropria il diritto degli studenti alla continuità didattica e agli insegnanti quello alla serenità e stabilità lavorativa, depauperando il loro ruolo educativo e sociale.

Quale entità ha raggiunto.

La precarizzazione è triplicata negli ultimi dieci anni, crescendo del 157%. L’istituzione di percorsi abilitanti di varia specie ed il ripetuto blocco delle assunzioni ha incrementato a dismisura tanto le graduatorie quanto l’età media dell’assunzione definitiva degli aventi diritto. Inoltre, le oltre 450.000 posizioni attuali contemplano anche una notevole quantità d’insegnanti già in ruolo che le utilizzano, attraverso una nuova immissione in ruolo, come strumento per il passaggio da una cattedra ad un’altra, in aggiunta alla quota del 60% loro riservata per la mobilità territoriale e/o professionale.

Perché l’abolizione delle graduatorie è illogica, iniqua ed illegittima.

La soppressione ipso facto delle graduatorie permanenti stride con la loro stessa denominazione nonché con le norme dalle quali scaturiscono. Nega diritti, priorità e legittime aspettative professionali ed umane a quanti hanno dato credito allo stato italiano ed alle regole dallo stesso imposte e fatte accettare ai concorrenti all’insegnamento.

Questo provvedimento non serve né alla scuola né ai precari.

La decisione di non avvalersi più dei titoli culturali e dell’esperienza didattica di quanti sono in graduatoria anche da decenni ed hanno prestato servizio con discontinuità, ma con merito e abnegazione, è una stoltezza che contribuirà ad abbassare ulteriormente la qualità della scuola pubblica. In nessun altro luogo al mondo legislatori assennati potrebbero concepire una scuola che prescinda dalle conoscenze riconosciute e dell’esperienza dei propri insegnanti.

A chi appartengono le responsabilità.

La risibile giustificazione addotta è quella di "abbassare l'età media del personale docente", come se i nostri insegnanti nascessero già vecchi e precari invece di essere invecchiati nella scuola e per la scuola, consentendole di funzionare prima di ricevere, come regalo di fine d’anno - ogni anno -, il licenziamento estivo. Questi docenti sono diventati precari perché vittime dell’inettitudine e della miopia di una classe politica responsabile delle continue revisioni normative che hanno, più volte negli anni, provocato ribaltoni, scavalcamenti e sovvertimenti delle graduatorie. La stessa che, nel frattempo, ha costretto i precari a sottoporsi a ripetute e diversificate prove concorsuali, nelle quali, comunque, sono stati riconosciuti i loro meriti e raramente i loro diritti. A queste prove si è aggiunta l’esperienza pluriennale accumulata con il servizio prestato, spesso, nelle forme e nelle sedi più disagiate. Di ciò, quella classe politica, sempre uguale a se stessa e che per altro non brilla per gioventù, dovrebbe conservare memoria e riconoscere le responsabilità.

La soluzione è possibile.

Le graduatorie permanenti possono essere eliminate solo per esaurimento e non per soppressione. Ciò è possibile in tempi brevi a condizione che non siano incrementate con l’istituzione di nuovi, quanto inopportuni, percorsi abilitanti. Occorre anche che le liste siano “ripulite” da quanti, già in ruolo, le utilizzano come canale accessorio per i passaggi di cattedra. Questi passaggi sono solo “verticali”, in quanto utilizzati dagli insegnanti delle elementari e medie inferiori per accaparrarsi anche le cattedre delle superiori a discapito dei precari inclusi nelle graduatorie permanenti. Questi ultimi, pur ricoprendo da decenni incarichi temporanei su quelle disponibilità, non hanno alcuna possibilità di acquisirle a titolo definitivo perché sistematicamente sopravanzati dai colleghi in ruolo.

Il precariato non si cancella per editto ma rispettando il diritto.

Il piano triennale che prevede 150.000 assunzioni non ha carattere risolutivo così come non lo è la soppressione delle graduatorie. Non lo è in quanto è un indirizzo non meno vago di quello contenuto nella legge 143/2003 o nei proclami del precedente governo (cfr. CdM del 25/02/2005). Peraltro la norma capestro, racchiusa in un comma della legge di bilancio 2007, senza la necessaria copertura finanziaria, rende incerte le immissioni in ruolo e sicura solo l’abolizione dei diritti acquisiti. E non è tutto. La quota programmata dal piano di assunzione è insufficiente a coprire il fabbisogno, infatti, se nel 2006/07 i precari impegnati per incarichi annuali sono 145.000 e i pensionamenti crescono del 40-60% all’anno, è del tutto evidente che alla fine del prossimo triennio la quota dei precarizzati sarà aumentata. Proprio come nell’era Moratti ed al contrario di quanto indicato nel programma elettorale dell’Unione.
I numeri non mentono.

I conti sono presto fatti.

Dei 150.000 posti stabiliti, solo 75.000 sono le cattedre disponibili per gli inclusi nelle graduatorie permanenti. Ma se i docenti in ruolo se ne accaparrano una parte consistente ed i nuovi abilitati SSIS continuano ad aggiungersi ad un ritmo di 17.000 l’anno, i precari nel 2010 non potranno che essere aumentati. Per contro le cattedre vacanti o, peggio, soppresse avranno subito un repentino incremento, con l’inevitabile ulteriore abbassamento della qualità dell’offerta formativa della scuola pubblica. Infatti, delle due l’una: o il governo, nonostante gli alunni aumentino ad un ritmo di 152.000 all’anno, ha intenzione di tagliare le cattedre, oppure mira a incrementare la precarizzazione oltre l’attuale quota del 20% dell’intero organico.

L’altro dato da rispedire al mittente è relativo all’età. Gli insegnanti italiani sono i più anziani (media 52 anni) e gli under 30 sono cento volte in meno della media OCSE? Certo. Ma se la loro prima inclusione in graduatoria avviene di norma tra i 25 e i 30 anni, di chi è la colpa? I nostri docenti “invecchiano” passando per un caporalato di stato di svariati lustri, fatto di scarsi diritti, continui licenziamenti e basse retribuzioni (da 6.000 a 20.000 euro in meno rispetto alla media OCSE), ma anche di continui tagli delle risorse per l’istruzione (passate da 331.440 milioni di euro del 2001 a 110.871 nel 2005) e di una normativa miope e contraddittoria, funzionale più alla lottizzazione politica e lobbystica che agli interessi dei cittadini.

La necessità di rispettare diritti ed impegni.

Occorre onorare quegli impegni di programma che hanno permesso all’attuale maggioranza di accedere al Governo, quelli che garantiscono i diritti e le certezze dei lavoratori, le scelte sociali condivise, le leggi giuste e la concertazione con le associazioni di categoria e le rappresentanze sindacali dei lavoratori.

Il dovere politico e la necessità funzionale della scuola impongono al governo l’assunzione su tutti i posti disponibili dei precari in graduatoria fino al loro esaurimento, la fine del mercimonio dei corsi SSIS così da scongiurare la proliferazione del precariato e, solo dopo, l’adozione di nuovi sistemi di reclutamento.

Il Direttivo Nazionale dei C.I.P