Coordinamento Veneziano per la Difesa della
Scuola Pubblica
Documento consegnato in occasione da ReteScuole dell'8/7/2006
Come genitori e insegnanti, facenti parte di quel movimento che da oltre 4 anni si batte contro la filosofia e gli effetti della cosiddetta riforma Moratti, vogliamo valutare ed analizzare i primi provvedimenti del Governo e le linee programmatiche che il Ministro Fioroni ha esposto al Parlamento lo scorso 29 giugno. Va precisato che parallelamente alla nostra battaglia nelle scuole, ed in completa autonomia dai partiti, abbiamo sostenuto attivamente la necessità del cambio nel governo del Paese, riconoscendo nel programma dell’Unione aspetti positivi e in qualche punto coincidenti con il contenuto delle nostre battaglie. Vorremmo perciò adesso vedere attuate scelte coerenti e che venisse mantenuto l’impegno che “con gli atti dei primi mesi di governo e in radicale discontinuità con gli indirizzi e le scelte di centro-destra, abrogheremo la legislazione vigente in contrasto col nostro programma”. Nell’ultimo anno in particolare abbiamo anche lavorato al progetto di Legge di Iniziativa Popolare “Per una Buona Scuola per la Repubblica”, che verrà presentata alla Camera dei Deputati ad ottobre e che ha già raccolto circa 80.000 firme di adesione.
Condividiamo molte delle analisi contenute nel documento del Ministro Fioroni: criticità della scuola e ritardi accumulati nel tempo, necessità di innalzare il livello medio di qualità su tutto il territorio nazionale, innovazione di fronte alle nuove necessità: alunni stranieri, dispersione, ecc., scuola come comunità, precarizzazione della scuola a causa della mancanza di risorse e non nomine in ruolo ecc. Così pure condividiamo i primi pur parziali provvedimenti sulla sospensione della sperimentazione del decreto 226 nella scuola superiore, la circolare sugli organici di fatto, la valutazione separata della Religione Cattolica, il rimando del Portfolio al Garante della privacy.
Ci desta invece preoccupazione la proroga dei decreti della legge 53 non ancora entrati in vigore. Non ci convince la motivazione del vuoto legislativo in caso di loro abrogazione (in quanto appunto ancora non vigenti), e d’altro canto esiste una delega per quei decreti contenuta nella legge 53. Come sarà possibile cambiarli fuori da quel quadro di riferimento? Il prendere tempo non diventa forse un PERDERE TEMPO?
La scelta politica di agire adottando una “procedura semplificata, “senza nuove leggi”, per “smontare la riforma Moratti”, mostra però i suoi più gravi limiti in relazione al decreto 59 sulla scuola di base. Qui si enuncia il metodo del cacciavite e un processo di rivisitazione di specifici dispositivi, che sono attualmente previsti, e delle Indicazioni Nazionali. Nella sostanza però tutta l’azione emendativa del disastro prodotto dal decreto 59 viene delegata all’autonomia scolastica e questo preoccupa molto e pone grossi interrogativi sulla sua attuabilità.
Ma, quali sono le risorse a disposizione dell’Autonomia? Quale possibilità avranno le scuole di ripristinare da sole il tempo scuola tagliato (Tempo Pieno e Tempo Prolungato)? Come si potrà ripristinare il modello didattico del Tempo Pieno abrogato con il decreto 59? Abbandonando l’idea di ordinamenti scolastici validi su tutto il territorio nazionale e abbandonando l’idea di programmi nazionali, quanti modelli di scuola si potranno produrre, e con quale coerenza costituzionale? Non sarà, in questa ipotesi, molto più probabile che i Circoli Didattici e gli Istituti più forti continuino a distanziarsi dalle realtà più deboli e periferiche facendo ancor più sprofondare il sistema in una progressiva disuguaglianza e degrado? L’autonomia scolastica ha consentito che si producessero i Piani dell’Offerta Formativa, ma in presenza dei Programmi, ciò non ha impedito che alunni che frequentano classi parallele, anche di istituti diversi, seguissero, per esempio nella storia, lo studio dello stesso periodo, mentre con le indicazioni nazionali non è tragicamente più così. Ma soprattutto, come farà l’autonomia scolastica a dare coerenza e senso alla produzione dei libri di testo delle case editrici scolastiche? Ricordiamo solo che i cosiddetti libri di testo riformati contengono in appendice un Portfolio (!?), un documento che sarebbe soggetto a privacy e a precise norme e a soggetti responsabili della sua compilazione, per far capire in quale preoccupante leggerezza e deregulation ci si trovi.
L’evasione di queste questioni, da parte del programma del Ministro, che sostiene che “ciò che occorre non è una logica abrogativa che sarebbe connotata inevitabilmente da rischi conservativi” appare del tutto sproporzionata davanti alla gravità della situazione. La scuola di base viene in questo modo lasciata a se stessa e le tante parole che si spendono per parlare di integrazione, di scuola come comunità o di esperienze scolastiche migliori che sono la base da cui partire, coprono un grande vuoto di impegno e proposta. Addirittura si dice che: ”Dal prossimo settembre avrà inizio una campagna di ascolto delle scuole su tutti i temi di maggiore importanza e, in particolare, su quelli che riguardano il secondo ciclo.” Ma la scuola di base (elementare e media) “massacrata “ per tre anni non viene neanche citata. Dal prossimo settembre ci troveremo ancora la scuola che la Moratti ha tentato di imporre, mitigata solo in parte dalla resistenza operata da insegnanti, genitori e dirigenti, in tanti luoghi, ma non dappertutto. Esausta di risorse e nel caos più totale sul piano normativo e dei curricoli resi anarchici dalla confusione legislativa in materia. Ancora con le Indicazioni Nazionali che pongono alla base il nozionismo, lo spezzettamento dei saperi, l’incoerenza rispetto alle necessità di formazione dell’oggi, il pressapochismo, la non continuità educativa, il non rispetto dei processi di maturazione degli alunni, il potere delle case editrici che se non si interviene continueranno nella produzione dei libri “riformati”. Così pure l’anticipo nella scuola dell’infanzia viene solo rinviato, e non abolito, non perché sbagliato ma in quanto “essa richiede l’attivazione da parte dei Comuni di condizioni logistiche, di servizi, di figure professionali aggiuntive non facilmente realizzabile ovunque in tempi brevi.” Dove sono finite le motivazioni pedagogiche contrarie a questo istituto? E cosa significa dire che lo Stato non è portatore di una sua pedagogia? Non si parla degli anticipi già in vigore nella scuola elementare che destrutturano il gruppo classe e le programmazioni didattiche.
Sulla scuola superiore altre contraddizioni ed anche questioni che vengono sottaciute preoccupano. Il Ministro afferma con lungimiranza pregevole che “Il possesso di un diploma … oggi è la soglia di istruzione considerata essenziale (come è stata la licenza elementare negli anni 50 e la licenza media negli anni 70) ….” Ma a questa fondamentale considerazione non segue nessuna coerente proposta, anche solo di prospettiva, di un elevamento dell’obbligo a 18 anni. Si rimane fermi ai 16 pur ammettendo che il passaggio dalla scuola media a quella superiore è ormai effettuato dal 97% dei ragazzi ed è in ulteriore crescita. Come dire che l’elevazione a 16 anni è ormai una certificazione della realtà e non un obbiettivo. Questa filosofia del disimpegno normativo si esplicita anche nell’affermare che ”La situazione, dunque, è molto diversa da quella degli anni 70, quando l’obbligatorietà era lo strumento principe, simbolico e fattuale, per forzare la resistenza di quote ancora importanti delle famiglie ad investire nell’istruzione lunga dei figli”.
Il Governo quindi si limita a prendere atto di
un dato di fatto, certifica, non promuove!
Traspare, nel programma dell’Unione e del Ministro, la consapevolezza di quanto delicata sia, soprattutto attualmente, l’età dell’adolescenza. Ma non basta invocare, che tra i 16 e 18 anni, ogni attività lavorativa deve essere integrata da una forte dimensione formativa, sappiamo tutti a quale formazione possono andare incontro gli apprendisti odierni nella dequalificazione generalizzata del lavoro. Occorre invece credere veramente alla possibilità di una scuola superiore riformata. Occorre pensare che una profonda trasformazione dei curricoli e delle metodologie didattiche possa far diventare interessante ed includente la scuola per TUTTI/E i ragazzi e le ragazze. Non ci si deve rassegnare alla dispersione e all’insuccesso scolastico raccontandoci la pietosa bugia di un apprendistato formativo! Le varie intelligenze, come si usa dire adesso, più pratica o più teorica, vanno coltivate assieme sono un patrimonio della specie umana tutta, non sono un discrimine sul quale dividere giovani di serie A e di serie B, e che possono solo segnarne il futuro in modo precoce. Queste attitudini sono piuttosto frutto di una storia, individuale e familiare, che la scuola precocemente dovrebbe affrontare non limitandosi alla certificazione ipocrita dell’insuccesso. Questo sarebbe legittimo aspettarsi da un Governo progressista, come obbiettivo di programma, come tendenza almeno, facendo chiarezza e non implementando, tutte le confusioni e commistioni tra ISTRUZIONE e FORMAZIONE PROFESSIONALE.
Per finire, lasciare temi quali
Portfolio e
Tutor
all’autonomia scolastica e ai sindacati significa non cogliere
completamente la necessità di avere una documentazione di valutazione
valida in tutto il territorio nazionale, rispettosa e non lasciata al
caso, e non vedere nel tutor una restaurazione, non cogliendo
l’indispensabilità, per ogni ordine di scuola, della collegialità dei
docenti come unica garanzia di processi lineari di insegnamento e
opportunità vere per gli alunni/e. E’ necessario fare una valutazione
sull’applicazione del Tutor, lasciata all’Autonomia scolastica e ai
Dirigenti, per contrastare la tendenza devastante all’istituzione del
“maestro
prevalente”,
anticamera del ritorno al “maestro
unico”.
Sicurezza nelle scuole: qui è necessario dire chiaramente che le proroghe per la messa a norma delle scuole non sono più accettabili, questa è una priorità e dopo si può parlare del necessario adeguamento degli edifici scolastici alle nuove necessità di spazi polivalenti, laboratori, aule adeguate al numero degli studenti, scuole aperte al territorio ecc.
La valutazione del sistema:
qui c’è una critica al sistema di valutazione e autovalutazione, non
si dice però cosa si intende fare rispetto all’INVALSI da subito.
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